Con il crollo dell'impero di Ur, si assiste ad una moltiplicazione di centri politicamente autonomi, che determina una situazione politica che, per certi aspetti, ricalca quella di età proto-dinastica. Al centro emerge Isin che raccoglie una parte consistente dell'eredità di Ur; a sud si fa indipendente Larsa ed anche Uruk. Al nord si fa indipendente Babilonia che progressivamente assorbirà altre città pure inizialmente autonome, come Kish e Kazallu. Nella Diyala è indipendente Eshnunna, e ai confini con l'Elam Der. Questo sistema politico regionale caratterizza il periodo che si interpone tra la precedente unificazione sotto Ur e la successiva sotto la Babilonia di Hammurabi e che viene detto anche «età di Isin-Larsa».
Difatti per mettere ordine in questa pluralità di centri politici autonomi li scribi antichi e poi gli studiosi moderni hanno ravvisato una linea portante nel passaggio di predominio dalla dinastia di Isin (grosso modo per tutto il XX secolo) a quella di Larsa (grosso modo per il XIX secolo) e infine a quella di Babilonia (a partire da Hammurabi). Questa soluzione – che evidentemente è figlia dell'idea della regalità unica trasferita di città in città – se in qualche misura riproduce la reale situazione politica nella parte centro-meridionale della Mesopotamia (Sumer e Akkad), non rende però giustizia né a dinastie periferiche, che pure ebbero momenti di grande potenza, né più in generale ad una visione allargata a comprendere Elam, Assiria, Mari (nonché gli Stati siriani al di là di Mari), che è l'unica visione veramente appropriata per comprendere la situazione politica del Vicino Oriente in questo periodo e che è quella che cercheremo di descrivere. Ciò premesso, iniziamo ad illustrare la situazione politica partendo dalla parte centro-meridionale della Mesopotamia.
Mesopotamia centro-meridionale. La dinastia di Isin, fondata da Ishbi-Erra (2017-1985 a.C.; vd. cap. VI) quando Ibbi-Sin ancora regnava ad Ur, dopo il sacco di Ur da parte degli Elamiti pretese di assumere il ruolo di erede diretto dell'impero. La titolatura di Ishbi-Erra è ambiziosa («re delle quattro parti della terra», «dio della sua terra»), e di tradizione imperiale, e dell'impero egli detiene i luoghi più prestigiosi e legittimanti: la ex-capitale Ur, che il nuovo re provvede a ricostruire dopo i danneggiamenti che soprattutto l'area sacra aveva subìto da parte degli Elamiti; e il centro religioso di Nippur. Dell'impero però Ishbi-Erra eredita anche un impegno politico su due fronti: quello esterno con guerre ad est per tenere fuori dalla Mesopotamia gli Elamiti e ad ovest contro i Martu; quello interno con opere di ricostruzione urbana e di riassetto politico-amministrativo. Malgrado una certa efficacia su entrambi i fronti, alcune città (ex-capitali provinciali) Ishbi-Erra non poté impedire che alcune città si rendessero autonome come Larsa, con una dinastia fondata da un certo Naplanum (nome tipicamente amorreo) già prima della caduta di Ur; Eshnunna, Der, Kish e Kazallu. Anche la periferia, prima controllata da Ur, è ormai totalmente indipendente con Mari, Assur, Elam che si avviano al rango di potenze regionali
Isin riesce sì ad assumere il grosso dell'eredità imperiale, ma limitatamente al «nucleo interno». Il terzo successore di Ishbi-Erra, Ishme-Dagan (1953-1935 a.C.), cerca di espandersi al nord, ma viene sconfitto da Kish. Alcune città del suo regno subiscono delle distruzioni, e fra esse Nippur. Ishme-Dagan concede a Nippur delle esenzioni (forse in connessione con la ricostruzione della città), rinunciando al tributo e al servizio militare, e così inaugura la serie dei re paleo-babilonesi che dichiarano di aver «stabilito la giustizia nel paese» attraverso vari provvedimenti. Gli succede Lipit-Ishtar (1934-1924 a.C.), sotto il quale ancora la dinastia di Isin controlla Nippur e le città meridionali (Ur, Uruk, Eridu). Anch'egli «stabilisce la giustizia» con i soliti provvedimenti di remissione dei debiti, ma inoltre con la promulgazione di un «codice».
La dinastia fondata da Ishbi-Erra si estingue però poco dopo: Lipit-Ishtar viene espulso, una nuova dinastia (1923-1794 a.C.) si installa in Isin perdendo gran parte dei suoi territori a favore di Larsa ora in ascesa, mentre Uruk viene perduta a vantaggio di una dinastia locale.
Mentre dunque il regno di Isin retrocede inesorabilmente da erede dell'impero di Ur a piccolo regno cittadino, una parabola opposta conosce il regno di Larsa, inizialmente Stato cittadino stretto tra i possedimenti di Isin e la sempre minacciosa presenza dell'Elam. È Gungunum (1932-1906 a.C.), alla fine del XX secolo, ad iniziare la progressiva ascesa di Larsa: sottrae a Isin il controllo di Ur e Lagash, all'Elam il controllo di Susa, assume il titolo di «re di Sumer e di Akkad» (che era stato il titolo standard dei re di Ur), e compie anche un paio di spedizioni contro Bashime (la costa iraniana del Golfo Persico) e contro Anshan (che è appunto nell'entroterra di Bashime). Abi-Sare (1905-1895 a.C.) stronca le velleità della nuova dinastia di Isin di recuperare il controllo sulle città del sud. Infine Sumu-El (1894-1866 a.C.) si espande verso nord, forse in connessione con progetti idraulici (convogliare su Larsa acque tratte dall'Eufrate assai più a monte del suo territorio): aggirata Isin stessa, egli assume il controllo di Nippur (e come conseguenza si fa divinizzare), sconfigge Kazallu e sconfigge Kish raggiungendo e minacciando da vicino il territorio di Babilonia.
Babilonia inizia ad emergere proprio in questo periodo che viene appunto definito anche periodo paleo-babilonese che sancisce definitivamente il predominio dell'elemento amorreo in quanto la I dinastia babilonese è composta da sovrani amorrei. La lista reale babilonese inizia con Sumu-Abum (1894-1881 a.C.) che già controlla Babilonia e Dilbat e lotta vittoriosamente contro Kazallu. Suo figlio e successore, Sumu-la-El (1880-1845 a.C.), sconfigge definitivamente ed annette sia Kazallu sia Kish, sottraendole a Larsa, ed unifica tutto il paese di Akkad: Babilonia, Sippar, Dilbat, Marad, Kazallu e Kish sono ormai città provinciali del regno di Babilonia, e lo resteranno per sempre. La vittoria finale di Babilonia impone infine l'identificazione di Babilonia come nuova Akkad, in ideale prosecuzione di un ruolo e di una politica. Sumu-la-El è anche autore di uno dei ricorrenti «annullamenti di debiti» (egli «ruppe le tavolette» dove questi erano iscritti), anche in questo caso riesumando il modello fondante di Sargon, e più concretamente cercando di apparire come «liberatore» agli occhi dei nuovi sudditi di Kish e delle altre città.
Ricapitolando, la situazione politica nella Mesopotamia centro-meridionale è la seguente: nel sud emerge il ruolo egemone di Larsa, pur se restano autonomi centri come Isin o come Uruk (ma che poi verranno conquistati da Rim-Sin di Larsa); nel nord si afferma Babilonia, che è anzi ormai pronta ad indirizzare eventualmente anche al sud le sue mire. Ma nel complesso queste tensioni sono circoscritte, almeno per il momento, nei ristretti orizzonti dell'alluvio – quasi retrocedendo ad abitudini proto-dinastiche, dopo che le esperienze imperiali di Akkad e di Ur erano diventate impraticabili e rimanevano come punto di riferimento puramente idealogico (Akkad per il nord, Ur per il sud) come si nota da alcuni atteggiamenti (divinizzazione) e titolature reali, sicuramente sproporzionati, assunti da alcuni sovrani .
L'arco pedemontano. Ben altri orizzonti e ben altra mobilità presenta invece il mondo politico alla periferia (anche immediata) del paese centrale. Qui si assiste al subitaneo esplodere (ma anche all'altrettanto subitaneo ridimensionamento) di episodi espansionistici che interessano tutto l'arco pedemontano e di cui si rendono protagonisti principalemente Assiria, Eshnunna, Der, Elam e Mari.
I singoli episodi storici di questo periodo a cavallo tra il XIX e il XVIII secolo, che viene definito paleo-assiro (contemporaneo a quello paleo-babilonese, ma riferito esclusivamente al nord mesopotamico) sono ricostruibili grazie alla scoperta dei ricchissimi archivi amministrativi ed epistolari contenuti nel palazzo reale di Mari.
Nel primo periodo della sua documentazione Mari è retta da Yakhdun-Lim (1815-1799 a.C.; sulle cui imprese abbiamo la testimonianza di due iscrizioni di fondazione) che riesce ad ampliare il controllo della città sul territorio circostante (medio Eufrate) e sul basso Khabur. Egli si proclama «re della città di Mari e del paese di Khana» assommando in questo titolo una città palatina più una tribù (o confederazione) nomadica che condividono il territorio.
Mentre la zona «eufratica» dell'alta Mesopotamia era così unificata dal re di Mari, la zona opposta (valle del Tigri, alto Khabur) era momentaneamente unificata dai re di Eshnunna Ipiq-Adad II (1835-1795 a.C.) e suo figlio Naram-Sin (1794-1785 a.C.). Quest'ultimo è con tutta evidenza da identificare con l'omonimo re della lista reale assira. Dunque con Naram-Sin l'Assiria è, per il momento, parte integrante di un regno che si estende da Eshnunna (e forse da Der) fino all'alto Khabur.
Tale regno però non ebbe lunga durata: alla morte di Naram-Sin gli successero Erishum II in Assiria e Dadusha (1794-1785 a.C.) a Eshnunna, i quali si dovettero confrontare con Shamshi-Adad I d'Assiria (1812-1780 a.C.). Shamshi-Adad era il figlio di Ilakabkabi, principe di Terqa, una piccola città a nord di Mari, che fu scacciato dai più potenti re di Mari con la sua famiglia e andò esule nella Mesopotamia meridionale. In circostanze di cui si ignorano i particolari e dopo un certo periodo di permanenza nel paese meridionale, Shamshi-Adad prese Ekallatum, una città sul medio Tigri, e di là si impossessò di Assur, deponendo il legittimo re Erishum II ed assumendo egli stesso il titolo di re di Assiria. Shamshi-Adad riuscì a conquistare anche Mari, il cui re Yakhdun-Lim si rifugiò ad ovest, nel regno di Yamkhad (già suo nemico, ma ora evidentemente preoccupato dall'ingrandirsi del potere di Shamshi-Adad).
Shamshi-Adad fondò una nuova capitale, Shubat-Enlil (Tell Leilan), nella quale sembra essersi trasferito, e di là governò il suo impero con un impegno costante e intenso visto che troppo brusco ed ambizioso era stato il passaggio dal frazionamento politico all'unificazione «imperiale». Installò i suoi due figli Ishme-Dagan e Yasmakh-Addu (1798-1780 a.C.) rispettivamente ad Ekallatum e Mari, due città di estrema importanza per il controllo, la prima, delle turbolente popolazioni delle montagne a est del Tigri e, la seconda, delle genti seminomadi attestate immediatamente a ovest dell'Eufrate.
Alla morte di Shamshi-Adad, avvenuta probabilmente in una guerra condotta contro Yarim-Lin di Yamkhad, si ebbe un sovvertimento della situazione.
Del grande regno «mesopotamico» paterno, Ishme-Dagan (1780-1740 a.C.) mantenne l'Assiria, ormai ricondotta ai suoi termini propri: la valle del Tigri da Ekallatum e Assur fino a nord del triangolo assiro. L'altra metà del regno di Shamshi-Adad andò invece perduta: Yasmakh-Addu scompare anch'egli nelle fasi finali della guerra contro Yamkhad.
Così sul trono di Mari si installa così Zimri-Lim (1780-1758 a.C.), che si dice figlio del precedente re Yakhdun-Lim per riallacciarsi a lui (saltando il periodo «assiro»), e che sposa la figlia di Yarim-Lim, mantenendo buone relazioni politiche e commerciali col potente vicino occidentale.
Fra il regno assiro di Ishme-Dagan e il regno di Mari di Zimri-Lim si apre una fase di competizione per il controllo della fascia intermedia e del «paese alto». Per Mari il controllo di questa zona è indispensabile dal punto di vista dell'economia produttiva: idrologia e transumanza consigliavano che tutto il bacino del Khabur fosse riunito sotto il controllo di Mari. Per l'Assiria invece l'interesse era soprattutto commerciale: per le città dell'alto Khabur e dell'alto Balikh passava la carovaniera che congiungeva Assur al guado dell'Eufrate e oltre fino alla Cappadocia (Kanish). (I commerci di Mari passavano piuttosto per la via fluviale dell'Eufrate, e si indirizzavano più a ovest.). Il commercio assiro in questo periodo era molto fiorente: l'Assiria aveva istituito una serie di colonie commerciali in Cappadocia (la più importante delle quali era Kanish) dove operavano mercanti assiri per ottenere argento e oro in cambio di tessuti e stagno.
Zimri-Lim ebbe la meglio, tagliando fuori Ishme-Dagan dall'alta Mesopotamia e dal commercio anatolico (che infatti venne ad estinguersi), ed estendendo la sua influenza fino ad includere tutto l'arco pedemontano. Gli staterelli dell'alta Mesopotamia mantennero ovviamente la loro autonomia e i loro dinasti (come già sotto Shamshi-Adad), ma si legarono a Mari con alleanze ribadite da una serie di matrimoni che unirono varie figlie di Zimri-Lim ai re di Ilansura, Ashlakka, Elakhut, Andariq, e altri ancora.
A seguito della ricostituzione del regno di Mari sotto Zimri-Lim, e dall'esito di guerre e di alleanze difficilmente ricostruibili dai documenti in nostro possesso, si formarono due grandi fronti politici o alleanze: da un lato il fronte dell'Eufrate collegava Yamkhad, Mari, Babilonia, Larsa; dall'altro lato il fronte del Tigri collegava Assiria, Eshnunna, Elam.
Per circa un ventennio (1785-1765 a.C.), specialmente finché Ibal-pi-El restò sul trono di Eshnunna, la situazione rimase molto equilibrata con i due fronti che si contenevano a vicenda attraverso varie guerre. La svolta si ebbe con l'ascesa al trono di Babilonia di Hammurabi (1792-1750 a.C) che riusì, ma solo nella seconda parte del suo regno, a sconfiggere Eshnunna. Questa vittoria tolse di mezzo una volta per tutte un potente e ambizioso rivale (il cui centro era a ridosso immediato del territorio babilonese), spezzò il fronte del Tigri isolando definitivamente l'Assiria, e consentì al re di Babilonia di rivolgersi ben presto contro i suoi ex-alleati al sud (Larsa; 1763 a.C.) e al nord (Mari; 1758 a.C.).
L'unificazione della Mesopotamia da parte di Hammurabi ha i suoi limiti, sia di tempo sia di estensione. Nel tempo l'unificazione ha durata brevissima: il successo arride ad Hammurabi solo alla fine del suo regno, e sotto i suoi successori comincerà ben presto il processo di disgregazione. Quanto all'estensione, gran parte dei territori che Hammurabi aveva conquistato rimasero fuori dalla possibilità concreta di gestione. L'unificazione infatti riguarda solo il vecchio paese di Sumer e di Akkad, e coincide in maniera significativa col territorio che all'epoca della III dinastia di Ur aveva costituito il «paese interno», tra il muro anti-Martu e la costa del Golfo. Ma l'unificazione di Hammurabi fu molto importante perché rappresentò un passo decisivo nella storia politica della Mesopotamia: da allora in poi, le minacce alla stabilità politica giungeranno solo da potenze esterne e non più da altre città dell'alluvio. Questa stabilizzazione infatti si accompagnò alla scomparsa della vita politica di gran parte delle città del sud come Ur, Uruk, Larsa, Isin, Nippur che divennero semplici capoluoghi provinciali del regno di Babilonia.
Come si è già detto, il regno costituito da Hammurabi ebbe grandi limiti di tempo. Infatti già il suo successore Samsu-iluna, fin dai suoi primi anni di regno dovette respingere un attacco dei Cassiti, un bellicoso popolo delle montagne orientali che sarebbe successivamente prevalso in Mesopotamia, e guardarsi dall'affermarsi della I dinastia del «Paese del Mare», cioè l'estremo sud mesopotamico, di cui conosciamo ben poco, sotto Iluma-ilum.
Saranno proprio questi due pericoli a ridurre definitivamente a modeste dimensioni lo stato babilonese sotto gli ultimi successori di Hammurabi. Di essi ben poco si sa, se si fa eccezione per una guerra contro il Paese del Mare condotta da Ammi-ditana e per qualche importante provvedimento di politica interna da parte di Ammi-saduqa.
La I dinastia di Babilonia crollò, in un periodo di scarsissima documentazione per noi assai oscuro, per la sua estrema debolezza, a seguito di una enigmatica incursione, peraltro senza seguito, del re hittita Murshili I poco dopo il 1600, al tempo del re Samsu-ditana. Del vuoto lasciato dalla spedizione degli Hittiti che si ritrassero rapidamente e inaspettatamente come erano venuti, ne approfittarono i Cassiti. Non sappiamo come sia avvenuta la loro presa di potere in Babilonia, verosimilmente per un violento colpo di mano di carattere militare. Le liste reali hanno trasmesso una lunga sequenza dinastica, che inizia, come visto, con un Gindash e un Agum I da collocarsi probabilmente al tempo di Samsu-iluna (in connessione cioè con la prima menzione di un esercito cassita) e che terminerà ben quattrocento anni dopo; resta ignoto il re che per primo, approfittando della crisi babilonese dopo l'incursione hittita, riuscì a salire sul trono di Babilonia.
L'opera che più di ogni altra ha contribuito ad elevare il nome di Hammurabi tra quello degli altri sovrani e a conferirgli splendore e fama è la redazione di un codice di leggi che si è conservato sia su un gran numero di tavolette in argilla provenienti da Ninive sia su una stele in diorite rinvenuta a Susa dove fu portata alla fine del II millennio dal re elamita Shutruk-Nakhunte. Questo gesto non fu compiuto negli interessi della stessa stele, piuttosto si sperava di indebolire il nemico attraverso la magia: con la stele dovevano essere portati nell'Elam il periodo di massimo splendore e il potere di Babilonia, di cui la città aveva goduto sotto Hammurabi. E certamente il re elamita in questa maniera voleva incrementare il proprio prestigio; altri monumenti babilonesi, scoperti dopo tre millenni nella sua capitale, dovevano testimoniare il suo successo: due monumenti dei re accadici Manishtusu e Naram-Sin e uno di Melishipak, che aveva regnato a Babilonia tra gli anni 1188 e 1174. Tutti e tre i monumenti hanno subìto dei martellamenti nelle loro iscrizioni; in quei punti il re elamita fece inserire l'iscrizione celebrativa della sua vittoria da cui risulta che Shutruk-Nakhunte aveva portato questi monumenti provenienti dalla settentrionale città di Sippar a Susa. Anche la stele di Hammurabi ha tracce di questo «martellamento»; ma per una ragione a noi sconosciuta l'incisione dell'iscrizione del sovrano elamita non fu eseguita. Per questo motivo motivo non è certo che sia stata trafugata da questo sovrano ed è poco chiaro dove essa fosse posta originariamente. Non si può comunque escludere che si trovasse a Sippar, la località preferita da Hammurabi (che durante i suoi ultimi anni funse sempre più spesso da residenza) e sede del dio della giustizia Shamash, rappresentato sulla parte superiore della stele mentre detta le leggi ad Hammurabi, suo rappresentante terreno.
Il testo della stele si compone chiaramente di tre grandi sezioni: in primo luogo il prologo, poi le leggi vere e proprie e infine l'epilogo.
Il prologo, che contiene i tratti tipici di un'opera letteraria, presenta il sovrano come chiamato dagli dèi per imporre ed affermare la giustizia divina sulla terra e ricorda anche alcune sue vittorie che ci consentono di datare il testo ad epoca posteriore al 38° anno del suo regno.
L'epilogo, che come il prologo trova i suoi prototipi nella più antica letteratura mesopotamica, presenta Hammurabi come colui che garantisce l'equilibrio economico, politico e sociale del suo regno e come colui che intende stabilire nel nel Paese il diritto dei deboli, delle vedove, degli orfani e di coloro che sono privati dei loro diritti.
Le leggi vere e proprie vengono suddivise, a seconda dell'argomento, in 282 «paragrafi», alcuni dei quali sono stati danneggiati dal suddetto «martellamento» del re Shutruk-Nakhunte ma che si possono ricostruire grazie alle copie su tavolette d'argilla. Da queste si possono ricavare ampie e precise informazioni non solo sul diritto, ma anche sulla società babilonese, sulle classi sociali in cui essa era divisa e sul funzionamento della giustizia.
Sappiamo, ad esempio, che la società babilonese era suddivisa in tre classi: la prima era quella degli awilum (uomini liberi), la seconda era quella dei mushkenum (dipendenti regi) e la terza quella dei wardum (schiavi). Quest'ultima categoria non presenta problemi: schiavi sono ampiamente documentati attraverso tutta la storia mesopotamica, e sonocaratterizzati per «appartenere» ad un'altra persona che ha su di essi diritto quasi assoluto. Gli schiavi sono originariamente acquisiti come preda bellica, o anche per acquisto da paesi stranieri; mentre i concittadini non possono essere fatti schiavi ma solo asserviti (per debiti) per periodi anche lunghi ma senza che si perda la nozione del loro status originario. La distinzione tra awilum e mushkenum è meno semplice (e ha dato luogo a varie interpretazioni e a veri e propri equivoci). I «liberi» hanno una loro autonomia economica – siano essi liberi proprietari terrieri in senso tradizionale, ovvero alti o medi funzionari palatini e templari che hanno ormai acquisito stabilmente terre e prebende derivate dal loro servizio. In posizione diversa sono le categorie che il codice sintetizza sotto la dicitura di mushkenum, che dipendono dallo Stato per il loro sostentamento, e che sono dunque «semi-liberi», non certo in senso giuridico (come si è spesso frainteso) ma piuttosto in senso economico, in quanto non detentori di mezzi di produzione. Dalla casistica del codice (e da altri documenti dell'epoca) emerge un loro minore prestigio rispetto ai «liberi», e un loro legame di protezione e subordinazione rispetto al re.
Come era solito nell'antichità, le regole di quello che noi chiameremo diritto penale era diverse a seconda che a commettere un crimine fosse uno schiavo o un uomo libero o semi-libero. La legge del taglione, ad esempio, era autorizzata solo tra appartenenti alla stessa classe. In base ad essa chi subiva un'offesa poteva poteva restituire all'offensore un male uguale a quello subito («occhio per occhio, dente per dente»): ma, ad esempio, qualora una persona appartenente al ceto inferiore (mushkenum) fosse stata privata di un occhio da un nobile (awilum), non poteva reagire accecando un occhio dell'offensore, come avrebbe fatto un altro nobile. In questo caso il colpevole veniva punito solamente con una multa in denaro. Ancora diverso era il caso in cui un nobile accecava un occhio di uno schiavo (wardum): l'offeso non era lo schiavo, bensì il suo padrone, che vedeva diminuito il valore del suo patrimonio. La sanzione pertanto consisteva in una pena pecunaria versata al padrone, pari a metà del valore dello schiavo.
Accanto alle norme relative alle diverse ipotesi delittuose, il Codice di Hammurabi conteneva anche regole in materia di diritto commerciale, diritto di proprietà e diritto di famiglia. Ad esempio il codice segna la definitiva consacrazione dello spazio che hanno ormai conquistato nella vita economica del paese le tendenze alla privatizzazione, e conseguentemente della necessità di regolamentare nella forma e nelle spettanze i vari tipi di affitto, di lavoro salariato, di noleggio e così via. Ben inteso, il codice non introduce niente di nuovo, non fa che registrare le consuetudini correnti, congelando «in norma» le tariffe abitualmente praticate, ma dando loro un avallo regio che avrà avuto il suo valore per contendenti e giudici. In materia di diritto di famiglia, dal codice risulta che venivano tutelati gli interessi di coloro che erano sottoposti al capofamiglia: la moglie ripudiata per sterilità, ad esempio, aveva diritto alla restituzione della dote; la ripudiata malata aveva diritto ad essere mantenuta dall'ex marito finché viveva, anche se questi si era risposato. Quanto ai figli, potevano essere diseredati solo per gravi colpe, oppure se erano recidivi (cioè avevano già commesso altre colpe in precedenza). Infine, anche se esisteva una rigorosa distinzione tra i figli legittimi e illegittimi (vigente sono solo nell'antichità, ma anche in età moderna sino a non molti anni or sono), il padre naturale poteva riconoscere il figlio illegittimo avuto da una schiava, dichiarando prima di morire che questi era suo figlio. In questo caso il figlio illegittimo divideva con i figli legittimi l'eredità paterna.
Sotto alcuni aspetti, quindi, le leggi di Hammurabi erano molto avanzate, sotto altri, invece, posssono apparire crudeli e ingiuste. Con riferimento ai crimini, esse non attribuivano alcuna rilevanza all'intenzione di chi li commetteva, e pertanto punivano con la stessa pena chi aveva ucciso volotariamente e chi involontariamente. Ad esempio, chi aveva costruito una casa che era successivamente crollata provocando la morte dell'abitatore veniva ucciso come se avesse causato quella morte volontariamente. E se nel crollo era morto il figlio dell'abitatore, la legge voleva che venisse ucciso il figlio del costruttore. Il diritto criminale dell'epoca, in altre parole, applicava la legge del taglione senza applicare il principio della responsabilità personale. Ma questo principio, per noi fondamentale, così come quello per cui si risponde solo degli atti voluti, fu una conquista di lunghi secoli di riflessione e di civiltà del diritto.