Il più antico sito delle Cicladi, indagato sistematicamente, è quello di Saliagos, una piccola isoletta tra Paros e Antiparos, che è probabilmente la parte non sommersa di un istmo che collegava una volta le due isole. Si tratta di un insediamento, datato al periodo Tardo Neolitico (5300-4500 a.C.) e caratterizzato da abitazioni a pianta rettangolare, su fondazioni in pietra, chiuse da un muro perimetrale. Al suo interno sono stati individuati vasi in ceramica dalla superficie bruna con decorazioni geometriche in bianco opaco, rettilinee o curve, manufatti in ossidiana e varie statuette antropomorfe sia schematiche che naturalistiche. Questi sono gli elementi più caratteristici di quella che poi è stata definita come “cultura di Saliagos”, in quanto altri ritrovamenti con le stesse caratteristiche sono avvenuti a Vouni (sull’isola di Antiparos), Agrilia, un chilometro a sud-ovest di Phylakopi (Melos) e Mavrispilia (Myconos). Questi reperti sono stati sottoposti alle prove di datazione tramite il carbonio 14, in base alle quali, e in relazione con gli scavi di Emporio X, sull’isola di Chio, è risultato che questa cultura si è manifestata attorno al 4900 a.C. quindi nel Neolitico Tardo (AA.VV. 1993: 28).
Tra le varie figure antropomorfe rinvenute a Saliagos, vi sono la cosiddetta “Fat Lady”, una statuetta a forma di violino, un pendaglio in terracotta e alcuni ciottoletti ovoidali.
La Fat Lady (sch. 1), così soprannominata dagli archeologi britannici che l’hanno scoperta, è una statuetta steatopigica seduta con le braccia flesse e le mani congiunte sotto il seno. Un esemplare simile rinvenuto a Sangri (sch. 2) sull’isola di Naxos è rappresentato, come la Fat Lady, seduto con le gambe incrociate (la sinistra sopra la destra) e ha le mani portate al petto. In tutta la Grecia, durante l’intero periodo neolitico sono state prodotte figure steatopigiche, sia sedute che stanti, con la stessa identica posizione delle braccia (fig. 2). Ciò denota, quindi, una notevole unità iconografica e presuppone l’esistenza di aspetti culturali e concezioni ideologiche comuni (Zachos in Papathanassopoulos 1996: 156). Dunque sia la Fat Lady che la statuetta di Naxos si possono sicuramente ascrivere a questa lunga tradizione assieme ad altri esemplari cicladici.
Uno di questi probabilmente proveniente da Amorgos (sch. 3) presenta caratteristiche evidentemente simili ad alcune statuette attiche (sch. 4; Zachos in Papathannasopoulos 1996: 156). Queste affinità riguardano, oltre che la posizione delle braccia comune, come si è detto, a molte figure steatopigiche neolitiche della Grecia, il modellato del volto ovale su cui si impone un grosso naso conico e la caratteristica forma a bottone dei piedi. Del resto analogie nella produzione statuaria fra l’Attica e le Cicladi si riscontrano, come vedremo, anche nei periodi successivi, e sono probabilmente causate da contatti e scambi reciproci, favoriti dalla vicinanza geografica.
Una statuetta conservata al Metropolitan Museum di New York (sch. 6) è caratterizzata da una considerevole sottigliezza del torso che contrasta con la grande voluminosità della parte inferiore del corpo. Questa stessa caratteristica si riscontra anche in una statuetta proveniente dall’isola di Egina (sch. 5).
Un altro esemplare steatopigico, ora nella Harmon Collection (sch. 7), presenta una certa tendenza alla schematizzazione essendo composto da forme geometriche. La sua testa, piccola e dominata da un grosso naso aquilino, è molto simile ad una testa rinvenuta a Saliagos (Getz-Gentle 2001: 5 e fig. 2).
La statuetta a forma di violino riprodotta in scheda 8 trova alcuni confronti in Grecia (Creta, Rethemiotakis in Papathanassopoulos 1996: cat. 251; Tessaglia, Zervos 1962: fig. 470) e può essere considerata un ottimo prototipo per le figurine schematiche (tipi A, B e C) dell’Antico Cicladico I (v. par. 2.1). Come suggeriscono alcuni di questi esemplari più recenti con particolari incisi, si tratta, con ogni probabilità, di figure femminili steatopigiche estremamente stilizzate (Renfrew 1969: 29).
A Saliagos sono stati individuati anche alcuni ciottoletti ovoidali (sch. 9) che schematizzano all’estremo la figura umana e che possono essere considerati all’origine del tipo schematico E dell’Antico Cicladico I (Renfrew 1969: 29).
Il pendaglio antropomorfo di Saliagos è assai simile ad un altro pendaglio in osso proveniente dalla Grotta Kitsos in Attica (sch. 10). Anche in questo caso, dunque, si riscontrano analogie tra le due aree geografiche (www.fhw.gr). Esemplari di questo genere si possono ritenere precursori del tipo schematico D dell’orizzonte culturale di Grotta-Pelos (Doumas 2000: 44).
Tutti questi confronti ci permettono di ipotizzare l’esistenza di una continuità, nella produzione statuaria, fra il Neolitico e l’antica età del Bronzo.
I ritrovamenti di Saliagos documentano come, fin dalle sue prime apparizioni, la statuaria cicladica sia stata caratterizzata da rappresentazioni sia schematiche che naturalistiche della figura umana. Questa dicotomia stilistica, che si ripropone anche nell’Antico Cicladico, non è peculiare delle sole Cicladi, ma è riscontrabile in quasi tutta la Grecia, in particolare in Tessaglia, dove, in strati del Tardo Neolitico, sono state rinvenute assieme statuette naturalistiche e schematiche. Tra quest’ultime compare un tipo (sch. 11) che Renfrew (1969: 30) indica come probabile precursore del tipo Louros della cultura di Grotta-Pelos.
Il Neolitico Finale delle isole Cicladi è documentato nell’insediamento calcolitico di Kephala sull’isola di Kea. La necropoli di questo sito è composta di 31 tombe rotonde, ovali o approssimativamente rettangolari, costruite con muretti di piccole pietre inclinati verso il centro e, a volte, scavate parzialmente nella roccia. Alcune sepolture sono singole, altre multiple e con i morti spesso sdraiati in posizione fetale. All’interno delle tombe sono state recuperate ceramiche dai colori rosso e bruno e talvolta rosso lucido, giare dal collo largo e strette alla base (al cui interno erano adagiati scheletri di bambini), tazze, una specie di mestolo di forma bizzarra e alcune statuette in terracotta. Siccome questi oggetti, segnatamente la ceramica bruna, hanno mostrato affinità con reperti provenienti da alcuni siti dell’Attica (Atene, Thorikos, Grotta Kitsos) questa cultura che interessa le Cicladi nord-occidentali, viene denominata “Attica-Kephala” ed è fatta risalire al 3300-3200 a.C. (AA.VV. 1993).
Le statuette fittili rinvenute nella necropoli di Kephala sono state classificate in tre tipi diversi (Zachos in Papathanassopoulos 1996: 156). Il primo include piccole figure femminili rozzamente modellate, con seni applicati (sch. 12). Il secondo è caratterizzato da piccole teste, di forma triangolare, leggermente inclinate all’indietro dove l’unico dettaglio anatomico indicato è il naso (sch. 13). Al terzo tipo appartiene una statuetta itifallica di fattezze piuttosto grossolane (sch. 14).
Le testine fittili appartenenti al secondo tipo presentano evidenti similarità con quelle del tipo canonico dell’Antico Cicladico II. Non solo, mostrano somiglianze anche con figure in terracotta del Neolitico Finale provenienti dalla Grotta Coricia di Delfi (Zachos in Papathanassopoulos 1996: 157) e con una piccola testa venute alla luce nell’Agorà di Atene (Anderson Immerwahr: pl. 14; sch. 15). Si possono dunque ricondurre ad un repertorio figurativo diffuso nel centro-sud della Grecia, con cui del resto la cultura di Kephala palesa molte altre affinità, che può aver esercitato una influenza, più o meno importante, nella realizzazione delle figurine canoniche (Zachos in Papathanassopoulos 1996: 157).
Sempre al periodo calcolitico appartiene una figura femminile, proveniente dalla grotta di Zas a Naxos, a forma di piccola lastra rettangolare dove i dettagli anatomici sono resi con leggere incisioni. Le mani sono sotto i seni dunque in una posizione molto diffusa nella scultura cicladica (sch. 16).
Al Neolitico Finale è da ricondurre anche un busto in terracotta proveniente da Amorgos (sch. 17).