3. Paleolitico Arcaico Africa
Homo habilis
Homo habilis
Gli insediamenti di Homo habilis furono spesso collocati presso i laghi o in radure di foreste riparie, lungo i corsi d'acqua. Sono state riconosciute alcune superfici con strutture evidenti: Olduvai in Tanzania, Melka Konturé in Etiopia, Koobi Fora nel Kenya, che sembrano attribuibili a frequentazioni temporanee stagionali. Queste superfici sono formate da pietre di riporto (sempre da brevi distanze) tra le quali si trovano manufatti litici e ossa di mammiferi; nei siti più antichi (anteriori a 1,5 Ma) la disposizione dei reperti di solito non consente di riconoscere aree deputate ad attività differenti. Tuttavia due siti, Olduvai e Melka Konturé, mostrano un'organizzazione dell'abitato. Nel sito DK1 di Olduvai, datato oltre 1,7 Ma, gli scavi hanno messo in luce una superficie con manufatti litici e ossa di mammiferi (presso la quale si trova anche un cranio di Homo habilis), comprendente un cerchio del diametro di 4-5 m, formato da pietre basaltiche di riporto (fig. 3), che M.D. Leakey (1971) ha interpretato come la base di una struttura in legno, probabilmente un ricovero fatto di frasche; tuttavia alcuni studiosi ritengono che la concentrazione di pietre sia dovuta a cause naturali (radici di un albero). Nel sito Gomboré 1B di Melka Konturé, datato attorno a 1,6 Ma, all'interno di una superficie di pietre di riporto (tra le quali alcune più grandi di forma parallelepipeda potrebbero essere state usate come sedili) con manufatti e ossa, si trovava un'area di una decina di mq priva di ciottoli, che mostrava lungo il margine piccoli cerchi di pietre, interpretati da J. Chavaillon (1974) come un sistema di bloccaggio di paletti conficcati nel terreno per sostenere una struttura in legno.
Nei siti, come detto, sono state trovate ossa di mammiferi frequentatori della savana o delle steppe arborate (come elefanti, rinoceronti, bovidi, equidi, suidi) o di ambiente rivierasco (ippopotami, coccodrilli). Solo in alcuni casi (Olduvai) i resti faunistici sono stati studiati a fondo, determinando oltre che le specie anche le porzioni anatomiche di provenienza delle ossa, l'età e il sesso, ed esaminando le tracce lasciate sulle superfici ossee dall'intervento dei carnivori, dei roditori e dell'uomo, nell'intento di comprendere come Homo habilis si sia procurato la carne. A questo riguardo molti problemi sono ancora aperti, in quanto i resti finora esaminati mostrano sia azioni antropiche sia azioni di carnivori, la cui presenza nei siti frequentati da Homo habilis è dimostrata anche dal ritrovamento di coproliti. Non siamo dunque in grado di affermare se Homo habilis si sia procurato la carne rovistando tra i resti delle prede dei carnivori già sfruttate (sciacallaggio), oppure mediante la caccia.
Secondo G. Isaac (1977) i comportamenti di habilis consistono essenzialmente nella raccolta e nella conservazione dei cibi, nella consumazione della carne ricavata da animali trovati già morti e forse anche cacciati, nella raccolta di vegetali, nell'organizzazione di campi stagionali, nell'utilizzazione di strumenti fabbricati intenzionalmente, soprattutto per la scarnificazione delle carcasse animali.
Gli studiosi non sono concordi nel riconoscere gli artefici dei più antichi manufatti di pietra: se cioè l'attività strumentale sia esclusiva di Homo habilis (così chiamato perché nello strato I di Olduvai furono raccolti, oltre ai primi resti scheletrici attribuiti al genere Homo, anche manufatti di pietra di cui fu ritenuto l'artefice) oppure sia stata appannaggio anche di altri ominidi, soprattutto delle forme robuste di australopiteco (parantropi). In effetti lo strato inferiore di Olduvai ha dato, oltre a manufatti litici, resti sia di Homo habilis sia di Paranthropus boisei (fig. 2). La seconda ipotesi pare meno probabile per vari motivi: la relativa uniformità della tradizione tecnologica dell'Olduvaiano, l'evoluzione dell'Olduvaiano, nella quale non sono distinguibili linee divergenti; l'ampiamente dimostrata associazione tra forme umane derivate da Homo habilis (Homo erectus) e industrie litiche di derivazione olduvaiana (Acheuleano).
Le prime industrie sono ricavate esclusivamente dalla pietra, e provengono tutte dall'Africa orientale. Questa precisazione è necessaria, in quanto in passato si è parlato di manufatti su materie dure animali (industria osteodontocheratica) a proposito di reperti da alcune brecce ossifere dell'Africa meridionale, che hanno dato anche resti di ominidi: in realtà si tratta di pseudomanufatti, prodotti da eventi naturali postdeposizionali frequenti nei depositi delle cavità carsiche. Homo habilis ha utilizzato schegge d'osso (com'è dimostrato dall'esame microscopico delle superfici di alcuni reperti di Olduvai) ma non ha fabbricato strumenti di materie dure animali di forma determinata, i più antichi dei quali appartengono a età molto più recenti. Dobbiamo fare anche una seconda precisazione: nel caso delle più antiche industrie litiche, la cui lavorazione è molto semplice, occorre essere molto rigorosi nell'attribuire all'intervento antropico la morfologia degli oggetti, che in realtà potrebbero essere stati prodotti da cause naturali. Vari lavori, basati su sperimentazioni, hanno mostrato forme ingannevoli che ciottoli o schegge di selce prodotte da eventi naturali possono assumere. Vanno dunque controllate le segnalazioni di singoli reperti o anche di insiemi di reperti, soprattutto se molto antichi, la cui attribuzione cronologica costituisca un'eccezione rispetto a un quadro consolidato.
Le più antiche industrie litiche africane sono indicate col termine Olduvaiano (o Oldowano), derivato dal giacimento di Olduvai in Tanzania, nel quale sono ben rappresentate in più strati, e nel quale è possibile riconoscere un processo evolutivo da uno stadio antico a uno stadio recente. Nella loro fabbricazione furono utilizzate rocce locali: ossidiana, basalto, quarzite, diaspro, selce, lava, tufo. Benché i materiali litici utilizzati in un sito fossero quelli più facilmente procurabili, si riscontra una scelta intenzionale del materiale, correlata con gli strumenti che si volevano ottenere. Ad esempio negli strati I e II di Olduvai gli strumenti più pesanti (choppers) furono ricavate da pietre laviche, le schegge da quarzo.
L'associazione tipologica dell'Olduvaiano comprende due categorie: strumenti ricavati da ciottoli o da blocchi di materiale grezzo e schegge utilizzate senza una successiva elaborazione oppure ritoccate. I primi (fig. 12B) sono manufatti che mediamente hanno le dimensioni di una palla da tennis, e presentano un margine tagliente ricavato mediante una sequenza di stacchi adiacenti su una sola faccia (choppers) o su due facce (chopping tools). Se la forma del manufatto non è simmetrica, e gli stacchi occupano il lato più lungo, si parla di chopper laterale, se viceversa gli stacchi occupano il lato corto si parla di chopper distale. Vengono anche definiti scalpelli i choppers distali con tagliente molto corto, choppers doppi quelli con due taglienti opposti. Alla stessa categoria appartengono i poliedri, ricavati da blocchi mediante stacchi multidirezionali che hanno loro conferito la forma suggerita dal nome.
Gli stacchi coi quali sono stati elaborati ciottoli e blocchi di materiale grezzo hanno prodotto delle schegge; alcuni anzi hanno supposto che choppers, chopping tools, poliedri e simili non siano altro che nuclei, residui della produzione di schegge (tesi non condivisa dalla maggior parte degli studiosi). Probabilmente altre schegge sono state ricavate da nuclei appositamente confezionati, soprattutto quando il materiale era diverso. Le schegge sono state spesso utilizzate senza una ulteriore elaborazione: l'esame delle loro superfici ha riconosciuto tracce prodotte dal taglio della carne, dalla raschiatura di legni, dal taglio di erbe. Altre schegge sono state modificate mediante il ritocco, ricavandone forme classificate come grattatoi, becchi, bulini, raschiatoi, incavi, denticolati, che tuttavia non presentano la standardizzazione che caratterizza le industrie litiche più recenti. Nel quadro generale di questa composizione tipologica, gli insiemi litici olduvaiani mostrano una sensibile variabilità da sito a sito nelle frequenze percentuali delle categorie di strumenti non correlata con la posizione cronologica.
L'Olduvaiano copre un intervallo cronologico di 0,5-1 Ma. Alla fase più antica succede una fase più evoluta riconosciuta in vari giacimenti (Olduvai, parte inferiore dello strato II; Gomboré IB; Gadeb 2B e C; Ubeidiya; Garba IV C e D). Questa fase è caratterizzata da choppers evoluti, che preannunciano i bifacciali e gli hachereaux (fendenti) dell'Acheuleano. Su questa base tipologica gran parte degli studiosi sostiene la derivazione dell'Acheuleano dell'Africa dall'Olduvaiano, tesi rafforzata dal ritrovamento di giacimenti dell'Africa orientale, nei quali è documentata la sequenza Olduvaiano-Acheuleano (Olduvai, Ubeidiya, Gadeb, Melka Konturé, Chesowanja), con una fase di transizione in cui protobifacciali, bifacciali e hachereaux si affermano a carico dei choppers. In favore della tesi della transizione pare significativa l'incertezza dimostrata dagli stessi autori nell'attribuire a uno dei due complessi le industrie di transizione e conseguentemente nell'individuare il limite cronologico tra Olduvaiano e Acheuleano: J. Chavaillon lo pone attorno a 1 Ma; altri autori attorno a 0,7 Ma. Contro la tesi della transizione, M.D. Leakey sostiene che l'Acheuleano dell'Africa orientale sia molto più antico di quanto non riconoscono gli altri autori (oltre 1,5 Ma) e che si sia evoluto parallelamente all'Olduvaiano.