In Europa viene generalmente indicato come Paleolitico superiore il periodo che va dall'arrivo dell'uomo anatomicamente moderno (ca. 40.000 anni b.p.), alla fine dell'ultima glaciazione (10.000 anni b.p.). Mentre nell'Europa occidentale vivono ancora gli ultimi gruppi di Neandertaliani, popolazioni di Homo sapiens arrivano in Europa provenendo dal Medio Oriente. Questi primi sapiens, oggi riuniti sotto il termine di «uomo di Cro-Magnon» dal sito eponimo presso Les Eyzies in Dordogna, erano già in possesso di tecnologie di lavorazione della pietra più efficaci e di un bagaglio culturale e psichico più complesso rispetto ai Neandertaliani, che nel giro di pochi millenni si estingueranno.
Homo sapiens riuscirà in soli 4.000 anni circa a diffondersi in tutta Europa, muovendosi da est verso ovest: le zone orientali hanno infatti dato datazioni più antiche rispetto a quelle occidentali.
Come abbiamo già visto, le più recenti scoperte hanno dimostrato che i complessi di transizione tradizionalmente attribuiti all'inizio del Paleolitico superiore, quali il Castelperroniano e l'Uluzziano appaiono in continuità con gli ultimi aspetti del Musteriano, quindi sono ancora riferibili a gruppi neandertaliani di cui rappresentano le ultime manifestazioni culturali. In particolare, la scoperta a Saint-Césaire, nella Charente Maritime, di una sepoltura neandertaliana in un contesto sicuramente castelperroniano costituisce una delle prove più evidenti di tali teorie, in accordo anche con l'esame delle industrie litiche, per le quali sembra possibile stabilire un diretto collegamento con le tradizioni precedenti, come, ad esempio, tra il Castelperroniano e il Musteriano di tradizione acheuleana di tipo B. Le innovazioni apportate che troviamo in questi complessi sarebbero Invece da imputare all'influenza culturale esercitata dai sapiens sugli ultimi neandertaliani.
Ad Homo sapiens è decisamente riferibile l'Aurignaziano, nell'ambito del quale si verificano i più importanti cambiamenti culturali. È in effetti nell'ambito dell'Aurignaziano, prima cultura europea di Homo sapiens contemporanea ai complessi di transizione, che questi cambiamenti, che caratterizzano tutto il Paleolitico Superiore, che questi cambiamenti si fanno più complessi ed evidenti.
L'industria del Paleolitico superiore è caratterizzata dalla produzione sistematica di lame e lamelle, da cui vengono ricavati gli strumenti ritenuti caratteristici di questo nuovo stadio culturale (di cui parleremo in seguito). È proprio con l'Aurignaziano che lame e lamelle divengono il supporto nettamente predominante degli strumenti litici.
Altre importante innovazione culturale del Paleolitico superiore è la lavorazione sistematica dell'osso, dell'avorio e del corno ed è a partire dall'Aurignaziano che gli strumenti ottenuti con questi materiali assumono una forma ben definita.
Con l'Aurignaziano si fanno frequenti gli oggetti di ornamento; le strutture abitative documentano accampamenti organizzati costituiti da più raggruppamenti di capanne; anche le testimonianze funerarie risultano più complesse ed ormai innegabile appare la funzione di corredo degli oggetti posti vicino al defunti.
Di particolare rilievo è infine la comparsa nell'Aurignaziano dell'arte figurativa sotto forma di scultura a tutto tondo, di incisioni su blocchi o frammenti di pietra e di pitture eseguite sulle pareti delle grotte.
Tutte queste innovazioni (supporti laminari, lavorazione dell'osso, oggetti ornamentali, usanze funerarie ed incisioni) che compaiono con l'Aurignaziano e che poi saranno tipiche di tutto il Paleolitico superiore e anche oltre, le troviamo, in misura minore anche nell'ambito del Castelperroniano. Questo è probabilmente dovuto al fatto che gli ultimi Neandertaliani sono venuti in contatto con i primi Uomini moderni, che stavano diffondendosi in Europa, e ne hanno assimilato alcuni comportamenti. È attestata infatti la contemporaneità tra Sapiens e Neanderthalensis.
Dunque, da quanto detto, l'origine e la diffusione dell'Aurignaziano, cioè di questo grande fenomeno culturale che apporta in Europa queste importantissime novità, non sembra corrispondere né a processi di adattamento a nuove condizioni ambientali, né a stadi evolutivi di precedenti tradizioni locali.
Considerando la sua notevole omogeneità in quasi tutta Europa (a parte piccole varianti locali), sembra evidente un'origine comune; in altre parole Homo sapiens, prima di giungere in Europa, era già in possesso di questa bagaglio culturale (attestato anche nel Vicino Oriente, da dove egli è passato nella sua migrazione dall'Africa in Europa) e una volta arrivato in Europa, espandendosi l'ha diffuso su tutto Il continente.
All'Aurignaziano fanno seguito altre culture, Gravettiano, Epigravettiano, Solutreano, Maddaleniano, Aziliano (tutte caratterizzate da tipici strumenti litici) la cui origine è ancora ampiamente discussa.
Il Paleolitico superiore europeo si sviluppa nella parte recente dell'Interpleniglaciale würmiano, nel II Pleniglaciale e nel Tardiglaciale.
Nell'Interpleniglaciale le aree glacizzate erano un po' più grandi delle attuali, dal momento che nelle regioni montuose il limite delle nevi persistenti era un centinaio di metri più basso di quello odierno; le linee di costa si trovavano alcune decine di metri (secondo studi recenti circa 20 m) più in basso di quelle attuali. Tuttavia il clima era generalmente freddo e arido, con qualche fase moderatamente più temperata e umida. In queste condizioni territoriali e ambientali l'Uomo moderno si diffonde in tutta l'Europa (non abbiamo però una documentazione archeologica per l'Europa settentrionale).
Nel II Plenigiaciale würmiano, si verifica un marcato raffreddamento climatico che raggiunge l'acme intorno a 23-20.000 anni b.p., e vede una grande trasgressione dell'inlandsis. Il clima, generalmente freddo e con la tendenza a divenire sempre più continentale (con temperature estremamente rigide nel mese di gennaio, relativamente alte in luglio) e arido determina attorno alle aree glacializzate la formazione di un paesaggio di tundra e più a sud di steppe fredde e di steppe arborate. Nel Sud-Ovest della Francia e nella Penisola iberica prevale invece la foresta di conifere, mentre la foresta mista è confinata in ristrette aree di rifugio.
L'abbandono definitivo dell'Europa media da parte dell'inlandsis, attorno a 15.000 anni b.p., segna l'inizio del Tardiglaciale würmiano. La fine di esso viene convenzionalmente collocata attorno a 10.000 anni b.p., quando il ritiro dell'inlandsis consentì l'entrata dell'acqua salata del Mare del Nord nell'area del Baltico, determinando la trasformazione del lago glaciale nel Mare a Yoldia. Nel Tardiglaciale vengono quindi distinte delle fasi a clima freddo e arido, intervallate da fasi temperate-umide, nel corso delle quali la vegetazione, gli animali e quindi anche l'uomo si diffondono nelle aree precedentemente glacializzate.
Rispetto alle industrie litiche più antiche, quelle del Paleolitico superiore si distinguono per una ben maggiore differenziazione, che interessa sia i processi di produzione dei supporti (prevalentemente laminari e lamellari) che la morfologia e le dimensioni degli strumenti e delle armature (intendendo con questo termine gli elementi litici standardizzati che vengono inseriti in supporti di legno o d'osso, isolati o in serie, e che quindi sono soltanto parti di un oggetto composito, che può essere uno strumento o anche un'arma). Gli autori, soprattutto francesi, dell'inizio del secolo scorso, hanno segnalato le associazioni più caratteristiche di ciascun complesso (tipologia descrittiva).
L'Aurignaziano è la prima cultura europea dell'Homo sapiens; essa compare in concomitanza con l'arrivo di questi sul continente e si protrae fino a circa 29.000 anni b.p. Questo significa che Homo sapiens, prima di giungere in Europa, era già in possesso di questa cultura (essa è attestata anche nel Vicino Oriente, da dove egli è passato nella sua migrazione dall'Africa in Europa) e che una volta arrivato in Europa, espandendosi l'ha diffusa su tutto continente. Così si spiega la grande omogeneità dell'Aurignaziano in tutta Europa, dai Balcani all'Atlantico: gli insediamenti, il culto dei morti, la nascita dell'arte, l'utilizzo di ornamenti, la lavorazione dell'osso, la tecnica standardizzata di scheggiatura laminare sono documentati con evidenze molto simili e ripetitive, indizio di una profonda unità culturale che ci permette di parlare di «prima Europa».
L'Aurignaziano è un grande complesso che presenta elementi caratteristici sia sotto l'aspetto dell'industria litica che di quella su materie dure di origine animale. La scheggiatura è rivolta essenzialmente alla produzione di supporti laminari, lamellari e microlamellari e dalla confezioni di strumenti e armature specifici, che si differenziano nettamente dalla produzione litica musteriana. Gli strumenti litici caratteristici dell'Aurignaziano sono:
Queste ultime venivano manicate in serie su un supporto solitamente ligneo, per formare un'arma da lancio che penetrava, senza più uscire, nel corpo della preda provocandone il dissanguamento.
> Aurignaziano I (La Ferrassie, livello F); > Aurignaziano II (La Ferrassie, livello H); > Aurignaziano III (La Ferrassie, livello H') > Industria litica di La Ferrassie; > Tipi caratteristici dell'Aurignaziano classico dell'Aquitania
Per quanto riguarda l'industria su materie dure di origine animale, con l'Aurignaziano compaiono i primi manufatti di forma ben definita come punte di zagaglie (a base fenduta, a base arrotondata e rastremata), arpioni, punteruoli, zappe, spatole.
L'origine del Gravettiano costituisce ancora oggi un problema irrisolto. Alcuni autori ritengono che sia da imputarsi all'arrivo in Europa di nuovi gruppi umani provenienti dal Vicino Oriente, altri pensano invece ad una modificazione del precedente Aurignaziano. II Gravettiano, che deriva il nome dal Riparo La Gravette in Dordogna, si sviluppa da 29.000 a 20.000 anni b.p. circa, ed è caratterizzato da un'importante presenza di punte a dorso. Tra queste la più diffusa è la punta di La Gravette (o semplicemente gravette, PD 4), ricavata da supporti laminari mediante un ritocco erto profondo, diretto o bipolare, con andamento leggermente curvo, che ha rastremato la base del manufatto (consentendo un migliore immanicamento) e la punta (conferendo ad essa una maggiore forza di penetrazione) senza indebolirle. Accanto alla gravette di dimensioni laminari si ritrova la microgravette, di dimensioni lamellari o anche microlamellari.
Si è soliti distinguere un Gravettiano antico, evoluto e finale. Ogni fase è marcata da alcuni tipi caratteristici, a cui però sono sempre associati gravettes e microgravette e, con incidenza variabile, vari tipi di bulini, grattatoi piatti, becchi, lame ritoccate, punte a dorso.
II Gravettiano antico, datato tra 29.000 e 26.000 anni b.p., è caratterizzata, soprattutto nella sua parte inferiore, dalle fléchettes: punte doppie a forma di foglia, con ritocco erto marginale bilaterale diretto, o, più frequentemente inverso o alterno (PD 4).
Il Gravettiano evoluto, datato tra 26.000 e 23.000, è caratterizzato dalla comparsa di alcuni strumenti altamente specializzati:
II Gravettiano finale, datato tra 23.000 e 20.000, è caratterizzato dalla progressiva scomparsa degli strumenti specializzati della precedente fase.
> Gravettiano antico (La Gravette); > Gravettiano evoluto (le Ferrassie livelli J, K)
Attorno a 20.000 anni b.p., periodo col quale facciamo iniziare la fase recente del Paleolitico superiore, abbiamo un importante evento climatico, l'acme del Il Pleniglaciale würmiano che determinò alcuni importanti fenomeni che vogliamo sottolineare.
L'espansione del ghiacci portò ad inevitabili difficoltà di contatto fra i vari gruppi umani e quindi a una marcata differenziazione culturale tra le regioni occidentali atlantiche, dove si svilupparono il Solutreano e il Maddaleniano, le regioni mediterranee, dove si svilupparono ulteriormente i complessi del Gravettiano occidentale, portando alla formazione dei complessi epigravettiani meridionall, e le regioni orientali, nelle quali si svilupparono i complessi del Gravettiano centro-orientale, dando luogo alla formazione dei complessi epigravettiani orientali.
Si verificò la formazione di vaste aree prive di abitati, dove le condizioni ambientali erano incompatibili con l'uomo. Nell'Europa media le regioni comprese fra la fronte dell'inlandsis e i ghiacciai alpini progressivamente si spopolarono, e i gruppi di cacciatori della tundra che popolavano l'area migrarono verso la tundra, la steppa-tundra e le steppe dell'Europa orientale. Un fenomeno analogo si registrò anche nel versante meridionale delle Alpi, dove non incontriamo più siti residenziali come nell'Interpleniglaciale, ma soltanto dei bivacchi di caccia frequentati probabilmente solo per qualche giorno da piccoli gruppi di cacciatori provenienti dalla Penisola.
- La formazione di aree con una relativa densità di gruppi umani, dove le risorse alimentari non mancavano, come nelle regioni occidentali atlantiche e nelle regioni mediterranee.
La formazione di importanti gruppi di cacciatori di mammut, relativamente lontani l'uno dall'altro, nelle tundre dell'Europa orientale. Il mammut Infatti e una specie che vive in condizioni di clima molto rigido ed era molto importante per l'uomo perché offriva la gran parte del cibo e le sue ossa venivano utilizzate come materiale per costruire le capanne, come combustibile per i focolari, come materiale per fabbricare strumenti, armi, ornamenti, opere d'arte figurativa.
L'Europa occidentale. Nelle serie stratigrafiche delle regioni occidentali atlantiche, tra il Belgio e la Spagna, al Gravettiano succede il Solutreano, che si sviluppa per circa 3.000 anni, da 20.000 a 17.000 anni b.p. Le industrie solutreane sono caratterizzate dal largo impiego del ritocco piatto, adottato sia per ottenere le forme caratteristiche di questo complesso, sia per elaborare tipi più comuni come bulini, grattatoi, becchi, ecc. H. Breuil (1912) ha suddiviso il Solutreano in tre livelli (S. inferiore, medio e superiore).
II Solutreano inferiore è caratterizzato dalle punte «a faccia piana» (punte di forma ovale su lame appuntite mediante ritocco piatto su tutta la faccia dorsale o almeno alle estremità e lungo un lato e spesso ritoccate anche sulla faccia ventrale in punta o alla base).
II Solutreano medio è caratterizzato dalle punte «a foglia di lauro», così definite In base alla forma, elaborate mediante ritocco piatto bifacciale coprente, con due estremità puntute.
Il Solutreano superiore è caratterizzato dalla «foglia di salice», di foma allungata, ricavata mediante ritocco piatto coprente sulla faccia dorsale e alle estremità della faccia ventrale, e dalla «punta a cran solutreana» (punta con ritocco piatto più o meno invadente, generalmente su faccia dorsale e qualora anche su quella ventrale e cran ottenuto con ritocco piatto).
Varie ipotesi sono state formulate relativamente all'origine del Solutreano; Breuil sosteneva una derivazione da complessi orientali e anche altri autori lo considerano introdotto dall'esterno, a seguito di migrazioni di gruppi provenienti da nord-est. Altri hanno invece prospettato un'origine locale; Laplace, ad esempio ritiene che sia il risultato di una «solutreanizzazione» di industrie del Gravettiano occidentale, durante il quale si sarebbe particolarmente sviluppata la tecnica del ritocco piatto già utilizzata in precedenza in alcuni strumenti, quali le punte di La Font-Robert.
> Solutreano inferiore di Laugerie-Haute Est; > Solutreano superiore (da Fourneau du Diable); > Strumenti solutreani (provenienze varie)
Una derivazione dal Gravettiano è generalmente ritenuta possibile per II Maddaleniano, così denominato dal riparo di La Madaleine in Dordogna. Esso è stato tradizionalmente considerato come un'entità molto omogenea, caratterizzata sia da certi tipi di strumenti litici sia da strumenti d'osso e avorio (tant'è che Breull propose una suddivisione del Maddaleniano in sei fasi in base alla tipologia dell'industria ossea). Noi seguiamo però una suddivisione in base alle industrie litiche, che distingue una fase antica (o inferiore) da una fase recente (o superiore).
Maddaleniano antico o inferiore (M. 0, M. I, M. II, M. III) caratterizzato nell'industria litica da raclettes (schegge sottili, a ritocco erto continuo che occupa quasi tutto il perimetro), lamelle a dorso, spesso con l'altro margine denticolato, e triangoll scaleni, e nell'industria su osso da punte di zagaglia a base sbiecata e da aghi;
> Maddaleniano I (Laugerie-Haute Est); > Maddaleniano II (Laugerie-Haute Est); > Maddaleniano III (Laugerie-Haute);
Maddaleniano recente o superiore caratterizzato nell'industria litica dalla presenza di bulini «a becco di pappagallo» (bulini ricavati da schegge sottili, che presentano lungo tutto il perimetro un ritocco erto continuo utilizzato sia come preparazione del colpo di bulino sia come arresto dello stacco laterale il quale parte dal margine trasversale della scheggia obliquamente all'asse della scheggia), da bulini «a becco di flauto» (bulini semplici a due stacchi laterali convergenti verso l'asse del supporto), da «punte di Laugerie Basse (piccole punte a ritocco erto marginale alterno, con lati simmetrici), e da piccole punte a cran lungo.
> Maddaleniano IV (La Madeleine); > Maddaleniano V (La Madeleine; > Maddaleniano VI (La Madaleine)
I manufatti su osso e avorio sono spesso molto abbondanti, e comprendono arponi dapprima a un ordine di denti intagliati nel fusto, quindi a un ordine di denti isolati, infine a due ordini di denti appaiati o alterni; agli arponi sono associati zagaglie a base sbiecata o con doppia sbiecatura, bastoncelli a sezione semicircolare, propulsori, bastoni forati, aghi, ami, spatole, ecc.
Al termine della sequenza del Maddaleniano viene attualmente collocato l'Aziliano, fino a qualche tempo fa riferito al Mesolitico; il nome deriva dalla grotta del Mas d'Azil nell'Ariège dove alla fine del secolo scorso E. Piette individuò un livello interposto tra uno strato maddaleniano e uno neolitico.
L'Industria litica è caratterizzata da una notevole quantità di grattatoi corti, ricavati da schegge di piccole dimensioni, tra cui compaiono tipi circolari e unguiformi; i bulini sono meno numerosi del grattatoi. Altri elementi caratteristici sono i geometrici, segmenti e triangoli ottenuti con la tecnica del microbulino; ben rappresentati sono gli strumenti a dorso tra cui è considerata tipica la «punta aziliana» (punta o bipunta più o meno allungata, ottenuta mediante ritocco erto diretto con andamento curvo).
L'industria ossea, molto più povera di quella maddaleniana, è caratterizzata da un arpione corto, tozzo e piatto, a pochi denti disposti su uno o entrambi i lati, con base talora forata.
> Principali tipi del Paleolitico superiore definiti nella lista D. de Sonneville Bordes e J. Perrot fig. 1, fig. 2
Durante il Paleolitico superiore in Europa l'economia è ancora fondamentalmente basata sulla caccia, nel cui ambito in alcune regioni si accentua la tendenza, rilevabile fin dalla fine del Paleolitico medio, verso una specializzazione.
In Europa centrale già durante la fase antica del Paleolitico superiore, l'orso delle caverne è predominante; in Europa orientale ad una prevalenza del cavallo nella fase iniziale segue una specializzazione nella caccia alla renna e al mammut. Nelle regioni centro-occidentali nel Castelperroniano e nell'Uluzziano la fauna presentava una struttura differenziata, nell'Aurignaziano emerge invece una caccia specializzata alla renna.
La specializzazione divenne più forte nella fase evoluta del Paleolitico superiore in concomitanza del II pleniglaciale wurmiano che, determinando condizioni di clima rigido, causò nelle aree più fredde una decisa selezione naturale. La differenziazione ambientale che si verifica durante il II Pleniglaciale würmiano
Nell'Europa occidentale la renna diviene decisamente dominante; nelle regioni mediterranee, invece, la composizione della fauna appare varia e differenziata in base alla caratteristiche ambientali.
Nell'Europa centro-orientale, nella zona di tundra che si estendeva dalla Polonia meridionale alla parte settentrionale della pianura russa, evidente appare la caccia specializzata al mammut, le cui ossa venivano ampiamente utilizzate per costruire le capanne, per fabbricare strumenti, armi, ecc.
La determinazione dell'età e del sesso delle prede ha rivelato la pratica di una caccia selettiva e, pertanto, l'inizio di un controllo dei branchi, premessa dell'addomesticamento.
Le tecniche di caccia nella fase antica erano probabilmente analoghe a quelle del Paleolitico medio; le armi più comuni erano ancora lance, munite adesso anche di punte di osso e di avorio. Nella fase evoluta alle zagaglie si associano gli arponi, utilizzati probabilmente sia per la pesca che per la caccia.
Di rilievo sono alcune innovazioni relative ai sistemi di immanicamento delle armi da getto: nell'ambito delle cuspidi litiche la base può essere rastremata, come nelle punte a foglia di lauro o di salice nel Solutreano, per facilitare l'inserimento nell'asta di legno, oppure può presentare un codolo o un peduncolo sia asimmetrico, come nelle punte a cran solutreane, che simmetrico, quale appare, ad esempio, nelle punte di La Font Robert. Nel Paleolitico superiore ha inizio anche Il sistema, che sarà ampiamente adottato nel Mesolitico, di fissare strumenti di piccole dimensioni in serie su un manico di legno o di osso, Vari sistemi di immanicatura rivelano anche le zagaglie in osso, la cui base, come abbiamo visto, assume dall'Aurignaziano in poi forme diverse.
Nella fase evoluta l'invenzione di un congegno per scagliare e armi da getto, rappresentato dal propulsore, ne aumentò l'efficacia. Il propulsore è una bacchetta di legno o d'osso terminante con un uncino, la quale, sommandosi alla lunghezza del braccio, ne prolungava la leva e consentiva di scagliare più lontano l'arma, agganciata prima del tiro all'uncino stesso, Non è accertato l'uso dell'arco, anche se la raffigurazloni parietali dl frecce con impennatura, al di sopra o in prossimità di figure animali, ne potrebbero suggerire la comparsa. A differenza delle regioni occidentali, nell'Europa centro-orientale non compare il propulsore e anche gli arponi sono attestati in epoca più tarda e in aree ristrette; probabile è l'uso dell'arco per la caccia agli uccelli, frequenti in diversi siti, che potevano però anche essere cacciati con ami munite di microgravettes, il cui incremento nella sequenza Moldova V risulta in concomitanza con quello del resti di uccelli.
L'uso del fuoco nella pratica venatoria è stato ipotizzato per qualche deposito di löss nell'Europa centrale in cui sono apparsi li velli con carbone vegetale; talora sembra associato l'impiego di trappole naturali. Nell'Europa occidentale l'utilizzazione di trappole è stata prospettata in base a figure particolari, definite «tettiformi», riprodotte su immagini dl animali di grossa taglia, quali mammut e rinoceronti, nelle manifestazioni artistiche.
La raccolta e la pesca sono documentati nel territorio europeo fin dalla fase antica del Paleolitico superiore, soprattutto nelle regioni mediterranee, dove la raccolta di molluschi marini si intensifica nell'Epigravettiano finale, come attestano I cumuli di conchiglie comparsi in numerosi giacimenti situati sulle coste. La pesca è documentata nell'Europa occidentale, oltre che da alcuni strumenti in osso (arponi, zagaglie) e da resti di pesci in siti maddaleniani, anche dalle loro rappresentazioni, soprattutto di salmoni, nelle opere d'arte. La raccolta di vegetali è particolarmente ben attestata dal ritrovamento di numerose mole e macine in siti dell'Europa centro-orientale, qual Kostienki e Molodova.
Durante Il Paleolitico superiore l'habitat è prevalentemente in grotta o riparo sotto roccia, ma anche all'aperto, soprattutto in Europa centro orientale. Sono stati individuati spesso campi-base collegati ad accampamenti secondari in cui veniva praticata la caccia.
Nella fase antica del Paleolitico superiore, nell'Europa centrale è frequente il tipo di abitazione in capanne seminterrate, con profondità di ca. 35-80 cm conosciuto ad esempio in alcuni siti della Slovacchla, quali Barca e Tibava; la pianta può essere diversa, quadrangolare, reniforme, ecc., e la copertura era sorretta da una serie di pali. Nell'Europa occidentale sono note capanne o tende erette all'interno di grotte o sotto ripari. Nell'Europa orientale sono attestate strutture in ossa di mammut.
Nella fase medio-recente del Paleolitico superiore occidentale è ancora frequente la costruzione di capanne all'interno di grotte e ripari; nella grotta della Salpetriere ner Languedoc, ad esempio, è comparsa una capanna di pianta ovale di 3x4 m con pavimento comparso di ocra e tre focolari all'interno. AI Fourneau du Diable (Dordogna) un muretto a secco eretto delimitava un'area quadrangolare di 12x7 m a ridosso della parete rocciosa; alcuni pali dovevano reggere la copertura. In altri casi sono venuti in luce anche lastricati di pietra che costituivano il suolo delle abitazioni.
Non mancano in quest'area esempi di abitati all'aperto, quali i siti di Corbiac e di Plateau Perrain, con capanne sempre a livello del suolo, Di particolare rilievo è l'abitato di Pincevent presso Montereau (Seine-et-Marne), dove sono comparse strutture circolari, da riferire a tende o capanne, di cui la più complessa, costituita dall'aggregazione di tre elementi, con spazio interno in comune, e un focolare all'entrata di ciascuno; vicino ad esso alcuni blocchi di calcare dovevano essere stati utilizzati come sedili, probabilmente per la fabbricazione degli strumenti litici, di cui è stata rilevata all'intorno una particolare concentrazione, mentre una zona lasciata libera all'interno di ciascun vano era probabilmente riservata ai giacigli. II pavimento era cosparso d'ocra e la copertura doveva essere di pelli sorrette da un'armatura di travi e bloccate al suolo da un cumulo di lino, dato che non sono comparsi ammassi di pietre; è stato ipotizzato che una tale struttura avrebbe potuto ospitare da dodici a quindici individui.
Da segnalare durante il Maddaleniano, soprattutto in una fase tarda, la presenza di estese officine litiche al di fuori degli abitati, ad indicare una specializzazione della produzione.
Nell'area mediterranea gli abitati epigravettiani all'aperto sono alquanto rari, essendo la documentazione relativa soprattutto a grotte e ripari.
Nell'Europa centro-orientale invece numerosi sono i siti all'aperto con una quantità variabile di strutture abitative, sia seminterrate che a livello del suolo, a pianta circolare od ovale; spesso l'armatura del tetto e delle pareti era costituita da ossa di mammut.
Alcuni di questi insediamenti sembrano presentare caratteri di stabilità ed essere realizzati secondo un piano determinato, non apparendo come un insieme di strutture dovute a frequentazioni stagionali ripetute nello stesso sito. L'accampamento di Pavlov I in Moravia era costituito da nove capanne infossate nel terreno con armatura costituita da pali, rami ed ossa, distribuite irregolarmente intorno ad un'area interna con focolari. Nei pressi di Pavlov si trova anche il sito di Dolni Vestonice I formato da quattro grandi capanne, una delle quali con cinque focolari, e da molte strutture secondarie. Attorno a Pavlov I e a Dolni Vestonice I compare poi una serie di accampamenti minori, che evidentemente non erano residenziali, ma servivano alla caccia. A Kostienki I nella pianura russa una decina di piccole strutture semisotterranee, costituite da una fossa coperta con un tetto la cui armatura era formata da zanne di mammut, erano distribuite su un'area ellittica intorno ad un allineamento di focolari. Strutture simili sono comparse ad Adveevo presso Kursk sul Seim. In tutti questi siti (Pavlov 1, Dolni Vestonice I, Kostienki I, Adveevo) è stata notato che le abitazioni, i focolari, le fosse destinate alla conservazione della carne, i depositi di ossa, le buche dei rifiuti hanno una precisa distribuzione ed è stata ipotizzata la presenza di 100-150 persone.
A Meziric in Ucraina sono venute in luce tre capanne costruite a livello del suolo, a pianta circolare di 12, 20 e 23 mq; la base era formata da un cerchio di crani di mammut con le zanne piantate nel terreno, al quale si sovrapponevano strutture portanti di legno, coperte di ossa disposte ordinatamente (vari ordini di mandibole, di crani, di scapole e infine di zanne); l'Ingresso era formato da un arco di zanne e protetto da una barriera di ossa. Per la costruzione di queste capanne sembrano essere state utilizzate ossa di numerosi mammut; una simile costruzione richiedeva molto lavoro e doveva essere utilizzata per più di una stagione.
Il modo di vita e la struttura socio-politica dei gruppi umani durante il Paleolitico superiore erano, come abbiamo appena intravisto, profondamente influenzati dall'ambiente.
Nell'Europa occidentale i gruppi di cacciatori erano molto mobili entro un determinato territorio: ad esempio in Francia, come viene suggerito dai resti di conchiglie marine e di denti di capodoglio in vari siti, anche lontani dall'Oceano, essi si spostavano ciclicamente tra la costa atlantica e il Massiccio Centrale probabilmente inseguendo i branchi di renne che durante la buona stagione cercavano pascoli nei territori più alti, mentre svernavano nei territori costieri. Gli abitati si trovano sia in ripari sotto roccia sia all'aperto e sembrano destinati ad ospitare piccoli gruppi (vedi Pincevent).
Ņell'Europa centro-orientale abbiamo una serie di abitati più grandi che potevano ospitare 100-150 abitanti (Dolni Vestonice, Pavlov) e che le evidenze archeologiche indicano come sempre più specializzati nella caccia al mammut e nella raccolta di vegetali, imputabili ad un modo di vita semi-sedentario. Pare probabile che ogni abitato controllasse un certo territorio circostante, entro un raggio di 70-100 km, separato da altri territori di caccia da confini naturali.
Le aree riservate alla lavorazione della selce all'interno degli abitati possono far supporre una divisione del lavoro che pare probabile nel caso di tecniche estremamente raffinate, come quelle adottate per la fabbricazione degli strumenti solutreani, probabilmente affidata a membri del gruppo dotati di particolari capacità tecniche. Ugualmente, la realizzazione di pitture, sculture, graffiti, che talora rivelano una notevole esperienza tecnica e stilistica, lascia ipotizzare che sia stata relegata ad un numero limitato di individui dotati di particolari capacità artistiche.
> Abitato di Dolni Vestonice / Pavlov
La presenza nella manifestazioni artistiche di figure umane travestite da animali quali lo stregone del Trois-Frères con corna di cervo, volto simile a quello di un rapace notturno è lunga coda equina, o l'uomo mascherato da bisonte nella stessa grotta, hanno suggerito l'esistenza della figura dello sciamano, con riferimento a quanto noto nel settore etnografico, o comunque di individui con attività collegate a pratiche cultuali e magiche. In tal caso si può pensare ad una posizione di privilegio di questi personaggi, unica testimonianza che avremmo per ipotizzare una differenziazione sociale nell'ambito del Paleolitico superiore, che tuttavia non è convalidata dalle evidenze emerse nelle strutture d'abitato. Soltanto a Dolni Vestonice, una struttura isolata rispetto alle altre capanne, in posizione più elevata e provvista di un forno per la cottura delle figurine in argilla, ha fatto pensare all'abitazione di un personaggio con posizione privilegiata perché aveva particolari capacità artistiche o svolgeva funzioni di culto o magia.
> Dolni Vestonice I, capanna dello «sciamano»; > Dolni Vestonice I, forno della capanna dello «sciamano»
Si può anche supporre che nell'ambito dell'arte, come degli altri lavori specializzati, non si trattasse di specialisti occupati a tempo pieno in tal genere di attività, che potevano svolgere in determinate occasioni nell'ambito della collaborazione, alle diverse attività del gruppo, partecipando ad esempio alle battute di caccia o alla raccolta di quanto necessario per il loro sostentamento.
La documentazione inerente alle usanze funerarie è per il Paleolitico superiore assai più abbondante e attendibile di quella del Paleolitico medio; più complessa è la struttura delle sepolture e, in particolare, certa è la funzione di corredo degli oggetti associati al defunti.
Nella fase antica (Aurignaziano) le testimonianze non sono molto numerose. Per diverse sepolture venute in luce da vecchi scavi non possediamo purtroppo esaurienti informazioni. Tra le meglio documentate, di particolare rilievo sono le quattro sepolture della Cueva Morin in Spagna in cui i cadaveri, per un particolare processo di fossilizzazione, sono stati sostituiti da un sedimento di colore diverso dal terreno. Due delle sepolture sono risultate danneggiate dalle fosse delle altre due, che erano contenute in due fosse distinte, scavate a circa 2 m da una struttura d'abitato quadrangolare, e ricoperte da un tumulo di terra. Una di quest'ultime conteneva un cadavere cui erano state asportate la testa e le estremità dei piedi; al di sopra erano stati deposti, quali riserve alimentari, un animale intero e parti di altri.
A Sungir, in Russia, sono comparse quattro sepolture notevoli per la ricchezza degli oggetti di ornamento, che suggerisce una vera e propria vestizione rituale. Un individuo adulto in posizione supina era ricoperto da dischetti in avorio di mammut, una parte dei quali, addensata sul torace, doveva ornare una veste. Un altro adulto era accompagnato da lance in avorio, un bastone forato e figurine di animali, oltre che da oggetti di ornamento; in prossimità erano gli scheletri di due bambini, un maschio e una femmina.
Una ricca documentazione esiste per le fasi più recenti; varia può essere la posizione del cadavere, prevalentemente disteso con le braccia poste lungo il corpo o ripiegate sul petto, ma anche deposto sul fianco con le gambe flesse, talora fortemente rattratto, posizione riscontrata anche durante il Paleolitico medio. Generalmente il corpo era adagiato in una fossa, ma in qualche caso anche sul suolo della grotta, accostato a del massi.
Il corredo, presente sia in sepolture maschili che femminili, può essere costituito da strumenti litici, generalmente di pregevole fattura, da manufatti in osso o corno, quali bastoni forati e zagaglie, da ornamenti costituiti da conchiglie forate, denti di animali (in particolare canini atrofici di cervo) anch'essi con foro di sospensione, vaghi in pietra e in osso, vertebre di piccoli mammiferi e di pesci. Tali oggetti potevano formare collane, bracciali, cavigliere, copricapi e talora, come abbiamo visto per le sepolture di Sungir, sembrano aver ornato delle vesti.
Frequente è l'uso di ocra rossa, con cui veniva cosparso il fondo della fossa oppure il corpo dell'inumato, in qualche caso soltanto in corrispondenza della testa; talora sul cadavere venivano collocate delle pietre, anche in forma di pesanti lastre.
> Sungir, sepoltura due adolescenti; > Sungir, sepoltura anziano; > Sungir, ornamenti vari
Descriviamo brevemente qualcuna delle sepolture più note di questo periodo.
Problematica è l'attribuzione crono-stratigrafica delle numerose sepolture trovate nei vecchi scavi ai Balzi Rossi; al Gravettiano, o anche all'Aurignaziano, è stata riferita quella doppia dei due «negroidi», un adolescente ed una donna rannicchiati l'uno vicino all'altro. La donna aveva numerose conchiglie forate, che erano disposte su quattro file, a costituire probabilmente un copricapo. Il cranio del giovane protetto da due pietre infisse verticalmente nel suolo che sostenevano un'altra pietra orizzontale determinando una piccola struttura a cassetta; gli spazi interposti erano riempiti d'ocra.
> Balzi Rossi (Grotta dei Fanciulli), sepoltura dei cosiddetti "negroidi"
Ad epoca gravettiana risale anche la sepoltura di quello che fino a poco tempo fa era conosciuto come l'Uomo di Mentone ma che, in realtà, in tempi molto recenti, analisi più approfondite hanno rivelato essere un individuo femminile, ribattezzato con il nome di "Donna del Caviglione" dal nome della grotta dove è stato scoperto. La donna indossava un copricapo di conchiglie e denti di cervo forati, era steso su un fianco con le braccia ripiegate sul petto, gli arti inferiori flessi e la testa appoggiata su una lastra di pietra cosparsa di ocra rossa. Nella cavità era inoltre presente la raffigurazione di un cavallo incisa su una parete rocciosa.
> Grotta del Caviglione, sepoltura femminile; > Grotta del Caviglione, incisione raffigurante un cavallo
Nei livelli epigravettiani della Grotta dei Fanciulli venne in luce un'altra sepoltura doppia di due bambini di età compresa fra i 2 e i 3 anni, stesi anch'essi sul dorso, con una notevole quantità di conchiglie di Nassa intorno al bacino, probabilmente applicate ad una sorta di perizoma.
> Balzi Rossi (Grotta dei Fanciulli), sepoltura dei due bambini
Alle Arene Candide nel deposito dell'Epigravettiano antico (circa 20.000 anni b.p.), in una sorta di nicchia costituita dalla parete e da alcuni massi, fu scoperta da L. Cardini la sepoltura di un giovane (il cosiddetto "principe") che doveva avere un copricapo costituito da centinaia di conchiglie, gusci di piccoli ricci di mare privati degli aculei e canini di cervo forati, oltre ad un pendaglio d'osso decorato a striature. Altri oggetti di ornamento, formati anch'essi da conchiglie, denti forati e pendagli in osso, erano in corrispondenza del polso e della mano sinistra e del ginocchio destro. Il braccio era flesso e la mano reggeva una grande lama di selce di 25 cm; tra il braccio e il tronco era poggiato un bastone forato in corno di alce, un altro era sotto un fianco e altri due presso il braccio sinistro. Un altro strato di ocra ricopriva il corpo; sulle mani e i piedi erano state poste delle pietre e infine la fossa era stata riempita di terra. Sul lato sinistro dello scheletro, in corrispondenza della mandibola, delle vertebre cervicali, della clavicola e dell'omero, furono riscontrate delle fratture, che dovevano aver causato la morte del giovane; un blocco di ocra gialla sostituiva la metà del ramo mandibolare mancante, forse per mascherare la ferita che sfigurava il volto.
> Arene Candide, sepoltura del cosiddetto "principe"
Sempre ai Balzi Rossi, ricordiamo la sepoltura trisoma della Barma Grande, comprendente un maschio adulto, una donna giovane ed un adolescente; abbastanza frequenti sono infatti nel Paleolitico superiore gli esempi di sepolture multiple, prevalentemente bisome, nelle quali è comune l'associazione di un adulto e un bambino o adolescente oppure di due adulti di sesso diverso; in alcuni casi si potrebbero ipotizzare anche sacrifici umani o la morte contemporanea di più individui.
> Barma Grande, sepoltura trisoma, fig. 1, fig. 2, fig. 3
Alcuni autori hanno messo in dubbio, soprattutto per i vecchi scavi, l'esistenza di sepolture multiple ritenendo che si trattasse di sepolture successive (Barma Grande, ecc.). A questo proposito è quindi utile ricordare la sepoltura di Dolni Vestonice II, descritta da B. Klima (1995) e datata attorno a 26.000 b.p., in quanto si tratta certamente di una inumazione contemporanea di tre individui. In una fossa poco profonda furono deposti contemporaneamente tre cadaveri: al centro quello di un individuo di circa 17 anni, di sesso indeterminato, deforme, con una perforazione artificiale sopra l'orbita sinistra e un frammento d'osso bruciacchiato in bocca, deposto in posizione distesa, con gli arti allungati; alla sua sinistra quello di un maschio giovane, robusto, di grande taglia, deposto prono, con la testa girata verso destra e il braccio destro immediatamente sopra il braccio sinistro dell'individuo al centro, come a tenerlo fermo; alla sua destra il cadavere di un altro maschio giovane, con le braccia tese verso la regione pubica dell'individuo al centro. Sui crani stavano tre diademi, formati da canini di volpe e di lupo e da perle d'avorio. Dopo la deposizione, sui cadaveri fu posta una copertura lignea, incendiata alla fine della cerimonia funebre. In prossimità della sepoltura sono stati trovati anche alcuni frammenti scheletrici umani, sparsi nello strato archeologico senza alcun ordine, forse di individui che avevano subito una morte violenta: ritrovamenti simili erano stati fatti in precedenza attorno alle sepolture di Dolni Vestonice I, di Pavlov, di Predmosti in Moravia e di Sungir in Russia.
> Dolni Vestonice II, sepoltura trisoma;
Degna di nota è la sepoltura epigravettiana venuta in luce in uno dei ripari di Villabruna, in provincia di Belluno, datata 12.000 b.p.: un individuo maschile di circa 25 anni, accompagnato da alcuni strumenti, era in posizione distesa in una fossa riempita di detriti e ricoperta di ciottoli, di cui due dipinti con motivi geometrici; anche un banco di calcare leggermente aggettante dalla parete presenta in corrispondenza della sepoltura tracce di bande verticali dipinte che, insieme ai due ciottoli, costituivano forse elementi atti a decorare e ad indicare il luogo della sepoltura.
> Sepoltura del riparo di Villabruna
Nell'Italia meridionale, a Grotta Paglicci nel deposito gravettiano è venuta in luce la sepoltura di un giovane disteso sul dorso e cosparso di ocra, con due grandi pietre poste sotto la testa e i piedi e un'altra pesante lastra collocata sopra le tibie; doveva avere un copricapo, un bracciale e una cavigliera costituiti da denti di cervo forati. Un probabile pendaglio in conchiglia, una decina di strumenti In selce e un punteruolo in osso completavano il corredo funebre.
Successivamente, ancora in uno strato gravettiano della stessa grotta, è stata scoperta la sepoltura di una giovane donna deposta in una fossa, il cui riempimento artificiale comprendeva due piani distinti di ossami e selci e, superiormente, un livello argilloso di copertura. Lo scheletro ricoperto d'ocra, era in posizione dorsale con le mani posate sul pube, la testa e una spalla sistemate in due piccole cavità laterali praticate alla base della fossa; recava sul cranio una sorta di diadema costituito da sette denti forati di cervo ed era accompagnato da un corredo di alcuni manufatti litici e un frammento di conchiglia.
> Grotta Paglicci, sepoltura femminile di epoca gravettiana
Nella Grotta di San Teodoro in Sicilia uno strato uniforme di ocra di 5 cm di spessore era steso sui resti scheletrici, come a separare nettamente il mondo dei vivi da quello dei morti, funzione che probabilmente avevano anche le pietre che spesso, come abbiamo visto, venivano poggiate sui corpi.
È attestata la conservazione di parti singole dello scheletro; di particolare rilievo è un calvario femminile, riferibile al Maddaleniano, con due placchette d'osso nelle orbite, ritrovato nella grotta del Mas d'Azil in un anfratto della parete sopra un cumulo di detriti.
Nella grotta del Placard comparvero un cranio femminile circondato da conchiglie e altre cinque calotte craniche trasformate in coppe mediante lavorazione, quattro delle quali disposte in fila. Dalla grotta dei Trois-Frères proviene un frammento di mandibola con foro di sospensione e dalla grotta di Le Combe un dente umano forato, ad attestare una probabile usanza, conosciuta anche da esempi etnografici, di portare appese al collo reliquie di morti.