Il periodo compreso tra i secoli XI e VIII a.C., fra l'esaurirsi della civiltà micenea e il sorgere di quella greca, è detto, impropriamente, "medioevo ellenico", volendo con questa definizione, indicare un'età oscura, barbara, di decadenza, con un paragone, fin troppo evidente, con il medioevo europeo. Ma, come da diverso tempo è ormai superato il pregiudizio di un periodo di scadimento del nostro medioevo, così non possiamo dare giudizi sommari e spregiativi sul medioevo ellenico, che è piuttosto un periodo di formazione, al quale concorrono influenze di derivazione cretese-micenea e conoscenze dell'arte orientale; attraverso la lunga elaborazione di questi elementi e l'apporto di nuove popolazioni che abitano le terre egee, viene nascendo la civiltà artistica greca.
In questi "secoli bui" avvennero alcuni fenomeni molto importanti dal punto di vista storico, sociale e culturale, fra cui: l'introduzione in Grecia della scrittura alfabetica appresa dai Fenici; l'avvio della colonizzazione greca nel Mediterraneo; la nascita della città-stato greca, la polis.
Il verificarsi di condizioni più stabili nel X secolo aprì l'epoca dell'urbanizzazione, in cui sorsero cittadine e città. La parola greca per indicare questo processo era synoikismos o synoikisis, cioè unificazione sotto un'unica capitale. Ma questo poté avvenire per varie e diverse vie. Un gruppo di villaggi poteva amalgamarsi materialmente per formare un'unica città, come fu il caso, ad esempio, di Sparta e Corinto, creando un centro urbano intorno a cui ruotasse una popolazione fino ad allora variamente disseminata. Oppure i villaggi potevano restare dov'erano, accettando consensualmente uno di loro come centro comune, così da farne la metropoli; che è quanto avvenne nell'Attica, dove lo sviluppo di Atene non soppresse i villaggi del territorio, ma li subordinò alla nuova unità urbana. La maggior parte delle città greche era composta da un'acropoli (polis) posta su un'alta rupe e da una parte abitativa (asty) sottostante, che veniva governata dalla prima, ricevendone protezione, in particolare contro i pirati, che costituivano una minaccia costante.
Secondo la tradizione, le città erano inizialmente governate da un monarca (basileus), a volte affiancato da un consiglio degli anziani (gerousia). Tuttavia col passare del tempo, i monarchi della Grecia del 'medioevo', là dove esistettero, non si mostrarono più in grado di conservare il potere autocratico minacciato dalla competizione dei nobili. Questi nobili, pertanto, attraverso varie fasi (ad esempio, se il re si dimostrava incapace in tempo di guerra), ne indebolirono gradualmente l'autorità e giunsero alla fine ad assumerne le funzioni, trovando più opportuno spartirsi vicendevolmente il potere anziché combattere ciascuno contro tutti gli altri per un regno autocratico che aveva comunque fatto il suo tempo. Il governo dei nobili prese il nome di aristocrazia, cioè 'governo dei migliori' (dal greco aristoi = migliori, kratos = governo). L'aristocrazia era dunque una forma di governo in cui il potere era nelle mani di un gruppo di uomini che si ritenevano uguali fra loro, ma 'migliori' rispetto a tutti gli altri e perciò in diritto di esercitare le funzioni di governo. Gli aristocratici traevano la loro forza dalle ricchezze, che avevano accumulato sfruttando le loro proprietà terriere in campagna. Essi non si occupavano direttamente della gestione delle tenute agricole, che facevano coltivare da contadini e che controllavano attraverso uomini di fiducia, ma si limitavano a vivere di rendita e a godere dei profitti che il lavoro dei contadini procurava loro: avevano a disposizione insomma denaro e tempo che potevano dedicare completamente all'esercizio delle armi e all'amministrazione delle città in cui vivevano. Sapevano inoltre cavalcare, e possedevano cavalli, dove questi erano disponibili, così che Aristotele definisce alcuni dei primi regimi aristocratici come 'costituzioni di cavalieri'.
La migliore testimonianza dell'attività artistica di questo primo periodo ci è offerta dalla ceramografia. L'antichissima arte della ceramica fu praticata nel territorio greco fin dalla preistoria. Dapprima i vasi erano fatti con rocchi di argilla, poi, verso il 1800 a.C., si cominciò a modellarli col tornio, che fu introdotto e quindi usato con grande perizia dagli artisti minoici e micenei. Dopo la scomparsa della civiltà micenea non si registrarono subito mutamenti notevoli nell'arte della ceramica, ma ben presto le idee di una nuova epoca vennero ad esprimersi nella ceramica come in altri settori dell'arte greca. Dal X al IX secolo a.C. , infatti i motivi decorativi curvilinei, e le rappresentazioni di motivi vegetali e di scene marine così diffusi nel mondo minoico e in quello miceneo, cedono il campo a decorazioni geometriche. A poco a poco scompare il repertorio di temi minoici e trionfano le decorazioni a zig-zag, a triangoli tratteggiati, a scacchiera, a rete, a cerchi tangenti e concentrici, a semicerchi, a linee ondulate, a rosette, a ruota, a svastiche e, più tardi, a meandri.
Nelle prime fasi della ceramografia greca è possibile distinguere vari periodi: il submiceneo (1150-1050 a.C.) in cui sono ancora presenti elementi curvilinei; il periodo protogeometrico (1050-950 a.C.) caratterizzato da forme più sobrie in cui lo stile geometrico appare in fase di formazione e la decorazione è costituita principalmente da cerchi e semicerchi concentrici (1. Anfora attica, ca 950 a.C., terracotta decorata in stile protogeometrico, da Atene. Londra, British Museum) e triangoli e rombi a reticolato (2. Lekythos protogeometrico da Skyros, XI-X sec. a.c., Collezione Goulandris; 3. Lekythos e Oinochoe protogrometrici) e il periodo geometrico (950-700 a.C.) vero e proprio, caratterizzato dalla progressiva profusione di motivi decorativi geometrici e dall'introduzione di figure umane ed animali molto stilizzate. La decorazione inizialmente bruna e scura, acquisisce verso il periodo tardo un tono rossastro. Le fasce orizzontali decorate si fanno nel tempo sempre più numerose e fitte, fino a ricoprire l'intera superficie del vaso, mentre vanno riducendosi fino a scomparire le superfici monocromatiche. (4. Oinochoe rodia da Cipro; 5. Brocca attica ). Dapprima la figura umana è resa in silhouette e talvolta - in seguito - anche mediante una linea di contorno con rappresentazione di dettagli all'interno: ad esempio viene disegnato il contorno della testa e segnato un punto per indicare l'occhio (8. Cratere geometrico Argivo. Argo, Museo).
Anche se i vasi presentano una certa diversità a seconda delle località in cui furono rinvenuti (Attica, Corinto, Beozia, Argo, Creta, Cicladi, Cipro, Samo, Rodi, Italia, ecc.), nell'insieme si registra una certa unità stilistica: l'Attica ebbe evidentemente un ruolo di primo piano.
I motivi decorativi si arricchiscono di elementi figurati, in particolare figure umane e cavalli. I soggetti rappresentati comprendono figure singole e gruppi complessi, alcuni forse di ispirazione mitologica, come - per esempio - la scena di un vaso conservato a Londra che viene interpretata solitamente come una rappresentazione di Elena e Paride sul punto di fuggire dalla Grecia (11. Lebete Subgeometrico da Tebe). Più spesso però vengono raffigurate scene funerarie (il compianto con l'esposizione del corpo del defunto, o pròthesis, e il trasporto del defunto sul carro funebre, o ekphorà sono temi molto ricorrenti), ma anche scene di duelli o battaglie in mare e sulla terraferma. Le figure umane, dipinte a silhouette nera, sono allineate, a volte in file sovrapposte, mentre tutti gli spazi vuoti sono riempiti con ornati geometrici. Il torso è raffigurato di prospetto, a forma di triangolo e con braccia filiformi variamente disposte nei gesti; le gambe sono rese invece di profilo e progressivamente assumono forme più realistiche e articolate; la testa è rappresentata da una macchia nera con sporgenze per il naso o il mento. Gli scudi (noti appunto come "scudi Dipylon") sono raffigurati con due mezzelune unite da un sottile tratto, riprendendo in forma astrattamente geometrica la forma del grande scudo miceneo bilobato, che in seguito scompare a favore dello scudo rotondo. Oltre ai cavalli compaiono uccelli o cervi e capri, tutti ridotti a forme essenziali e schematiche, disposti in lunghe file, come semplici ornati.
Le forme dei vasi più correnti sono il cratere, l'anfora, l'idria e i vari tipi di brocche e di tazze.
I più importanti vasi dell'epoca geometrica sono quelli colossali, talvolta alti più di un metro, che servivano come monumenti sepolcrali (il fondo ha generalmente dei fori per potervi versare le libagioni rituali dei defunti) e sono venuti in luce principalmente in Attica e nelle isole (7, 8 Cratere funerario tardo geometrico attico, Bottega del Pittore di Hirschfeld). Essi erano modellati sul tornio a sezioni che erano attaccate le une alle altre con argilla liquida; infatti, all'interno sono visibili i giunti. La parte esterna è quasi del tutto ricoperta da motivi decorativi a ordini sovrapposti o a riquadri e da scene figurate. La prothesis, cioè l'esposizione del defunto sul letto di morte, è, come detto, un tema che ricorre con frequenza: il defunto è rappresentato deposto sul feretro circondato da figure di prefiche, e un corteo funebre di carri e guerrieri che lo accompagna (6. Anfora; 750-760 a.C.; alt. m. 1,55. Atene, Museo Archeologico Nazionale. L'opera è assegnata ad un maestro che chiamiamo il Pittore del Dipylon dal luogo di ritrovamento di questa colossale anfora. Si trattava in questo caso non già di un vaso di corredo funerario, ma di un segnacolo tombale, come sarà più tardi la stele. E' girata sul tornio, è simmetrica, l'argilla è assai depurata, la cottura è perfetta (non vi sono crepature), la vernice è nera e lucente. I motivi decorativi (di cui il principale è il meandro) sono geometrici e si dispongono in fasce. In una di queste, quella centrale fra le due anse, abbiamo una scena di compianto funebre con figure umane stilizzate in maniera geometrica: si tratta infatti di due triangoli opposti (il busto e il bacino) uniti per i due vertici da quattro spesse linee indicanti gli arti e da un cerchio raffigurante la testa (il corpo è un triangolo). La precisione è straordinaria.
Come si può ben notare da questa anfora, il motivo geometrico obbliga ad un preliminare esattissimo calcolo degli spazi, visto che esso deve correre senza smagliature intorno al corpo del vaso. Si palesano pertanto fin dall'inizio come fondamentali i due concetti di subordinazione delle varie parti in funzione del tutto e di identità fra ordine razionale e bellezza, che saranno due costanti dell'arte greca.
L'arte geometrica però non è prerogativa della sola ceramica. Infatti essa si manifesta anche nell'artigianato del bronzo: molte sono le statuette di piccole dimensioni in stile geometrico che, precedendo di uno o due secoli la produzione plastica monumentale pervenuta, possono illuminarci sulla scultura greca di questa epoca. Si tratta di statuette a fusione piena, quasi sempre rappresentanti figure umane o di animali (cavalli, buoi, cervi, uccelli, ecc.), che costituiscono le decorazioni di bordi, anse, sostegni e piedi di tripodi e vasi.
14. Gruppo bronzeo geometrico, Zeus e Titano, New York Metropolitan Museum. Il piccolo gruppo proveniente probabilmente da Olimpia è stato interpretato, secondo la illuminante intuizione di E. Buschor, non tanto come un incontro tra un eroe e un centauro come si riteneva inizialmente, quanto piuttosto come una lotta tra Zeus e un titano.
In tutte queste statuette le forme sono schematizzate e si tiene poco conto della struttura anatomica, in quanto l'effetto gioca sul contorno elegante e sull'insieme compositivo; oggi si è di nuovo portati ad apprezzare le forme semplificate di queste statuette decorative.
15. Statuetta bronzea di cavallo geometrico; VIII sec. a.C.; Berlino, Musei di stato. Questo cavallino bronzeo, che originariamente doveva essere applicato su di un vaso, è la testimonianza più evidente dell'applicazione dello stile geometrico alla piccola plastica.
I tripodi, almeno tipologicamente, avevano avuto una completa definizione già in età protogeometrica: in quel periodo dovevano esistere esemplari già molto imponenti come può essere dimostrato, soprattutto, dai modelli di terracotta rinvenuti ad Atene. Certo le manifestazioni più notevoli di questa classe si ebbero in età geometrica. I tripodi raggiunsero ben presto una notevole monumentalità. Essa si accentuò con l'andare del tempo: gli esemplari di età protogeometrica sembra raggiungessero in media 30 cm di altezza, quelli del pieno periodo geometrico superano m 1,30.
I tripodi di questo periodo, essendo spesso premi di gare e quindi offerti per lo più nei santuari, sono stati rinvenuti soprattutto a Delfi, a Olimpia (dove la documentazione è particolarmente cospicua), nell'Heraion di Argo, sull'acropoli di Atene, a Itaca, a Creta, a Delo e a Rodi.
Da Olimpia provengono due esemplari che presentano, nelle metope, figure umane. In uno di questi (16. Tripode di Olimpia, Lotta per il tripode, Olimpia, Museo) sono rappresentati due guerrieri che lottano per il possesso di un tripode: forse Eracle e Apollo che combattono per il tripode delfico; più in basso due leoni affrontati. L'esemplare è da datarsi tra il 750 e il 725 a.C.
Alla fine dell'VIII secolo i tripodi, che avevano avuto manifestazioni caratteristiche durante tre secoli e una fioritura notevole nell'VIII secolo, sono in gran parte sostituiti dai calderoni la cui produzione aumenta nel corso del VII secolo.