La grande isola di Creta fu sede durante l’età del bronzo di una delle più complesse e affascinanti civiltà del Mediterraneo, ricca di manifestazioni artistiche, architettoniche e culturali che la pongono alla base dell’intera civiltà ellenica.
Il suo caratteristico profilo stretto e allungato chiude a meridione l’arcipelago delle isole greche, separando l’Egeo dal mare africano; la posizione, a metà strada fra la Grecia e l’Egitto, e non distante dalle coste mediterranee del continente asiatico, ne fece in tutte le epoche un luogo privilegiato di transito e di incontro delle correnti commerciali e culturali nel percorso tra l’Oriente e l’Occidente.
L’isola si estende per la lunghezza di circa 260 km; la sua conformazione orografica è particolarmente accidentata, e si articola su tre gruppi montagnosi, i monti Bianchi ad occidente, il massiccio dell’Ida, la cui cima domina l’intera isola, al centro e il monte Dikte ad oriente. Nelle valli fra le montagne, e in prossimità delle coste, si offrono però fertili pianure: la più grande di esse è la Messarà. Le coste sono alte e scoscese nella parte sud dell’isola, sulla quale si aprono poche cale riparate e adatte all’ormeggio; pianeggianti e più ricche di possibilità di approdo a settentrione, dove è infatti concentrata la maggior parte degli insediamenti.
L’occupazione umana dell’isola di Creta sembra avere inizio solamente in età neolitica, con l’apporto di popolazioni provenienti forse dall’Asia Minore. Resti di questo periodo sono infatti venuti alla luce in diversi punti dell’isola, in grotte (Miamù, Trapeza, Partira) o insediamenti all’aperto (Gortyna, Festo). L’insediamento meglio conosciuto è quello di Cnosso, che ha restituito una completa sequenza stratigrafica a partire da una fase nella quale non sono ancora presenti manufatti ceramici.
In continuazione delle culture neolitiche si sviluppò a Creta la civiltà minoica propriamente detta. La successione delle sue diverse fasi culturali fu stabilita dall’Evans in base alla stratigrafia del palazzo di Cnosso; lo studioso inglese utilizzò infatti materiali e strutture architettoniche cnossii per sintetizzare la cronologia relativa dell’intera isola. Egli individuò tre grandi periodi: il Minoico Antico (M.A.), il Minoico Medio (M.M.) e il Minoico Tardo (M.T.). Ciascuno di questi periodi veniva suddiviso in tre fasi (I, II, III) entro le quali si cercava di distinguere due momenti diversi (A, B) per ciasuna fase, eccetto che per il M.T. III dove se ne distinguevano tre (A, B, C).
Nel loro insieme i tre periodi corrispondono all'età del bronzo antico, medio e tardo, corrispondenza che è stata confermata nel caso del primo dei tre periodi. Tra il M.A. III ed il M.M. I vi è una frattura vera e propria. Tuttavia si notò presto che la divisione fra M.M. III e M.T. I era insignificante rispetto a quella tra M.M. II e M.M. III, quando si verificarono dei cambiamenti di fondamentale importanza, non solo nell'architettura con la costruzione dei nuovi palazzi, ma anche nello stile della ceramica e degli altri oggetti. Il naturalismo, che è la caratteristica dell’arte minoica comincia con il M.M. III.
La cronologia assoluta di queste fasi, viene stabilita con il cosiddetto metodo della datazione incrociata. Ovvero, una volta fissata Questo è basato sull’identificazione, nelle regioni da datareOvvero, poiché si conosce che era sembrato all’inizio di poter stabilire con certezza sulla base del rinvenimento di oggetti egiziani o orientali in contesti cretesi, o viceversa sulla presenza di ceramiche cretesi fuori dall’isola rimane in realtà chiara nelle sue grandi linee ma incerta nei dettagli.
Minoico Antico I (3000-2750 a.C.)
Minoico Antico II (2750-2300 a.C.)
Minoico Antico III (2300-2100 a.C.)
Minoico Medio IA (2100-1900 a.C.)
Minoico Medio IB (1900-1800 a.C.)
Minoico Medio II (1800-1700 a.C.)
Minoico Medio III (1700-1600 a.C.)
Minoico Tardo IA (1600-1500 a.C.)
Minoico Tardo IB (1500-1450 a.C.)
La classificazione evansiana sembra tuttavia rispecchiare più lo sviluppo della ceramica che la reale successione delle facies culturali; ciò ha indotto gli studiosi a preferire una periodizzazione basata sulle grandi fasi architettoniche dei palazzi che divide l’intero svolgimento della civiltà minoica in tre fasi:
prepalaziale, cioè anteriore alla costruzione dei grandi palazzi (corrispondente al M.A. I-III);
protopalaziale o età dei primi palazzi (corrispondente al M.M. I-II);
neopalaziale o età dei secondi palazzi (corrispondente al periodo che va dal M.M. III al M.T. IB).
A Creta le più antiche testimonianze dell’attività umana si registrano a Cnosso, nello strato X che risale al 6000 a.C. Alcuni immigranti si stanziarono sul luogo e fondarono il primo villaggio, portando con sé semi e animali domestici. Fabbricavano arnesi in pietra e in osso ed ignoravano l’uso della ceramica.
Nel Neolitico Medio (5750-4750 a.C.), i siti si moltiplicano, sia nel sud che nell'ovest dell’isola. Non sappiamo se questo popolamento sia partito da Cnosso, oppure se diverse ondate di coloni siano approdate a Creta in vari momenti. Poiché nulla consente di affermare che Creta abbia conosciuto una civiltà omogenea nel Neolitico Medio, l’ipotesi delle ondate successive di immigranti potrebbe rivelarsi quella più convincente. Verso la fine del Neolitico Tardo (4750-3000 a.C.), l’intera isola è popolata.
Il periodo del Bronzo Antico porta a Creta una serie di notevoli trasformazioni, tra cui lo sviluppo della metallurgia, l’apparizione di nuove tradizioni ceramiche ed una trasformazione degli usi funerari. Dobbiamo attribuire queste trasformazioni all'arrivo nell'isola di altri immigranti oppure a semplici innovazioni cretesi? Alcuni studiosi sostengono la prima ipotesi, non senza buone ragioni.
Infatti, un tipo di pugnale rinvenuto a Creta è simile ad esemplari del genere provenienti dall'Anatolia. La ceramica detta «Pyrgos ware» che ritroviamo nel nord dell’isola, è certamente influenzata da quella dell’Anatolia occidentale e del Dodecaneso, mentre i vasi con decorazione incisa che provengono dalla stessa regione avrebbero subìto l’influenza delle Cicladi; le brocche di Haghios Onufrios I presentano affinità con la ceramica dell’Anatolia occidentale e con quella della costa siro-palestinese.
Questi elementi testimoniano dunque a favore di un arrivo, a Creta, tra Neolitico e Bronzo Antico, di popolazioni di provenienza orientale e, in particolare, anatolica. Queste si mescolano alle genti approdate precedentemente a Creta. Di conseguenza, la cultura che Evans per primo ha chiamato minoica nasce, probabilmente, da un incontro tra la civiltà neolitica di Creta e gli elementi orientali portati da immigranti anatolici all’inizio dell’età del Bronzo.
Queste genti, nelle quali tutti oggi concordano nel riconoscere i minoici, sarebbero andati ad occupare le pianure fertili e ricche, da La Canea nell’ovest dell’isola alla pianura della Messarà a sud, alla regione di Cnosso e di Mallia nel centro-est, alle zone del golfo di Mirabello e di Sitia nell’est. Avrebbero raggiunto molto presto quello che potremmo definire un notevole benessere grazie soprattutto allo sviluppo dell’agricoltura (oltre al grano, all’orzo, ai legumi, alla frutta che erano già coltivati nell’epoca neolitica, appaiono per la prima volta le coltivazioni di viti e di ulivo) e alle prime imprese commerciali di cui sono stati i promotori. I minoici hanno infatti affrontato il mare per raggiungere i lidi della costa siro-palestinese e dell’Egitto, dove hanno scambiato i prodotti della terra con le materie prime, soprattutto metalli di cui l’Egeo è sempre stato molto carente.
Le conseguenze di questo benessere non si sono fatte aspettare, poiché le realizzazioni architettoniche e artigianali illustrano chiaramente il salto di qualità compiuto dalla civiltà minoica tra l’inizio e la fine del Bronzo Antico. Non vi sono case di pianta complessa nel Bronzo Antico I, mentre a partire dal Bronzo Antico II cominciano a sorgere costruzioni nettamente più articolate. A Mirto, ad esempio, le stanze sono trapezoidali, triangolari, a forma di L, rettangolari ma anche, a volte, irregolari; spazi estremamente ristretti sorgono accanto a stanze molto grandi. L’aggiunta frequente di nuovi ambienti sembra rispondere a necessità sorte dopo la costruzione del nucleo originale, al punto che se ne ricava l’impressione di uno sviluppo costante, dettato da condizioni economiche in perenne incremento.
Questo periodo della storia di Creta vede un notevole sviluppo dell’agricoltura e del commercio. La costruzione di complessi architettonici come quello di Vassiliki dimostrano che vi erano delle divergenze tra le classi della società minoica. Colui che viveva a Vassiliki godeva di privilegi che non erano di tutti. A giudicare poi dalle differenze di qualità tra i corredi che accompagnano le sepolture e dalle profonde divergenze che distinguono le tombe l’una dall’altra, vi era già una stratificazione sociale importante. In questo tessuto non c’è però ancora traccia di documenti che potrebbero assomigliare alla scrittura.
Ovviamente, i viaggi verso il Levante e verso l’Egitto avevano messo i Minoici a contatto con popoli che possedevano arti e tecniche per loro nuove, come ad esempio m’arte della lavorazione della pietra. Presto i Minoici assimilarono quest’arte, seguendo, all’inizio, i modelli e i precetti degli artisti egiziani, ma essi rimasero, per un lungo periodo ancora, passivi di fronte alle testimonianze scritte attestate presso i loro interlocutori del Vicino Oriente e della valle del Nilo.
L'inizio del Bronzo Medio a Creta sembra sia stato segnato da un incremento demografico. I siti dei periodi precedenti si estendono e ne appaiono di nuovi. Tutto ciò dimostra una valorizzazione del territorio. Molti ritengono che questi cambiamenti abbiano soprattutto interessato la Creta centrale, essendosi verificati intorno a Cnosso, e la Creta orientale. L'ovest cretese sarebbe rimasto estraneo a questo sviluppo della fine del III e dell'inizio del II millennio a.C.
Non vi sono dubbi a proposito dello sviluppo di piccole comunità rurali intorno a Cnosso, nella regione del golfo di Mirabello e all’estremità est di Creta. Questo sviluppo coincide anche con l’apparizione di vere e proprie città. Le città palaziali di Cnosso e Mallia raggiungono, alla fine del Medio Minoico II (1700 a.C.), dimensioni vicine a quelle massime del Tardo Minoico IB (1500-1450 a.C.).
Ma, contrariamente a quanto si pensava finora, la Creta occidentale non rimase tagliata fuori dallo sviluppo segnato dall’apparizione del Medio Minoico. Alla Canea, a Monastiraki e ad Apodoulou, nella valle di Amari, appaiono insediamenti con corredi assai simili a quelli provenienti dall’Est cretese, al punto che già si può parlare di una koiné culturale che in età protopalaziale si estende a tutto il territorio cretese.
In questo contesto, contraddistinto da un incremento demografico indiscutibile e da una migliore occupazione del territorio, nascono i cosiddetti primi palazzi.
Sulle ragioni di tale innovazione esiste un ampio dibattito. Alcuni hanno pensato che fosse dovuta allo sviluppo dei contatti con le civiltà vicine. Nel Vicino Oriente, infatti, le strutture palaziali risalgono a un periodo largamente anteriore alla fine del III o all'inizio del II millennio a.C., e non si può escludere che i Minoici siano stati influenzati, nelle loro scelte di un sistema politico nuovo e di strutture architettoniche fino ad allora sconosciute sul territorio cretese, dall'esempio di questi popoli, con i quali avevano allacciato contatti che diventavano sempre piú stretti. Molti hanno, per esempio, avanzato l'ipotesi che l'architettura di un centro palaziale monumentale come Mari, sull'alto Eufrate, potesse aver influenzato l'architettura dei centri palaziali cretesi. Vediamo quindi quali sono le caratteristiche di questi centri palaziali, le loro funzioni e i contesti nei quali nascono, per tentare di ricavarne elementi riguardanti le loro origini.
Si tratta di grandi insiemi architettonici che raggruppano una serie di ambienti con finalità diverse (quartieri domestici, cucine, scuderie, eccetera) e nascono nel cuore di zone fertili del territorio cretese, laddove si erano organizzate le prime comunità minoiche nei periodi precedenti cioè nella zona di Cnosso, di Mallia, di Festo, nel cuore della pianura della Messará, ai piedi dei fianchi occidentali del monte Ida, intorno a La Canea e altrove ancora.
La pluralità dei palazzi induce a pensare che l’isola di Creta non fosse ancora riunita sotto un unico potere centrale, ma diviso in diversi stati, i maggiori dei quali facevano capo ai palazzi di Cnosso, Festo e Mallia.
Queste costruzioni rispondono a un disegno architettonico coerente e nascono dalla volontà di un individuo o di un gruppo. Vi si possono rintracciare tre funzioni precise: una funzione economica, una funzione politica e una funzione religiosa.
La funzione economica è la prima e certamente la piú importante delle caratteristiche dei grandi complessi architettonici dell'inizio del II millennio a.C. È documentata dall'ampiezza e dalla consistenza dei magazzini che gravitano intorno ai quartieri d'abitazione o che sono sistemati nei piani interrati di questi ultimi (fig. 27). È fuor di dubbio che i responsabili di tali costruzioni abbiano gestito la produzione agricola di un'intera regione e che l'olio, il vino, i cereali, i fichi prodotti sul territorio in mezzo al quale sorgevano siano affluiti verso i magazzini appena edificati.
La funzione politica è la diretta conseguenza della nuova situazione che si manifesta. Colui che riesce a controllare un'intera porzione di territorio è chiamato a esercitare un potere effettivo sulle persone che abitano la regione e ne lavorano le campagne. Gli agricoltori, che lavorano i campi e i possedimenti di un individuo capace di imporre la sua autorità sulla regione, si aspettano dal nuovo potere protezione e compensi in cambio del lavoro effettuato. Lo stesso vale per gli artigiani e gli operai che collaborano alla vita economica e allo sviluppo di quel medesimo nuovo potere.
La funzione religiosa è un'altra conseguenza di quanto abbiamo appena sottolineato. L'ambito cultuale avvolge i campi dell'ignoto e del mistero. Colui che sa parlare con gli dèi, interrogarli, interpellarli, interpretare i loro segni, chiedere loro assistenza, ha, agli occhi dei suoi simili, un potere indiscusso. Non v'è dubbio che esistessero sacerdoti e stregoni in grado di intercedere tra gli uomini e gli dèi nel periodo neolitico o nel Minoico Antico, ed è certo che questi individui abbiano goduto di una considerazione particolare da parte della popolazione. È lo stesso in tutte le civiltà; le comunità primitive non sfuggivano a questa legge.
Il nuovo potere che nasce a Creta, per sopravvivere, non può lasciare da parte la sfera cultuale e religiosa. Non è sufficiente dominare le necessità primordiali degli uomini per poterli controllare e comandare, bisogna anche regnare sulle loro anime. I padroni dei grandi complessi architettonici nascenti del Medio Minoico lo avevano capito perfettamente, poiché avevano adibito alcuni ambienti delle loro costruzioni a santuari e a luoghi di culto.
I complessi che sorgono a Creta all'inizio del II millennio a.C., le cui funzioni economiche, politiche e cultuali sono vicine a quelle di altri complessi del genere costruiti in tutta l'Asia anteriore, sono chiamati convenzionalmente palazzi. Altrettanto convenzionalmente, il signore del palazzo viene chiamato re o principe. Ignoriamo il titolo che veniva dato a questo personaggio dagli stessi minoici, ma, sulla base della testimonianza della scrittura lineare B decifrata da Ventris, sappiamo che i micenei lo chiamavano wa-na-ka, anax.
I primi palazzi sembrano esser stati costruiti nel corso del Medio Minoico IB; in ogni modo, esistono all'inizio del Medio Minoico IIB. A Cnosso, pavimenti e fondazioni del primo palazzo poggiano su cocci del medio minoico Ia; a Festo, la prima fase protopalaziale (fase 1a) sembra corrispondere al medio minoico Ib. La situazione è meno netta a Mallia dove, per molto tempo, l'esistenza di un vero e proprio primo palazzo è stata messa in dubbio. L'esistenza di una struttura palaziale è ormai certa a Mallia nel medio minoico II, anche se la cronologia e la natura delle fasi precedenti rimangono incerte. Tuttavia, un deposito di fondazione, costituito da una teiera antico minoico III-medio minoico Ia depositata in un involucro di pietra, dimostra che il primo palazzo è stato costruito al piú tardi nel medio minoico Ia.
Dal 1985 abbiamo intrapreso lo scavo del vasto insediamento protopalaziale di Apodoulou, nella valle di Amari, lungo le pendici occidentali del monte Ida. Apodoulou si trovava sulla strada che dalla pianura della Messará portava alla costa settentrionale di Creta, ed è certamente lungo questa strada che transitava tutto il commercio interno ed esterno che, dalla Messará, doveva raggiungere i siti della costa settentrionale dell'isola.
Sulla collina di Gournes, a sud-ovest del villaggio di Apodoulou, abbiamo dunque iniziato l'esplorazione di un grande complesso distrutto alla fine del medio minoico IIb. Le costruzioni sono state utilizzate durante un periodo abbastanza lungo e non vi sono dubbi circa il fatto che parte di esse risalgano al medio minoico I. Nel corso degli anni, gli abitanti di Apodoulou hanno modificato e allargato la pianta originale degli edifici, ma le successive trasformazioni sono state interrotte dalla grande catastrofe della fine del medio minoico IIb, la stessa che ha sconvolto l'intera isola di Creta. Abbiamo quindi buoni motivi per ritenere che la storia di Apodoulou sia del tutto simile a quella di altri siti protopalaziali della Creta centrale come Cnosso o della Creta centro-orientale come Mallia. Ma vi è di piú: in alcuni punti, sotto le costruzioni del medio minoico I, sono apparse strutture che risalgono certamente all'antico minoico, come a Mallia, e questo ci suggerisce di riconsiderare una parte almeno delle teorie relative all'apparizione dei palazzi a Creta.
Si è pensato che i palazzi fossero stati inseriti in un tessuto urbano preesistente: il palazzo sarebbe stato imposto alla città, e la comunità urbana avrebbe accettato un'autorità centrale, magari esterna, in grado di assicurare a tutti benessere e protezione. In realtà, come abbiamo potuto vedere ad Apodoulou e come ricerche parallele hanno fatto intuire sia successo a Mallia, i palazzi nascono sui resti di edifici che risalgono all'antico minoico. Le città si sviluppano quindi insieme ai palazzi e i due elementi appaiono complementari nella Creta del medio minoico.
Sulla base delle ricerche piú recenti nel campo dell'archeologia cretese, siamo perciò in grado di concludere che la struttura palaziale, con le sue componenti economiche, politiche e cultuali, è, sin dai tempi piú remoti del minoico antico, inserita nel tessuto urbano delle comunità minoiche. Dal punto di vista storico, questa conclusione è importante poiché ci consente di affermare che il padrone del palazzo, il re o il principe, qualunque sia il termine che si voglia attribuirgli, emerge dalla comunità nella quale è inserito. Non vi è quindi necessità di chiamare in causa elementi esterni per spiegare i cambiamenti avvenuti nelle strutture politiche della Creta del bronzo medio: è sufficiente riconoscere, all'interno dello sviluppo della società minoica stessa, le ragioni della nascita del sistema palaziale. Aggiungeremo che, se escludiamo il riferimento a elementi esterni e ad archetipi orientali per spiegare l'origine e lo sviluppo dei palazzi di Creta, dobbiamo ritenere che la nascita di un simile sistema politico ed economico sia stata favorita, a Creta e prima ancora in oriente, da fattori storici e ambientali assai simili e sui quali vale la pena soffermarsi.
In realtà, le cause che hanno consentito a qualche membro della comunità di imporsi sugli altri sono probabilmente da ricercare nei motivi, ricorrenti nel corso della storia, che hanno ovunque permesso ad alcuni di sopraffare gli altri: motivi chiaramente di natura economica.
Non v'è dubbio, infatti, che l'intraprendenza, la competenza o le capacità di alcuni componenti della società minoica del bronzo antico devono avere inevitabilmente creato delle diversità tra i membri delle comunità. Vi erano sicuramente persone che riuscivano a rendersi indispensabili perché erano in grado di procurarsi e procurare alla comunità stessa strumenti di lavoro particolari. Conosciamo l'importanza delle ossidiane nelle comunità prepalaziali: queste pietre vulcaniche, particolarmente adatte per fabbricare lame, coltelli e asce, hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo della Creta preistorica e protostorica.
Ora, l'ossidiana doveva essere importata da Melo, un'isola delle Cicladi non facilmente raggiungibile in tempi preistorici. Coloro che erano in grado di affrontare il mare per recarsi a Melo e riportarne le ossidiane hanno certamente goduto della massima considerazione da parte dei loro concittadini, e le loro imprese hanno verosimilmente contribuito a incrementare la loro ricchezza e il loro ascendente sugli altri. La stessa considerazione vale per chi era in grado di dominare le tecniche ignote ai piú, come quella della lavorazione dei metalli. È facile immaginare che coloro i quali hanno saputo rendersi indispensabili alla comunità, abbiano abbastanza rapidamente assunto una posizione di leadership in seno alla comunità stessa. Tale posizione privilegiata deve aver generato immancabilmente ricchezza e potere ed essersi tradotta nei fatti nella realizzazione di strutture architettoniche piú importanti e piú vistose, degne di diventare dimora di quelli che avevano assunto un ruolo di primo piano nella comunità.
La costruzione dei palazzi modifica notevolmente i fondamenti della società minoica. Esiste ormai un sovrano che comanda su un territorio determinato che controlla i beni e le risorse prodotte in quell'area, che ha alle sue dipendenze agricoltori, artigiani e anche soldati. A poco a poco, ci troviamo di fronte a persone che sono alla testa di uno stato e che hanno, ovviamente, esigenze ben diverse da quelle dei contadini delle epoche precedenti.
È chiaro che il controllo del potere centrale sul territorio legato al palazzo non può piú esercitarsi ricorrendo, come in passato, all'aiuto della sola memoria degli amministratori. In effetti, i beni da gestire e le persone da controllare sono tanti e occorre disporre di uno strumento preciso che consenta, in ogni momento, di sapere quanti sono i beni inviati al palazzo dalle comunità contadine e quante razioni alimentari sono state distribuite dai magazzini palatini agli individui impegnati nel servizio dello stato. Il potere centrale ha quindi bisogno di uno strumento che sia in grado di supplire alle inevitabili lacune della memoria e di fornire nello stesso tempo garanzie reciproche sia alle autorità palatine sia ai lavoratori utilizzati sul territorio statale.
Il palazzo ha bisogno di una struttura burocratica in grado di fornire tutte queste informazioni. Cosí una quarta funzione, quella amministrativa, si aggiungerà alle tre precedenti.
Il palazzo diventa quindi un centro economico, politico, cultuale e amministrativo, attraverso il quale un individuo, che chiamiamo sovrano, gestisce un intero territorio che chiamiamo stato.
Gestione che il re doveva esercitare, sin da questo periodo dei Primi Palazzi, con l’aiuto di una classe di nobili. Infatti all’interno dei palazzi (e in particolare di Festo) è stata trovata una grande quantità e varietà di sigilli, presumibilmente appartenenti ad alti ufficiali. Da questo sembra potersi desumere che nei palazzi esisteva una organizzata e potente classe burocratica, che aiutava il signore locale ad amministrare le sue ricchezze. Il grande numero dei locali di cui erano composti i palazzi fa inoltre pensare che il numero dei dignitari di corte fosse piuttosto elevato.
Questa fiorente civiltà crollò, a quanto pare, improvvisamente ma non definitivamente, intorno al 1700 a.C. Gli scavi archeologici documentano una distruzione, spesso accompagnata da incendi, in tutti i maggiori siti cretesi. Quale fu la causa di una simile rovina? Si è pensato ad un terremoto, ad un incursione di nemici provenienti dal mare (in quello stesso periodo gli Hyksos avevano soggiogato l’Egitto), oppure ancora, ad una serie di guerre e di disordini interni. Quest’ultima è oggi l’ipotesi più seguita per tre motivi: 1. la distruzione non avvenne in tutti i siti nello stesso momento, come invece avrebbe dovuto accadere se fosse stata causata da un terremoto; 2. non si registrano innovazioni e fratture culturali che invece si dovrebbero avere con l’arrivo di genti esterne; 3. nel palazzo di Pyrgos sono state trovate tracce di mura difensive, appartenenti a questo periodo.
La civiltà protopalaziale cretese non sopravvisse al periodo del Minoico Medio. Le grandi catastrofi che avevano segnato Creta e distrutto i primi Palazzi aprirono la strada ad una serie di cambiamenti, di cui si sarebbero resi protagonisti i discendenti stessi di quei Minoici che avevano edificato la prima civiltà palaziale all’inizio del Minoico Medio.
Una volta in più, occorre insistere che non c’è soluzione di continuità tra il Medio ed il Tardo Minoico ma un’evoluzione che porta il mondo minoico all’apice della sua potenza. Mentre il periodo protopalaziale è stato il momento delle grandi innovazioni tecniche, politiche, economiche e religiose (vedi LA RELIGIONE), il periodo successivo vede piuttosto la messa in opera di tutte queste novità in condizioni di prosperità senza precedenti per il bacino orientale del Mediterraneo.
Le ragioni di questo benessere, che consente agli architetti minoici di ricostruire, spesso sulle rovine dei primi Palazzi, le grandiose residenze principesche di Cnosso, di Festo, di Mallia, di Zakro e della Canea, sono ovviamente da ricercare nel ruolo che l’isola di Minosse è stata chiamata a recitare sulla scena politica del Mediterraneo orientale in questo periodo che coincide, in Egitto, con l’avvento della XVIII dinastia.
Sin dal periodo dei primi Palazzi, i Minoici erano presenti lungo le grandi rotte commerciali che portano alla costa siro-palestinese ed alla valle del Nilo. Vasi in ceramica di Kamarès, tipici delle corti del Minoico Medio, sono stati rinvenuti sia in Egitto (el-Lisht, Haraga, Kahoun, Abido e persino Assuan) che sulla costa siro-palestinese (Beirut, Biblo, Ugarit, Qatna).
Non solo, se riteniamo che i ‘Keftiu’ ricordati dagli Egiziani siano da identificare con i Minoici, la presenza minoica è ben documentata nei testi egiziani che risalgono a periodi anteriori al 1580 a.C.; e l’influenza dell’Egitto si fa sentire in parecchie manifestazioni della vita cretese, come testimoniano i vasi con raffigurazioni di gatti e di sfingi ritrovati a Mallia, il tempietto con statuina di gatto scoperto a Monastiraki, la statuina egiziana col nome di User rinvenuta a Cnosso, la spada con l’acrobata di Mallia o il più famoso dei gioielli minoici, il pendaglio con le api scoperto da Pierre Demargne a Chrisolakko.
Ma l’avvento della XVIII dinastia vede la conquista da parte dell’Egitto di tutto il corridoio siriano, da Gaza ad Ugarit. I porti del Levante sono sotto il controllo degli eserciti del faraone e quello che è stato definito «l’impero dei conquistatori» è all’apogeo della potenza e della gloria. L’Egitto ha bisogno di enormi risorse per alimentare il suo artigianato. Oramai le miniere del Sudan sono quasi esaurite ed occorre procurarsi le materie prime presso altre fonti.
L’Oriente siriano è in grado di rispondere alle incessanti richieste della corte tebana e può fornire all’Egitto l’oro, l’argento, le pietre preziose (tra cui il famoso lapislazuli), il rame e l’avorio di cui le botteghe del faraone fanno largo consumo. Ma bisogna convogliare queste merci dalla Siria verso l’Egitto. E qui le possibilità sono due: o affidarsi alle carovane, oppure raggiungere il delta del Nilo via mare.
La via terrestre presenta ovvie difficoltà, stante il pericolo costituito dai briganti che attaccano i convogli per impadronirsi del carico destinato all’Egitto. Rimane la via marittima: i Minoici, padroni del mare, diventano allora gli interlocutori privilegiati della corte tebana e convogliano verso l’Egitto tutte le merci che giungono ai porti siriani.
Nelle tombe della necropoli di Tebe, i tributari Keftiu (che sembrano doversi identificare con i Minoici) sono raffigurati dagli artisti egiziani sulle pareti di varie tombe, tra cui quelle di due grandi vizir del faraone Tutmosi III, Rekmaré e Menkheperesseneb.
I Minoici presentano al faraone i prodotti provenienti dall’Oriente, come appunto le zanne di elefanti siriani, i panieri riempiti di lapislazuli, i lingotti di oro, di rame (‘a pelle di bue’) e di argento, ma aggiungono a queste merci, che si sono procurate nei porti siriani, anche i prodotti del proprio artigianato come i vasi, le armi ed i tessuti.
Il ruolo dei Minoici ormai è chiaro essi so diventati i commessi viaggiatori dell’Egitto ed hanno il compito di rifornire la terra dei faraoni. La pace egiziana che regna sulla Siria è estremamente favorevole allo sviluppo del commercio ed i Minoici ne approfittano abbondantemente.
Da questo ruolo di tramite tra la Siria e l'Egitto, i Minoici traggono un triplice vantaggio: hanno il libero accesso ai porti della Siria ormai controllati dall'Egitto, possono attingere alle materie prime che produce il Levante (infatti nelle rovine del palazzo di Zakro, sono state trovate zanne di elefanti siriani, lingotti di rame e schegge di lapislazuli); infine, trovano nell'Egitto un potentissimo acquirente per i prodotti del loro artigianato, della loro agricoltura e del loro allevamento. La conseguenza di questa situazione è, ovviamente, l’arricchimento prodigioso della Creta dei cosiddetti secondi Palazzi.
Ma la Siria e l'Egitto non sono i soli interlocutori della potenza minoica. I Minoici partono anche alla scoperta delle Cicladi e del continente greco. Non è sempre facile valutare la portata esatta di questa presenza minoica fuori Creta. Infatti, l’attestazione di resti minoici in un sito non significa necessariamente che in quel determinato punto vi sia stata una presenza o un'influenza minoica.
Nella ricerca di una migliore definizione di queste nozioni, un primo discorso riguarda il problema delle ‘colonie’ minoiche. Possiamo definire colonie di popolamento, cioè fondate da immigranti minoici in un sito vergine, gli insediamenti minoici di Citera, di Trianda a Rodi e di Coo, dove effettivamente troviamo tracce nette di occupazione minoica in siti fino ad allora vergini È più difficile invece, definire la natura esatta dell’influenza, minoica su isole come Tera, Milo e Keo.
In realtà, quella che viene chiamata la «colonizzazione» minoica delle Cicladi consisteva probabilmente in un controllo che lasciava ai poteri locali una certa autonomia politica ma permetteva a Creta, tramite la presenza dei suoi agenti, di mantenere o di sviluppare i propri interessi commerciali.
Abbiamo visto l'importanza fondamentale che il commercio con la costa siro-palestinese e l'Egitto rappresentava per Creta nella tarda età del Bronzo. È evidente che questo commercio non doveva essere turbato da incursioni piratesche da parte degli abitanti delle Cicladi; perciò era di vitale interesse per Creta esercitare un controllo piú o meno stretto sull’arcipelago affinché fosse assicurata la tranquillità dei rapporti e degli scambi in tutto il Mediterraneo orientale.
Questo sistema «coloniale» non sembra essersi esteso al di là delle isole dell'Egeo. Nell'Asia Minore, le scoperte di resti minoici rimangono limitate ai siti costieri. Non sappiamo se Iaso e Mileto sono stati veri e propri scali commerciali destinati ad accogliere traffici costanti tra Creta e l’Asia, oppure semplici attracchi dove s’incontravano Minoici e Cari.
Sul continente ed in particolare nel Peloponneso, il sito di Santo Stefano sulla costa della Laconia, di fronte all'isola di Citera, ha probabilmente accolto soltanto alcuni artigiani minoici. Finora veri e propri stabilimenti minoici nella Grecia continentale non sono stati scoperti, anche se lo studio dei vasi metallici di Micene ha permesso di considerare come accertata la presenza di specialisti minoici della lavorazione del bronzo nella «capitale» del mondo miceneo.
Alcuni elementi testimoniano a favore di un ruolo guida assunto dal palazzo di Cnosso nel Tardo Minoico I. Prima di tutto conviene notare che a Mallia e a Festo, durante la fase del Tardo Minoico I, si registra un certo declino. Per quanto concerne Mallia, si nota, accanto al calo dell'importanza come zona portuale, un cambiamento nell'organizzazione economica del territorio, come se le fonti della ricchezza agricola, in particolare quella proveniente dalla coltivazione dell'altopiano del Lassithi, fossero confluite verso Cnosso. Una tale situazione è certamente incompatibile con l'esistenza di un grande centro palaziale autonomo. Perciò pare logico immaginare che Mallia avesse perso per lo meno una parte della sua autonomia a scapito di Cnosso. Il fatto, dimostrato da Henri van Effenterre, che la ceraınica neopalaziale di Mallia abbia subíto l’influenza cnossia ne sarebbe una delle prove.
Per quanto concerne Festo, le prove del ridimensionamento sono ancora piú evidenti. Si nota una riduzione della superficie del palazzo stesso e dell’agglomerato intorno; inoltre, parallelamente a questo declino di Festo, si registra l’ascesa della villa di Haghia Triada, il che dimostra, ovviamente, che emergono nuovi dati politici ed economici legati allo sviluppo delle grandi residenze palaziali su tutto il territorio cretese.
Il quarto palazzo minoico, Zackro, posto allo sbocco di una valle arida all’estremità orientale dell'isola di Creta, non domina nessun entroterra e non può quindi essere il capoluogo di un territorio. Appare piuttosto come un edificio reale destinato ad assicurare il controllo diretto, sin dal loro arrivo a Creta, delle iınportazioni provenienti dall'Oriente e destinate al palazzo di Cnosso.
Di fronte all'eclissi delle grandi residenze palaziali cretesi e allo sviluppo del palazzo di Cnosso nel Tardo Minoico I, alcuni studiosi, come Sinclair Hood, hanno avanzato l'ipotesi che il potere centrale controllasse tutti i palazzi e che questi ultimi non fossero altro che residenze del sovrano di Cnosso. Il potere del re di Creta, nel periodo neopalaziale, sarebbe stato simile a quello che il faraone esercitava sull’Egitto e, come il faraone, il sovrano di Cnosso avrebbe posseduto vari palazzi nelle varie città e regioni del suo regno. Questa ipotesi è suggestiva, ma non è escluso che sia eccessiva. Forse è piú consono alla realtà immaginare che il palazzo di Cnosso, in età neopalaziale come del resto anche in età micenea successiva, controllasse una buona parte del territorio cretese lasciando una certa autonomia ai príncipi delle regioni periferiche Tuttavia, quando si trattava di politica internazionale o di questioni in grado di condizionare la politica economica dell'intera isola, allora il re di Cnosso parlava ed agiva a nome dei suoi vassalli. Un testo egiziano del periodo di Tutmosis III, che menziona il re del paese Keftiu accanto ai sovrani di Hatti, di Tunip e di Kadesh, testimonia fortemente a favore dell'unità politica di Creta nei tempi minoici.
Come si è visto, nel periodo dei Primi Palazzi, il re esercitava il suo potere con l’aiuto di una classe di nobili che abitavano per lo più all’interno del palazzo. In questo periodo dei Secondi Palazzi, tracce evidenti di questa classe sono state trovate sia all’interno dei palazzi, ma soprattutto all’esterno. Infatti abbiamo adesso lussuose abitazioni raggruppate intorno al palazzo sia a Cnosso che a Mallia. Ma dobbiamo immaginare che questi nobili signori vivessero anche nelle ville sparse ovunque nell’isola, ad esempio a Tylissos e a Vathypetros. Dunque possiamo concludere che l’amministrazione nel periodo neopalaziale si è spostata all’esterno del palazzo.
Gli scavi delle città ci hanno fornito alcuni elementi dai quali si ricava l’esistenza di una classe media, il cui tenore di vita era modesto. Non siamo in grado di dire fino a che punto i membri di questa classe si occupassero delle attività connesse all’agricoltura e alla navigazione, ma certamente erano impegnati nell’artigianato, specie nella produzione di oggetti artistici. Alcuni di questi artigiani operavano all’interno dei palazzi, nei cosiddetti ateliers.
b) Il palazzo. I primi palazzi cretesi nascono in seno agli agglomerati del Minoico Antico e, spesso, sorgono sulle fondazioni di costruzioni anteriori modificate in seguito alle esigenze del momento. Le grandi costruzioni monumentali della fase neopalaziale hanno un aspetto assai diverso ed è quello più studiato e conosciuto. Per comprendere l’architettura dei palazzi consideriamo quello che da sempre è stato il palazzo principale della Creta minoica, cioè il palazzo di Cnosso.
Il complesso sorgeva su una bassa collina a circa 4 km dal mare. Una serie di complessi monumentali che comprendevano il palazzo e le case principali erano abitati intensamente e coprivano una superficie di 1000 x 600 m (sessanta ettari). Tuttavia, tracce di abitazioni si notano su una superficie piú estesa di circa 1800 x 1500 m (duecentosettanta ettari).
Evans considerava che il nucleo del palazzo e delle case principali potesse accogliere circa 12.000 abitanti mentre la città vera e propria ne ospitava circa 70.000 Se aggiungiamo a questi 82.000 abitanti, la popolazione del porto, possiamo senza esagerazioni ritenere che la Cnosso del Tardo Minoico avesse una popolazione globale di circa 100.000 abitanti. Da questo punto di vista, si trattava certamente di un centro senza rivali in tutto il Mediterraneo. Un tale sviluppo urbano risponde inoltre perfettamente a quanto ci si può attendere da parte della capitale di una grande potenza marittima.
Parliamo ora dell’architettura del palazzo vero e proprio. Il palazzo si sviluppa tutto attorno a una grande corte centrale su cui si affacciano la sala del trono, il santuario e gli uffici amministrativi. Un labirinto di corridoi collega i vari quartieri che prendono luce da corti secondarie: notevoli sono gli appartamenti della regina, gli immensi magazzini, le sale da bagno, e, da un punto di vista tecnico, il complesso sistema idraulico. Il materiale da costruzione è invece povero e fragile, essendo costituito di blocchi irregolari impastati con l’argilla, con colonne rastremate verso il basso e architravi lignei. Si comprende come i Minoici avessero sentito la necessità di ricoprire un materiale così povero con rivestimenti di gesso e di stucco, che poi venivano interamente dipinti.
Ma l'architettura di Cnosso non è l'unica a colpire per la sua armonia ed il suo rigore. Il palazzo di Mallia è ispirato alle realizzazioni cnossie. Festo, sull’acropoli che domina la pianura della Messara e scopre i vasti orizzonti del monte Ida, offre nella sua ala ovest, sopra ai magazzini del vecchio palazzo, un insieme di ingressi e di sale di una eleganza senza precedenti. Gli appartamenti di Zakro sulla costa orientale, all’estremità di una valle arida, si aprono su un cortile centrale che fronteggia il mare e consente di ammirare una baia di inaudita bellezza.
b) Gli affreschi. Non si può parlare dell'architettura cretese senza trattare gli affreschi che facevano parte dell’ambiente nel quale vivevano i protagonisti della civiltà minoica. Nel periodo protopalaziale i muri dei piani nobili o delle parti piú importanti delle costruzioni minoiche erano coperti di stucchi dipinti in ocra, in blu o in bianco. Non sembrano esservi state raffigurazioni dipinte su queste pareti.
A partire dal 1600 a.C., gli artisti minoici cominciano a decorare con affreschi le pareti delle stanze di rappresentanza dei palazzi e delle case private. Si può tentare di classificare le rappresentazioni degli affreschi in vari gruppi, secondo i temi e l'atmosfera creati dagli artisti.
Vi sono anzitutto le grandi processioni che glorificano la maestà reale, soprattutto quelle sul lungo corridoio che esce dal portico ovest del palazzo di Cnosso e porta alla scalinata che conduceva al primo piano ed alle stanze di rappresentanza. Di una processione diretta ad un altro ingresso del palazzo di Cnosso fa parte il «principe dei gigli» rappresentato con una tecnica, quella dello stucco dipinto, che è a metà strada tra la pittura ed il rilievo. Questa tecnica è anche utilizzata nella realizzazione di uno dei capolavori dell'arte minoica, la celeberrima testa di toro che ornava l’ingresso nord del palazzo di Cnosso.
Alla categoria degli affreschi processionali dobbiamo anche attribuire alcune grandi composizioni ieratiche o decorative, come i grifoni della sala del trono e i grandi scudi dipinti della sala con le doppie asce. Ma i Minoici non si accontentavano di dipingere processioni tese a celebrare il sovrano. Anzi, la maggioranza degli affreschi tratta della vita di corte, rappresentando soprattutto personaggi femminili, tra cui ci preme ricordare «la parigina» e «le signore in blu».
Infine, la raffigurazione del paesaggio costituisce uno dei grandi temi di quest'arte minoica dell'affresco. Fiori e animali hanno un ruolo determinante nelle composizioni; e la loro presenza congiunta contribuisce a creare un'atmosfera di fantasia e di poesia fino ad allora assente nella storia dell'arte. La cosa è sorprendente se si pensa che l'arte greca, fino al periodo ellenistico, si è disinteressata completamente della natura, e se si considera che l’arte egiziana e quella orientale, piú sensibili a questo aspetto, si sono preoccupate di rappresentare le piante e gli animali con realismo, piuttosto che d’inventare un mondo di sogno.
Gli affreschi dei palazzi minoici sono spesso in pessimo stato di conservazione: la maggior parte delle pitture esposte al Museo di Iraklion hanno dovuto subire numerosi restauri e notevoli integrazioni. Per fortuna, la scoperta a partire dal 1967 nell’isola di Tera, 120 miglia a nord di Creta, di un’intera città minoica sepolta sotto la cenere del vulcano di Santorini entrato in eruzione all'inizio del XVI secolo a.C., ha permesso di portare alla luce una serie impressionante di affreschi che integrano le serie rinvenute nei palazzi di Creta. Le antilopi, i lottatori, le sacerdotesse, le portatrici di offerte, il paesaggio nilotico, la battaglia navalz, sono altrettante composizioni che illustrano, forse meglio di qualunque altro reperto, il mondo minoico.
c) La ceramica. La ceramica del periodo protopalaziale cretese è una delle più sorprendenti creazioni che la storia delle arti grafiche abbia mai conosciuto. È anche chiamata ceramica di Kamarès poiché è nella grotta omonima, nel massiccio dell’Ida di fronte al palazzo minoico di Festo, che i primi esemplari di questa ceramica furono rinvenuti. La tecnica raffinata dei maestri vasai che hanno prodotto, grazie soprattutto ai progressi fatti registrare dall’introduzione del tornio, questo tipo di vasi dalle pareti sottili a guscio d'uovo è stata altamente apprezzata dagl’interlocutori egiziani e siriani della potenza minoica.
L'associazione della decorazione dipinta in colori neri, bianchi, rossi e gialli, con il rilievo, grazie al procedimento della «barbotine» (protuberanze decorative eseguite sull’argilla molle), dà a questa ceramica un aspetto altamente decorativo. L'artista ricorre alla raffigurazione di spirali, di motivi floreali, di polipi o anche, più raramente, a quella di figure umane purché queste ultime si adeguino alla forma del vaso stesso.
Nel periodo neopalaziale, la ceramica procede dallo stesso spirito della pittura, ma su un piano nettamente inferiore. Le forme sono piú slanciate, grazie anche all'utilizzo di un tornio piú veloce, il piede dei vasi risalta e l'influenza dei modelli metallici si fa sentire. La decorazione è fatta in colore marrone-scuro su sfondo chiaro, con rari colori sussidiari come il bianco o il rosso arancione. Il ceramista ha rinunciato ai giochi policromi del periodo protopalaziale e, davvero, se non si conoscesse l'arte degli affreschi, si potrebbe pensare ad una certa insensibilità di fronte ai colori da parte degli artisti minoici di quel periodo. I motivi ralfigurati sui vasi sono soprattutto piante, gigli, papiri e papaveri, oltre a motivi marini rappresentati da polipi, pesci, alghe e conchiglie.
d) I vasi in pietra. L’arte della lavorazione della pietra per fabbricare dei vasi è stata tramandata ai Cretesi, sin dal periodo prepalaziale, da artigiani egiziani che frequentavano Biblo. Presto i Minoici diventarono dei maestri incontrastati della lavorazione della pietra e le opere di età neopalaziale sono dei capolavori dell’arte egea. Il famoso rhyton a forma di testa di toro di Cnosso oppure i vasi per le libagioni di Zakro e di Haghia Triada sono tra le realizzazioni più spettacolari degli artisti minoici; non è certo un caso se alcune di queste opere sono raffigurate sulle tombe della necropoli tebana. L'Egitto stesso, culla dell'arte della lavorazione della pietra, apprezzava i vasi egei.
e) La gioielleria. I progressi registrati dalla metallurgia e dall’oreficeria nel periodo protopalaziale si spiegano certamente in base all'influenza che alcune civiltà, piú esperte nel trattamento dei metalli e piú progredite dal punto di vista tecnico, hanno esercitato sul mondo minoico. Abbiamo già visto che le tecniche lavorazione della pietra erano state probabilmente insegnate ai Minoici da artigiani egiziani che frequentavano Biblo verso il 2300 a.C. Di nuovo le officine di Biblo e l’arte degli orefici egiziani sembrano aver esercitato un’influenza sulle prime botteghe di arte metallurgica cretese.
Un pendaglio di Mallia utilizza il motivo iconografico di due api: esse compongono, come l’acrobata rappresentato sul pomello d’oro di una grande spada rinvenuta nel palazzo, un motivo circolare che raccorda alcune raffigurazioni orientali ed egiziane. I gioielli del periodo neopalaziale sono rarissimi a Creta ed è, paradossalmente, attraverso gli esemplari rinvenuti nelle tombe di Micene e di Vafio che abbiamo le piú belle attestazioni dell'arte orafa minoica. Le due tazze di Vafio ci mostrano due scene complementari. Sulla prima vediamo dei tori selvatici presi nella rete e sull’altra questi stessi tori, addomesticati, trainano l’aratro. Come sugli affreschi, l’arte di comporre una scena e di creare un ambiente è consumata. Gli uomini, le bestie e gli alberi compongono due dei piú bei paesaggi di tutta l’arte preellenica: l’artista che ha concepito e realizzato queste scene è riuscito a creare un’atmosfera straordinaria.
f) La plastica. Bisogna riconoscere che nulla di simile alla grande plastica dell’Egitto e della Mesopotamia è attestato nell’arte minoica. L’ipotesi di una grande scultura che potremmo ritrovare un giorno a Creta rimane abbastanza inverosimile. Vi sono state probabilmente statue abbastanza grandi, a giudicare dai piedi di argilla sui quali poggiavano. Ma queste statue erano scolpite nei tronchi dei cipressi e sono quindi completamente scomparse.
In verità, i Cretesi sembrano aver avuto poca propensione a tradurre le forme in volumi ed essersi accontentati di opere di piccole dimensioni; come, ad esempio, le famose dee con i serpenti di Cnosso o il dio di avorio di Palecastro. Per il resto, i santuari hanno restituito decine di statuette di oranti, in bronzo o in argilla, con un braccio pendente lungo il corpo e con l'altro portato alla fronte. Di avorio invece, è la straordinaria statuetta dell'acrobata raffigurata al momento del salto sopra al corpo del toro.
g) I sigilli. Accanto alla pittura, la glittica rappresenta certamente una delle maggiori arti dei maestri minoici. Nel periodo protopalaziale, sono attestati dei sigilli che presentano motivi geometrici o floreali simili a quelli dipinti sui vasi di Kamarès, oppure animali familiari a Creta, come uccelli, caprini, gatti, cinghiali e pesci. Quando il sigillo apparteneva ad un personaggio importante, poteva anche essere inciso con dei segni della scrittura geroglifica cretese.
Nel periodo neopalaziale, l'arte della glittica raggiunge livelli senza precedenti. Conosciamo alcune opere, come il «principe di Cidonia», che dimostrano l'incredibile maestria degli artisti minoici. L'impronta, ottenuta con l'impressione nell’argilla di un anello di oro, mostra un personaggio, con in mano un bastone, in piedi sopra ad un vasto complesso architettonico che raffigura verosimilmente un palazzo. In primo piano sono rappresentati il mare e gli scogli. Questo reperto eccezionale è stato rinvenuto sulla collina di Kastelli, nelle rovine dell’antico palazzo di Cidonia, ed è probabile che l’artista abbia rappresentato con grande realismo questa stessa costruzione che sorgeva ai bordi del golfo dell'odierna Canea.
Altre impronte di sigilli rappresentano scene religiose come, ad esempio, l’omaggio di capre selvatiche ad una dea seduta su uno sgabello, oppure epifanie di divinità.
I primi luoghi di culto del periodo dei primi palazzi sono santuari costruiti sulla cima di una collina o di una montagna, spesso circondati da un semplice muro di protezione che ne delimita il perimetro. In questi santuari sono state ritrovate numerose figurine umane o animali ed ex-voto (gambe o braccia), nonché resti di fuochi sacrificali. Questi santuari posti nelle vicinanze delle città o dei villaggi ed erano certamente frequentati dalle popolazioni locali e legati allo sviluppo dell’attività pastorale ed agricola delle varie province della Creta protopalaziale. Non è escluso che abbiano avuto un ruolo importante nello sviluppo del concetto di territorio al momento della nascita del sistema palaziale.
Le grotte utilizzate come rifugi o luoghi di sepolture nel periodo neolitico e nel Minoico Antico, si trasformano in alcuni casi in luoghi di culto, come ad esempio la grotta di Kamarès, sulle pendici meridionali del monte Ida, o la grotta di Psicro, nelle montagne del Lassithi.
Accanto a questi santuari disseminati tra le montagne dell’isola vi sono, ovviamente, i luoghi di culto all’interno dei palazzi nascenti. Santuari sono stati rinvenuti a Festo, a Mallia e a Monastiraki. Questi luoghi di culto sono identificati attraverso il materiale che vi è stato rinvenuto. Si tratta di vasi votivi, tavole per le libagioni, corna di consacrazione, doppie asce, ecc.
Sappiamo poco o niente dei culti che erano celebrati nella Creta dei primi palazzi. Alcuni vasi di Festo mostrano scene di danza intorno ad una figura femminile; un sigillo di Mallia rappresenta la dea con le braccia alzate, motivo ben attestato nei periodi successivi; le corna di consacrazione rinvenute nei luoghi di culto di tutta Creta lasciano intravedere l'esistenza, sin da allora, di un culto del toro; i gatti di Mallia e di Monastiraki fanno pensare all’introduzione di culti egizi a Creta; infine la scoperta di due ancore votive a Mallia potrebbe indicare l'esistenza di un culto legato al mare, analogo a quello che si conosce a Biblo e a Cipro.
Esiste certamente una continuità tra la religione minoica del periodo protopalaziale e quella del periodo neopalaziale. Una parte importante della produzione artistica neopalaziale risponde verosimilmente alle necessità di una religione che sembra, piú di prima, insistere sulle cerimonie rituali. Abbiamo già parlato degli affreschi in cui sono raffigurate le processioni; quanto alla glittica, sui sigilli sono rappresentate delle scene processionali davanti a santuari o ad altari, sacrifici di animali, epifanie divine.
I Minoici continuano ad utilizzare e a frequentare i santuari posti sulle vette delle montagne, nonché le grotte. All’interno dei palazzi, le stanze adibite al culto sembrano moltiplicarsi. Alcuni studiosi sostengono che questa molteplicità delle sale ad uso religioso nei palazzi potrebbe testimoniare a favore di un rituale complesso al quale sarebbero stati ammessi i soli occupanti del palazzo. Altri santuari legati ai complessi palatini sembrano invece essere stati aperti ad un pubblico piú vasto, come ad esempio, il santuario XVIII del palazzo di Mallia che comunica direttamente con l’esterno.
Non c’è dubbio che un certo decoro architettonico doveva essere associato ai santuari spesso rappresentati sotto la forma di facciate tripartite a sezione centrale sopraelevata, coronate di corna di consacrazione. Un santuario del genere è rappresentato sul rhyton (vaso per libagione) in pietra rinvenuto nel palazzo minoico di Zakro.
È difficile, ovviamente, pronunciarsi sul rituale e sulle credenze della Creta neopalaziale. Dai testi votivi in lineare A possiamo ricavare alcune indicazioni preziose ma limitate: le formule rituali incise sulle tavole di libagione provenienti dai santuari sparsi sul territorio cretese sono simili tra loro e lasciano intendere che le divinità erano venerate dappertutto con le stesse formule rituali. Purtroppo, il fatto che la lineare A non sia stata ancora decifrata non ci consente di individuare i nomi delle divinità attestate nei testi.
a) Simboli costanti. I simboli che ricorrono nell'iconografia sono costanti e ricordano anche quelli del periodo protopalaziale. Si tratta delle doppie asce e delle corna di consacrazione. A questi simboli si possono aggiungere i nodi sacri. Un particolare inedito della famosa dea dei serpenti, il gatto poggiato sulla cuffia, che era già stato individuato da Evans, ricorda il santuario col gatto di Monastiraki e i gatti del «Quartiere Mu» di Mallia, tutti del periodo protopalaziale.
Evans, tenendo conto dell'importanza delle funzioni religiose e cerimoniali legate al sovrano di Cnosso, riteneva che si trattasse di una specie di «re-sacerdote». Si è pensato che la figura maschile rappresentata su un vaso in steatite di Haghia Triada corrisponda all'immagine del sovrano minoico; la scoperta dell'impronta di sigillo della Canea conferma in pieno questa ipotesi ed è altamente probabile che gli artisti minoici abbiano raffigurato il loro sovrano con in mano il lungo bastone del comando.
Una tale rappresentazione non può mancare di evocare l’espressione omerica «pastore di popoli» che veniva applicata ai re achei. Certo, non possiamo affermare, sulla base soltanto di queste due rappresentazioni del re minoico, che quest’ultimo avesse anche un ruolo in seno alla gerarchia religiosa: è solo una possibilità di cui dobbiamo tenere conto. In definitiva, l'unica cosa certa è che nel periodo dei secondi Palazzi il rafforzamento del potere reale risulta accompagnato da un rafforzamento del rituale.
b) Le necropoli. In età protopalaziale si seppelliscono i morti nelle grotte, in tombe circolari dove sono raggruppate anche numerose deposizioni e, a volte, in tombe individuali. Il corredo funerario, composto di vasi in pietra e in terracotta, di sigilli e di oggetti di bronzo, è abbastanza ricco. Accanto ai cimiteri della classe dirigente vi sono anche le tombe dei poveri. A Mallia, lungo il litorale, sono stati scavati i famosi carnai, semplici depressioni del terreno in mezzo alle rocce nelle quali erano depositati i resti di migliaia di persone che appartenevano certamente alle classi subalterne.
Nel periodo neopalaziale, le necropoli sono praticamente sconosciute e gli abitati sono molto meglio rappresentati delle tombe. Ad esempio, non sono state finora scoperte le tombe di Mallia che corrispondono al periodo dei secondi Palazzi.Le tombe a camera attestate a Creta nel corso del Minoico Medio III si ritrovano soltanto a Cnosso nel Tardo Minoico I. L'architettura di queste tombe è direttamente ispirata all'architettura palaziale e comprende un ingresso con un cortiletto lastricato ed una cripta con colonne che precedono la camera funeraria quadrata con pilastro centrale. Due tombe rupestri scoperte a Poros, vicino a Iraklion si caratterizzano per la loro ricchezza e le loro dimensioni. Con oltre 60 mq, hanno fornito ceramica, gioielli, sigilli, un elmo fatto con denti di cinghiale e resti di brandine in legno.
Non c'è dubbio che la scoperta delle necropoli neopalaziali a Mallia o altrove consentirebbe di rivelare nuovi aspetti fondamentali della storia minoica.