L'archeologia per molto tempo non è esistita come disciplina autonoma, né come parola corrente. Il termine «archeologia» si trova sì nelle fonti antiche ma con significato generico di notizie sui tempi antichi (Dionigi di Alicarnasso). Ci sono già presso gli antichi esempi di studiosi che si sono interessati della civiltà di genti remote: così Erodoto con le sue Storie o Pausania con la Periegesi della Grecia, scritta nel II secolo d.C. Ma questa non è archeologia nel senso in cui la intendiamo noi oggi.
Sul volgere del Trecento, due italiani, rompendo secoli di oblìo, diventano i pionieri della riscoperta della Grecia: sono Cristoforo Buondelmonti, frate fiorentino, e Ciriaco Pizzicolli, mercante anconetano. Entrambi parteciparono alla ventata di Rinnovamento che l'Umanesimo portò alla cultura medievale. Ma, mentre gli umanisti si interessano quasi soltanto ai testi degli autori classici e ai manoscritti sepolti nelle biblioteche conventuali, questi due viaggiatori sono animati da una curiosità pratica, dal desiderio di riportare fedelmente ciò che vedono. Proprio al Buondelmonti, che visita le isole dell'Egeo, si deve il primo tentativo di cartografia storica greca. Più vasta e complessa è l'opera di Pizzicolli, l'infaticabile viaggiatore che rivendica a buon diritto il titolo di fondatore dell'archeologia. Verso il 1420 comincia a copiare iscrizioni a Pola e a Roma e, da buon autodidatta, si fa una certa preparazione epigrafica e archeologica sul campo. In questo periodo gli viene un'idea del tutto originale per la sua epoca: per l'antichità classica i monumenti e le iscrizioni sono testimoni più fedeli dei testi degli autori antichi e sono quindi fondamentali per poter ricostruire una civiltà. In omaggio a questo principio decide di raccogliere in un libro tutte le testimonianze antiche in cui si imbatte nel corso delle sue peregrinazioni: sono gli Antiquarum rerum commentaria ("Commenti sulle Antichità") andati quasi interamente perduti. Il viaggio chiave di Ciriaco Pizzicolli è quello che egli svolge in Grecia fra il 1434 e il 1435; nel corso di questo e dei due successivi (1444 e 1447-48) il mercante visita quasi tutte le regioni che costituiscono la Grecia attuale. Ciriaco fu lui il primo a portare testimonianza nel mondo europeo dell'acropoli di Atene ma non solo, anche dei geroglifici, delle piramidi egiziane e di molti altri siti archeologici, che incessantemente visitava riportandone schizzi grafici e relazioni scritte. Per questi motivi, Ciriaco d'Ancona oggi è internazionalmente riconosciuto come il fondatore in senso generale dell'archeologia, il "padre dell'archeologia". Ascoltiamo direttamente dalle sue parole ciò che animava la sua passione per la riscoperta del passato: «Spinto da un forte desiderio di vedere il mondo, ho consacrato e votato tutto me stesso, sia per completare l'investigazione di ciò che ormai da tempo è l'oggetto principale del mio interesse, cioè le vestigia dell'antichità sparse su tutta la Terra, sia per poter affidare alla scrittura quelle che di giorno in giorno cadono in rovina per la lunga opera di devastazione del tempo a causa dell'umana indifferenza…»
Nel Rinascimento si ebbe una ricerca appassionata del mondo antico: i maggiori artisti del Rinascimento si recarono a Roma, per studiare e misurare i monumenti antichi di architettura. È noto infatti il racconto che il Vasari fa, nella vita del Brunelleschi, di come questi, avendo sentito lodare un sarcofago romano esistente nella Cattedrale di Cortona (oggi al Museo diocesano) partì a piedi dalla bottega e si lasciò portare a Cortona dalla volontà e dall'amore che recava all'arte "e ne ritornò col disegno del sarcofago".
Ma questa non era ancora "archeologia" anche se ne costituisce un punto di partenza. Questa ricerca era rivolta alla conoscenza di quell'arte antica che era considerata come un limite da ritrovare e da raggiungere. Accanto ad essa sorge il gusto per le raccolte di oggetti antichi, artistici o soltanto curiosi, e uno studio "antiquario" in un senso diverso da quello che diamo oggi a questa parola e che si protrae fino al '700. Gli "antiquari" erano gli studiosi degli usi e dei costumi e soprattutto della mitografia, e quindi il loro scopo era essenzialmente quello di ricostruire, attravero lo studio dei monumenti, gli usi e i costumi degli antichi. Così, per esempio, la Colonna Traiana e la Colonna Antonina a Roma, con il loro rilievo svolgentesi a nastro, che tanti spunti artistici avevano dato agli scultori, dal Donatello al Sangallo, interessano solo come documenti per studiare i costumi militari e gli episodi delle guerre in esse rappresentati. Diciamo che per noi, il merito di questi studiosi di antiquaria è solamente quello di averci conservato, talora nelle loro opere il ricordo e la documentazione grafica di monumenti oggi scomparsi.
Questi studi andarono distinguendosi da quelli di archeologia che si andarono sempre più esclusivamente rivolgendo al fatto artistico tanto che il termine si identificò con quello di "storia dell'arte greca e romana".
L'archeologia così intesa ebbe il suo massimo esponente in Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9 dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768).
In questa sezione affronteremo due argomenti in particolar modo, ovvero, il primo, la riscoperta della Grecia in età moderna, per l'indubbia importanza che l'archeologia greca ha nell'archeologia e nella storia dell'archeologia in generale e il secondo, la storia del collezionismo in Italia che vede protagoniste alcune delle più famose nobili famiglie italiane, le cui collezioni d'arte hanno contribuito alla formazione dei più importanti musei.
I musei archeologici in linea di massima si possono suddividere in due categorie: musei legati al territorio, quindi nati a seguito di ricerche e scoperte archeologiche avvenute in loco, che espongono nelle proprie sale i reperti principali rinvenuti a seguito di tali ricerche; e musei di collezioni, ovvero formatisi a partire dai lasciti di grandi collezionisti, che nelle proprie sale ospitano opere di arte antica di notevole pregio dalle provenienze più disparate. A questa seconda categoria appartengono ad esempio gli Uffizi, il Museo Archeologico Nazionale di Firenze e il Museo Archeologico Nazionale di Venezia: alla formazione dei primi due hanno contribuito in maniera importante le collezioni della famiglia Medici, mentre al terzo le collezioni della famiglia Grimani.
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F. HASKELL, N. PENNY 1984, L'antico nella storia del gusto, Einaudi: Torino
AA.VV. 1980, Vaso François, Bollettino d'arte, serie speciale
AA.VV. 1999, Domenico Comparetti tra antichità e archeologia, Il Ponte: Firenze
I. Favaretto 1990, Arte antica e cultura antiquaria nelle collezioni venete al tempo della Serenissima, L'Erma di Bretschneider
Etienne F., Etienne R. 1994, La Grecia antica: archeologia di una scoperta, Electa/Gallimard
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