L'Aurignaziano, come abbiamo detto nella parte generale, è una cultura complessivamente unitaria, che interessa la quasi totalità dell'area europea, dalla Penisola Iberica alla Polonia, alla Moldavia e all'Ucraina. È inutile pertanto illustrare l'Aurignaziano italiano in senso generale, nella elencazione dei vari tipi caratterizzanti, essendo quest'ultimi, in grandissima maggioranza, comuni ad altre regioni europee.
Quello che invece è importante notare, è come l'Aurignaziano italiano si presenti come un insieme di filoni che hanno avuto una loro storia particolare e parallela, e che hanno sviluppato caratteristiche proprie pur mantenendo quei tratti tipici dell'Aurignaziano europeo.
I filoni che vengono rilevati sono i seguenti: a) Aurignaziano a dorsi marginali; b) Aurignaziano a punte ossee; c) Aurignaziano di tradizione uluzziana o uluzzo-aurignaziana.
Il filone a dorsi marginali è caratterizzato dalla presenza delle lamelle Dufour (lamelle a dorso marginale, prevalentemente alterno o inverso), da una forte incidenza di bulini carenati, da uno sviluppo moderato di grattatoi carenati e dall'assenza di punte in osso. I siti di riferimento sono il Riparo Mochi-str. G, la Grotta di Castelcivita, il sito di Serino e il Riparo Tagliente-livelli 25a-c.
Il filone a punte ossee è caratterizzato dall'assenza di lamelle Dufour, dalla rarità dei bulini carenati, da un alto indice di grattatoi carenati e dalla presenza di punte ossee di varia forma. I siti di riferimento sono il Riparo Mochi-strr. F-E e la grotta del Fossellone-str. 21.
L'Uluzzo-Aurignaziano è caratterizzato dalla compresenza di tipologie e strutture litiche sia uluzziane che aurignaziane.
> Aurignaziano a dorsi marginali (Riparo Mochi); > Aurignaziano italico a lamelle Dufour (Grotta di Castelcivita); > Aurignaziano antico (Grotta del Fossellone); > Manufatti su materie dure animali dell'Aurignaziano di Fumane
Il Gravettiano in Italia appare diffuso su un'area piuttosto ampia – sebbene minore rispetto a quella dell'Aurignaziano – che dalla Liguria si estende fino al Sud della Campania, sul versante tirrenico, e dal Veneto fino alla Puglia, su quello adriatico-jonico.
Relativamente unitario nella sua fase più antica (a punte a dorso o «indifferenziata»), successivamente il Gravettiano italiano, a partire da un suo stadio più evoluto, e fino alla conclusione del suo ciclo, sembra assumere aspetti diversi a seconda della sua posizione, ad est e ad ovest della catena degli Appennini. Esso infatti, sul versante tirrenico è caratterizzato dallo sviluppo dei bulini di Noailles, mentre in Puglia accoglie dapprima qualche rara punta de La Font Robert, poi una notevole quantità di dorsi troncati. Anche gli esiti finali appaiono differenziati geograficamente: a nord-ovest con aspetti impoveriti del ceppo a Noailles; a sud-est con insiemi a punte a dorso angolari.
La complessità delle linee evolutive del Gravettiano italiano ci obbliga come già per l'Aurignaziano, ad illustrare separatamente i diversi ceppi.
In Italia possiamo distinguere un Gravettiano antico, un Gravettiano evoluto e un Gravettiano finale per le affinità con le rispettive facies del Gravettiano occidentale.
Al Gravettiano antico è da riferirsi il più antico aspetto gravettiano finora noto in Italia, il cosiddetto Gravettiano a punte a dorso o indifferenziato. Il principale carattere di questo tipo di Gravettiano è infatti quello di essere caratterizzato da una buona quantità di punte a dorso con alta frequenza di microgravettes, e di non possedere elementi troppo specializzati. Sono presenti anche alcune punte a dorso e cran adiacente e in numero assai ridotto lamelle a dorso e troncatura. I bulini e i grattatoi sono in percentuali piuttosto basse, con leggera prevalenza dei primi.
Questo aspetto del Gravettiano, documentato al Riparo Mochi-str. D inferiore, alla Grotta della Cala-str. Beta I-II, alla Grotta della Calandra-str. B inferiore, alla Grotta Paglicci-str. 22, presenta delle difficoltà di attribuzione cronologica anche se vari dati suggeriscono una contemporaneità col Gravettiano antico occidentale.
> Gravettiano indifferenziato a punte a dorso (Grotta Paglicci -strato 22)
Alla relativa omogeneità del Gravettiano a punte a dorso seguono insiemi di diversa collocazione geografica caratterizzati dalla comparsa di strumenti speciali o dallo sviluppo di alcuni gruppi tipologici.
Relativamente al Gravettiano evoluto lungo il versante tirrenico, dalla Liguria alla Campania, si sviluppa un Gravettiano a bulini di Noailles, attestato al Riparo Mochi-str. D e F, nella stazione all'aperto di Laterina (Arezzo), a Bilancino (Basso Mugello) che sembra essere stata un'officina specializzata nella realizzazione di bulini di Noailles, alla Grotta della Cala-str. Q, e alla Grotta della Calanca-str. A. È caratterizzato da una decisa predominanza dei bulini sui grattatoi, con prevalenza dei bulini su ritocco, tra cui sono frequenti i Noailles e nei depositi della Campania soprattutto i paranoailles, di taglia e morfologia analoghe a quelle dei Noailles, ma sprovvisti della caratteristica tacca d'arresto; gli erti differenziati hanno un incidenza moderata, ma rari sono i dorsi troncati; il substrato presenta una maggiore incidenza nei complessi comparsi soprattutto nei momenti finali, con generale prevalenza delle lame ritoccate.
> Gravettiano a bulini di Noailles (Riparo Mochi – livello D);
Le industrie del Riparo Mochi e di Laterina, in cui è da rilevare un notevole sviluppo dei bulini di Noailles, rivelano affinità tipologiche e strutturali con la facies evoluta dell'Europa occidentale. È stata quindi avanzata l'ipotesi di una provenienza del Gravettiano a bulini di Noailles dalla Francia attraverso la Liguria, che sembra essere avvalorata anche da altri siti toscani e laziali dove compaiono i tipici bulini: Massaciuccoli (Lucca), valle del Merse (Siena), Grotta di Golino (Talamone), Castel Malnome presso Roma e Riparo Blanc (livelli inferiori) nel Circeo. Questi caratteri tipici sembrano attenuarsi nell'area meridionale dove, come abbiamo visto i Noailles sono rari o anche assenti, sostituiti dai paranoailles. Questo fatto è spiegabile però con la maggiore lontananza dal luogo di origine (Francia appunto).
Alla Grotta della Cala sono state ottenute tre datazioni intorno ai 27.000 anni, ma non sembrano del tutto affidabili avendo un margine d'errore molto elevato.
Sul versante opposto, dallo strato 21 della Grotta Paglicci proviene un'industria definita come Gravettiano a (rare) punte di La Font-Robert, strutturalmente non molto diversa da quella dello strato sottostante, da cui appare però differenziata soprattutto per lo sviluppo dei bulini su ritocco e per la presenza di una punta di La Font Robert, tipo caratteristico del Gravettiano evoluto occidentale. Sebbene si tratti di un unico esemplare, il suo significato culturale (influenza dall'area europea occidentale) non va sottovalutato, in un'area periferica quale il Sud dell'Italia, dove certi aspetti tipologici – lo si è visto in Campania, per quanto concerne i bulini di Noailles – subiscono impoverimenti estremamente marcati, pur restando indicativi dei relativi filoni di origine.
> Grotta Paglicci - strato 21, Gravettiano a rare punte de La Font Robert
Negli strati 20-19b, sempre di Grotta Paglicci, è documentato un Gravettiano a dorsi troncati. La struttura dell'industria è diversa da quelli degli strati precedenti: i grattatoi predominano sui bulini, gli strumenti a dorso, oltre ai dorsi troncati in progressivo aumento comprendono le solite microgravettes e pezzi molto vicini alle classiche punte di La Gravette.
Le date ottenute al 14C per gli strati 21-19b, sono comprese tra 24.720 + 420 (str. 21d) e 21.260 + 340 b.p. (str. 20b).
Sempre in Puglia dallo strato B della Grotta delle Veneri presso Parabita proviene un'industria che trova analogie in quella a dorsi troncati dei livelli medi dello strato 20 di Paglicci.
> Grotta Paglicci - strato 20 Gravettiano a dorsi e troncature
Per il Gravettiano finale si rilevano differenziazioni tra il versante tirrenico settentrionale e quello adriatico meridionale.
In Liguria alla Grotta dei Fanciulli a Grimaldi (str. G e forse anche il sottostante strato H) e in Toscana nella stazione all'aperto di Monte Longo (Arezzo) è attestato un Gravettiano finale a rari bulini di Noailles che sembra costituire la conclusione del locale filone a bulini di Noailles. La sua struttura è caratterizzata da un forte sviluppo dei bulini e anche dei grattatoi, scarsa incidenza degli strumenti a dorso, comparsa di qualche punta a faccia piana di tipo solutreano, substrato abbondante con predominanza di lame ritoccate. I pochi bulini di Noailles sono di dimensione maggiore rispetto alla fase precedente.
Nell'Italia sud-orientale, nella Grotta Paglicci-strr. 19a e 18b è stato riconosciuto un Gravettiano finale a punte a dorso angolare. L'industria è caratterizzata da dimensioni generalmente più ridotte rispetto alla fase precedente, scarsa incidenza di bulini e grattatoi, questi ultimi leggermente prevalenti, notevole quantità di strumenti a dorso soprattutto microlitici; particolari sono le punte a dorso angolare o ricurvo, con forme che talora si avvicinano ai geometrici. Da rilevare la comparsa di alcuni, pur rari, pezzi foliati.
Questa facies, che sembra derivare dal precedente Gravettiano evoluto a dorsi troncati, è datata a 20.730 + 290, 20.200 + 305, 20.160 + 160 b.p.
Le corrispondenze che si possono trovare tra le facies italiane e quelle occidentali nell'ambito dell'Aurignaziano e del Gravettiano s'interrompono con la comparsa nell'Europa occidentale del Solutreano e del Maddaleniano che non penetrano nella Penisola, dove vengono chiamati complessivamente Epigravettiano italico i complessi successivi al Gravettiano, da cui si originano e di cui costituiscono una evoluzione, presentando la stessa tipologia di strumenti e armature, tra i quali tuttavia compare qualche elemento alloctono.
La diffusione dell'Epigravettiano italico però non comprende solo la penisola italiana, ma anche la Provenza e la zona del Carso: una vasta area che viene definita «provincia» culturale mediterranea o epigravettiana e che ha dato vita ad espressioni culturali originali, che solo in parte partecipavano di quanto avveniva oltralpe. Un tale isolamento è probabilmente da imputarsi all'acme glaciale che tra 23 e 20.000 anni fa portò all'espansione dei ghiacciai alpini, con le inevitabili difficoltà di transito da e verso l'Europa continentale.
In base a dati stratigrafici, tipologici e strutturali G. Laplace (1964) ha proposto una suddivisione dell'Epigravettiano italico in antico (19-17.000 b.p.), evoluto (16-14.000 b.p.) e finale (13-10.000 b.p.).
Nell'Epigravettiano antico sono state distinte due fasi, una caratterizzata da strumenti foliati, l'altra da elementi a cran.
Nella prima fase si può ancora distinguere un momento iniziale e uno caratterizzato dallo sviluppo dei foliati.
L'Epigravettiano antico iniziale è conosciuto sia sul versante tirrenico, in Liguria e in Toscana (Riparo Mochi-str. C, stazioni all'aperto di Aia del Colle presso Pisa e di Gavorrano nel Grossetano), sia in Puglia (Grotta Paglicci-str. 18a e probabilmente anche Grotta delle Veneri presso Parabita-str. A1.
Tale orizzonte appare come una fase evolutiva del Gravettiano finale, in particolare dell'area alto-tirrenica, presentando un'analoga struttura delle industrie. Di grande formato, presentano infatti abbondanza di bulini e di grattatoi, con leggera prevalenza dei primi, scarsa incidenza delle punte e lame a dorso, raramente microlitiche, presenza di foliati, soprattutto di punte a faccia piana, substrato in alta percentuale. Le uniche differenze con il Gravettiano finale consistono nella scomparsa dei bulini di Noailles e in una maggiore incidenza dei foliati, rappresentati da punte a faccia piana e anche da raschiatoi e troncature foliate. Dunque il confine fra Epigravettiano antico e Gravettiano finale alto e medio-tirrenico è molto sfumato.
Lo stadio successivo è quello dell'Epigravettiano antico a foliati, ben rappresentato in Puglia (Grotta Paglicci-str. 17, Grotta delle Veneri di Parabita-str. A) e conosciuto sulla costa tirrenica in Liguria (Caverna delle Arene Candide-focolari 6-4)e probabilmente anche in Lazio e in Campania. Da rilevare la presenza di un'industria analoga anche a Covoli di Trene sui Monti Berici.
Questa fase è caratterizzata soprattutto dallo sviluppo dei pezzi foliati che, pur in percentuali non rilevanti, presentano una maggiore varietà tipologica rispetto alla fase precedente: alle punte a faccia piana, déjetées o diritte, alle troncature e ai raschiatoi foliati, si aggiungono grattatoi ogivali e punte a cran ottenute con ritocco erto; di rilievo la presenza a Covoli di Trene di un foliato bifacciale, l'unica foglia di lauro finora comparsa in Italia.
La struttura delle industrie varia nelle diverse aree; in Puglia la percentuale dei foliati è più alta, sul versante tirrenico è più bassa. Tuttavia la presenza su entrambi i versanti di elementi a cran nell'ambito dei dorsi ricollega questa fase all'orizzonte successivo.
La seconda fase dell'Epigravettiano antico, definite Epigravettiano antico a pezzi a cran, è caratterizzata dallo sviluppo di elementi a cran in concomitanza con la rarefazione o anche la scomparsa dei foliati.
La serie più completa proviene dagli strati 16-10 di Grotta Paglicci in cui sono stati distinti tre orizzonti: uno inferiore (strr. 16-15) con forte incidenza dei crans; uno medio (strr. 14-12) con rarefazione dei crans; uno stadio finale (strr. 11-10) con indice debole dei crans e notevole sviluppo del substrato.
Un'industria con forte incidenza dei crans che trova corrispondenza negli strati 16-15 di Paglicci è attestata anche in Abruzzo al Riparo Maurizio-strr. 14-12. Una più bassa percentuale di crans, analogamente agli strati 14-12 di Paglicci, compare nell'industria di Ponte di Pietra presso Ancona, dove compaiono anche alcune punte foliate a faccia piana. Sempre sul versante orientale italiano un'industria ricollegabile ala fase a crans è comparsa in Veneto, nella Grotta di Piana sui Colli Berici.
Sull'opposto versante occidentale l'Epigravettiano antico a crans è attestato, ma non rivela il carattere di forte specializzazione con cui appare nel sud-est.
In Liguria è documentato nel focolari 3-1 delle Arene Candide, con una struttura che trova analogie nello strato 16 di Paglicci pur con un numero inferiore di crans, e, in un momento terminale, nel focolare F della Grotta dei Fanciulli, con scarsità di dorsi e forte incidenza del substrato come negli strati 11-10 di Paglicci.
In Toscana da Poggio alla Malva (Firenze) proviene un'industria che trova analogie in quella di Grotta dei Fanciulli, ma con un indice dei crans estremamente debole.
Segnalazioni provengono anche dal Lazio, dalla Calabria e dalla Sicilia.
> Epigravettiano italico antico (Grotta di Paina e Grotta Paglicci)
L'Epigravettiano evoluto appare in continuità con l'orizzonte precedente; non presenta caratteri specifici e nei momenti iniziali, sia nella tipologia che nella struttura, è ancora simile all'Epigravettiano antico, mentre in una fase più avanzata sembra anticipare l'Epigravettiano finale.
In generale comunque le industrie appaiono di formato più ridotto rispetto all'Epigravettiano antico e talora di fattura più scadente. Nei momenti iniziali persistono ancora i crans, seppure in debole incidenza; i bulini sono numerosi, soprattutto i tipi semplici e su frattura; tra i grattatoi sono prevalenti i frontali lunghi (Riparo C delle Cipolliane-str. 3, Grotta della Cala-strr. N1-M). Verso la fine del ciclo evolutivo aumenta progressivamente la quantità dei grattatoi fino a superare il numero dei bulini, con frequenza dei tipi frontali corti (Riparo C delle Cipolliane-str. 3, Grotta della Cala-strr. N1-M, Paglicci-strr. 9-8, Grotta dei Fanciulli-focolari E-C3) ; i dorsi registrano un progressivo aumento (Riparo C delle Cipolliane-str. 3, Grotta della Cala-strr. N1-M, Grotta dei Fanciulli-focolari E-C3) e in alcune aree sono documentati anche i geometrici, soprattutto triangoli (Grotta della Cala-strr. N1-M, Grotta dei Fanciulli-focolari E-C3). Da rilevare la comparsa di tipi speciali, quali i grattatoi a fronte obliquo, o con uno dei due margini erto (detti «a scarpata»), che diventeranno frequenti nell'Epigravettiano finale (Paglicci-strr. 9-8, Grotta dei Fanciulli-focolari E-C3).
Durante l'Epigravettiano finale si sviluppano nella penisola italiana complessi a diffusione regionale che si differenziano notevolmente, pur presentando elementi in comune.
Tra i caratteri generali si possono rilevare: l'aumento dei grattatoi, in particolare delle forme frontali corte con lo sviluppo in determinate aree, soprattutto verso i momenti finali, di tipi unguiformi, semicircolari e circolari; il regresso quantitativo e qualitativo dei bulini; la frequenza di punte a dorso ricurvo; la diminuzione di gravettes e microgravettes; lo sviluppo dei dorsi troncati e, talvolta, anche dei geometrici (segmenti, triangoli e rari trapezi); la diffusione, pur moderata, della tecnica del microbulino. Si registra anche una generale tendenza al microlitismo ed una minore laminarità.
Relativamente alla diversificazione regionale, sono state individuate cinque grandi aree: il medio e alto Adriatico, il basso Adriatico-Jonio, l'alto Tirreno, il medio e basso Tirreno, la Sicilia.
L'area del medio e alto Adriatico (siti di riferimento: Riparo Tagliente-str. 5 e Piancavallo) è caratterizzata da un forte sviluppo dei dorsi troncati e dei geometrici (soprattutto triangoli) di dimensioni ipermicrolitiche.
Nel basso Adriatico-Jonio dobbiamo distinguere due sottofacies: la prima facies (sito di riferimento: Grotta Paglicci-strr. 1-7) sembra derivare dal substrato locale a dorsi troncati di cui registra un notevole incremento, mentre i geometrici sono in bassissima percentuale; la seconda facies detta «romanelliana» da Grotta Romanelli, ma attestata anche a Grotta del Cavallo-str. B e al Riparo C delle Cipolliane-str. 1, è caratterizzata da uno sviluppo particolaredei grattatoi unguiformi, circolari e subcircolari di ridotte dimensioni.
Sul versante alto-tirrenico (siti di riferimento: Riparo Mochi-str. A, Grotta dei Fanciulli-str. D-C) l'Epigravettiano finale appare caratterizzato da grattatoi frontali corti, da una forte incidenza di dorsi e dorsi troncati e da un forte sviluppo dei geometrici tra cui predominano i triangoli isosceli e scaleni. Compaiono anche alcuni grattatoi circolari. Analogamente all'area sud-orientale possiamo distinguere una facies di tipo romanelliano caratterizzata da una forte presenza di grattatoi circolari, subcircolari e unguiformi di dimensioni ipermicrolitiche (Arma dello Stefanin-strr. V-IV, Arma di Nasino-strr. XIII-XI).
L'Epigravettiano finale del versante medio e basso tirrenico è caratterizzato da un buon numero di grattatoi frontali corti; da indici deboli di grattatoi circolari; notevole quantità di punte e lame a dorso, con frequenza di forme incurvate; aumento dei dorsi troncati; maggior frequenza nella fase iniziale dei geometrici che progressivamente diminuiscono fino a scomparire. Il sito di riferimento è la Grotta della Cala-strr. L-G (Salerno).
In Sicilia abbiamo una prima fase caratteristica per le punte a dorso incurvato di dimensioni molto grandi, e per una buona incidenza dei geometrici. Successivamente si assiste alla scomparsa dei geometrici, ad una tendenza verso dimensioni maggiori e ad uno scadimento tecnologico.
> Epigravettiano italico recente (Riparo Tagliente)