Il termine «Mesolitico» si è affermato all'inizio del secolo scorso nell'Europa occidentale per indicare i complessi riferibili al periodo compreso tra il Maddaleniano (ritenuto l'ultimo termine della sequenza paleolitica) e il Neolitico. Le ricerche condotte a cavallo del secolo avevano infatti messo in luce dei complessi intermedi, non attribuibili né al Maddaleniano né al Neolitico (dapprima il Tardenoisiano nel Nord della Francia, quindi l'Aziliano nella regione pirenaica e infine il Sauveterriano nell'Agenais), che si riteneva occupassero alcuni millenni del Postglaciale antico. Oggi l'Aziliano è riferito alla parte più recente del Tardiglaciale, mentre al Postglaciale (età olocenica) vengono attribuiti il Sauveterriano, il Tardenoisiano e i complessi coevi, che costituiscono il Mesolitico. Non tutti gli autori concordano però sul termine Mesolitico: alcuni hanno infatti proposto, per indicare lo stesso fenomeno, il termine «Epipaleolitico» (tuttavia nell'accezione più diffusa esso indica le ultime industrie di età tardiglaciale) evidenziando una continuità culturale con il Paleolitico e riservando il termine «Mesolitico» ai complessi «di transizione», nei quali si sta realizzando il processo di neoliticizzazione.
Ad una definizione di Mesolitico basata essenzialmente sui caratteri delle industrie litiche, alcuni autori hanno proposto una diversa definizione del Mesolitico dando risalto soprattutto ai cambiamenti economici e del modo di vita, verificatisi in conseguenza delle modificazioni ambientali, che favorirebbero in particolare un processo di sedentarizzazione e, conseguentemente, il grado di ricettività alla neolitizzazione.
La definizione di Mesolitico è stata dunque ed è tuttora argomento di discussione. Noi adotteremo la terminologia più diffusa, che dà più importanza ai cambiamenti nelle industrie litiche e attribuisce al Mesolitico i complessi sauveterriani e tardenoisiani, e gli altri complessi coevi. Riteniamo che i fenomeni di adattamento dei cacciatori agli ambienti postglaciali, vi siano stati ma siano meno rilevanti rispetto ai mutamenti che si hanno nella produzione litica.
Per quanto riguarda la cronologia, il Mesolitico viene fatto iniziare attorno al 10.000 b.p., quando termina l'ultima glaciazione e inizia quel miglioramento climatico (Olocene) che è tuttoggi in corso. Il limite superiore è molto più difficile da definire. Esso infatti può variare anche all'interno della medesima regione, in quanto il Mesolitico viene fatto terminare con la neoliticizzazione che è un fenomeno economico, sociale e culturale, importato in Europa dal Vicino Oriente attraverso i Balcani lungo la direttrice danubiana e lungo le coste del Mediterraneo occidentale, che si realizza in momenti diversi, in relazione alla posizione di ciascun territorio rispetto ai percorsi di diffusione dei coloni neolitici o dei comportamenti e delle idee che modificarono le culture degli ultimi cacciatori. Tanto per avere un riferimento cronologico però, possiamo dire che la neoliticizzazione si completa attorno al 7.500 b.p.
Con la fine del Tardiglaciale würmiano inizia dunque un miglioramento climatico che porta gradualmente a condizioni ambientali simili a quelle attuali; abbiamo un deciso arretramento dei ghiacciai che apre nuovi spazi alla penetrazione dei gruppi umani, il livello del mare si innalza progressivamente determinando un arretramento delle linee di costa, le zone a steppa vengono a rarefarsi in concomitanza dello sviluppo delle foreste e anche la fauna subisce delle modificazioni, determinando diversi orientamenti economici.
Come abbiamo visto, alla fine del Paleolitico superiore in Europa si possono distinguere diverse aree culturali: quella occidentale-atlantica dove si sviluppa l'Aziliano, le penisole iberica, italica e balcanica in cui perdurano i complessi epigravettiani con differenziazioni regionali, ecc.; in tali complessi compaiono alcuni caratteri che nell'epoca successiva vengono ad accentuarsi. Nell'Epigravettiano italico sono documentate, ad esempio, armature microlitiche, talora ipermicrolitiche, di forma geometrica ottenute con la tecnica del microbulino, che caratterizzano successivamente i complessi della prima fase del Mesolitico.
Comunque la proliferazione delle armature microlitiche è caratteristica di gran parte d'Europa e conferisce al Mesolitico un aspetto relativamente uniforme ad attestare un processo di riunificazione e di diffusione delle principali innovazioni tecnologiche, realizzatosi in tempi brevi attraverso nuovi contatti tra gruppi differenti identificabili soprattutto attraverso l'analisi degli strumenti comuni.
In generale, durante il Mesolitico si registrano in alcuni siti nuovi orientamenti economici, in cui si può talora rilevare un maggiore sfruttamento delle risorse naturali rispetto alle epoche precedenti. Gli insediamenti sono prevalentemente all'aperto, spesso in prossimità di corsi d'acqua, bacini lacustri, in riva al mare; anche le grotte e i ripari continuano comunque ad essere frequentati a scopo abitativo. Anche se di minor estensione di quelli del Paleolitico superiore, i siti mesolitici raggiungono una più alta densità, soprattutto nelle aree ricoperte da foreste; tale maggior diffusione degli abitati sembra da attribuire ad un notevole incremento demografico.
Le usanze funerarie non rivelano cambiamenti di rilievo rispetto al Paleolitico.
Scompare la grande arte naturalistica franco-cantabrica; decadono sia l'usanza di decorare le pareti delle caverne sia la produzione di oggetti d'arte mobiliare. Le testimonianze artistiche note denotano una tendenza verso una progressiva stilizzazione e schematizzazione.
Le industrie litiche del Mesolitico sono caratterizzate in gran parte d'Europa da piccole armature microlitiche standardizzate, di forma prevalentemente geometrica, ottenute con la tecnica del microbulino, ma anche da piccole punte, che venivano inserite in supporti di legno e più di rado d'osso. Ma accanto a questo aspetto comune, legato soprattutto alle tecniche venatorie, è possibile individuare particolari caratteristiche che ci permettono di definire vari complessi.
In una vasta area che comprende le regioni occidentali-atlantiche, il Mediterraneo centro-occidentale e la zona alpina si diffondono complessi relativamente omogenei, fino a qualche tempo fa generalmente denominati «sauveterroidi» e «tardenoidi». In seguito sono state distinte due aree: una che comprende la Francia settentrionale, il bacino del Reno, l'alto bacino del Danubio e il versante settentrionale delle Alpi, dove si sviluppano i complessi di Beuron-Coincy e di Montbani; un'altra estesa alla Francia meridionale, la Spagna orientale, l'Italia centro-settentrionale e la Slovacchia, in cui si diffondono il Sauveterriano e il Castelnoviano.
Il Sauveterriano fu definito da L. Colulonges (1931, 1935) a seguito degli scavi effettuati a Sauveterre-la-Lémance nel Périgord; successivamente è apparso ben documentato a Rouffignac. Esso sembra derivare dai complessi della fine del Paleolitico superiore locale, come l'Aziliano dell'area maddaleniana e le facies epigravettiane recenti delle regioni mediterranee, dei quali accentua alcune caratteristiche. È caratterizzato da armature ipermicrolitiche, che comprendono triangoli isosceli e scaleni, segmenti di vario tipo, le cosiddette «punte di Sauveterre» (punte doppie a dorso bilaterale), punte a dorso bilaterale con base naturale o troncata. Tra gli strumenti comuni compaiono forme corte di grattatoi, i bulini su scheggia e i coltelli a dorso.
Il Castelnoviano è stato definito a seguito degli scavi condotti da M. Escalon de Fonton (1967, 1968) a Chateauneuf-les-Martigues. è caratterizzato da una litotecnica raffinata che produce lame regolari, sottili, a sezione trapezoidale o triangolare, dalla presenza, nell'ambito degli strumenti, i grattatoi su lama e lame denticolate e dallo sviluppo delle armature trapezoidali (cioè i trapezi)e romboidali con troncature solitamente concave.
Al Castelnoviano vengono riferiti i complessi a trapezi dell'Italia centro-settentrionale e del Levante spagnolo, nei quali persistono anche armature di tradizione sauveterriana; i caratteri peculiari della facies italica sono descritti nel capitolo 9.
Il complesso di Beuron-Coincy è caratterizzato da armature microlitiche e non ipermicrolitiche come nel Sauveterriano; tra esse compaiono punte a profilo triangolare e base troncata (triangoli di Coincy e punte di Tardenois).
Il complesso di Montbani ha catene operative simili a quelle del Castelnoviano; le armature trapezoidali presentano però troncature prevalentemente rettilinee. Caratteristica è un'industria su corno di cervo, ben documentata sul versante settentrionale delle Alpi, costituita da un tipo di arpone piatto a due ordini di denti, asce e spatole. Il ritrovamento degli stessi manufatti in piccolo numero anche nel Castelnoviano del Bacino dell'Adige suggerisce l'instaurarsi di rapporti diretti tra i due versanti alpini in questa età.
Nei complessi mesolitici dell'Europa nord-occidentale sono presenti, oltre a grattatoi su scheggia, punte e armature geometriche, tranchets, picchi, arponi in osso a uno o due ordini di denti. Più differenziati i complessi dell'Europa orientale.
> Principali strumenti mesolitici, fig. 1, fig. 2
L'idea che gli adattamenti agli ambienti postglaciali abbiano determinato modificazioni molto importanti nel modo di vita e nell'economia degli ultimi cacciatori d'Europa è largamente diffusa tra gli studiosi: va tuttavia precisato che tali modificazioni sono piuttosto quantitative che qualitative. In tutte le regioni d'Europa la caccia ai mammiferi di media e grossa taglia continua a essere l'attività predominante, anche se tra le specie cacciate ora prevalgono quelle legate all'ambiente forestale, come il cervo, il capriolo e il cinghiale. Ad esse si aggiungono l'uro e l'alce nell'Europa centro-settentrionale, lo stambecco e il camoscio nelle regioni montuose.
Relativamente alle tecniche di caccia, alcuni autori presuppongono forme di caccia collettiva, sia in base alle testimonianze relative all'utilizzo del fuoco che alle pitture del Levante spagnolo (Cueva de los Caballos).
Diffusa appare l'utilizzazione dell'arco, documentato da ritrovamenti nell'Europa centro-settentrionale sia di archi interi o frammentari (Holmegaard, Muldjeberg, Stellmar, Braband, ecc.) sia da frecce complete, formate da un'asta di legno con cocca alla base, punta costituita da un'armatura di selce fissata con mastice e uno o più denti formati da altre armature inserite lateralmente lungo una scanalatura (Loshult, Vinkel, Holmegaard).
Non è ancora chiaro se la scoperta dell'arco sia stata realizzata tra la fine del Paleolitico superiore e il Mesolitico, oppure se risalga alle fasi precedenti del Paleolitico superiore, come viene sostenuto da alcuni autori sulla base di sperimentazioni balistiche su armature litiche molto piccole e leggere che presentano fratture da impatto (punte a dorso o a ritocco erto marginale dell'Aurignaziano, microgravettes, punte a cran solutreane) e delle raffigurazioni di frecce impennate in varie pitture e incisioni paleolitiche.
La pesca fu largamente praticata nei siti prossimi ai laghi, ai fiumi e lungo le coste. Un caso singolare è rappresentato dalla Grotta dell'Uzzo, in Sicilia, dove i Mesolitici praticarono, assieme alla caccia ai mammiferi e alla raccolta di molluschi marini, la pesca ai grossi pesci dei fondali rocciosi, prevalentemente cernie, rappresentate da resti di individui di grossa taglia.
La raccolta dei molluschi marini è documentata in molti siti costieri, sia dell'Europa centro-settentrionale sia dell'Europa meridionale, dalla formazione di cumuli di conchiglie di molluschi marini eduli, detti chiocciolai. Come abbiamo visto, già nel Paleolitico superiore assistiamo alla formazione di un'economia mista, basata sulla caccia, la pesca e la raccolta di molluschi marini, ma nel Mesolitico assistiamo ad una marcata intensificazione delle ultime due attività.
La scoperta di siti mesolitici in depositi di limi o di torbe ha consentito anche il ritrovamento di vegetali: alcuni depositi hanno restituito nocciole e altri frutti spontanei come castagne, mirtilli, fragole. In alcuni depositi sono documentate anche la raccolta delle uova e la piccola caccia alle tartarughe palustri; in una pittura del Levante spagnolo pare raffigurata la raccolta del miele.
La rarità di questi ritrovamenti e in particolare l'impossibilità di stabilire il ruolo che la raccolta di vegetali aveva nei singoli siti rende tuttavia difficile una ricostruzione del quadro complessivo dell'economia e dei modi di vita mesolitici. Vari autori ritengono che i gruppi mesolitici settentrionali, dotati di grande mobilità, differenziassero le loro attività stagionalmente, praticando prevalentemente la pesca in primavera ed estate, la raccolta dei vegetali in autunno, la caccia d'inverno. Nel versante meridionale delle Alpi, nel Bacino dell'Adige, i gruppi mesolitici risiedevano durante l'inverno e la primavera nei siti di fondovalle, praticando la caccia ai mammiferi di grossa e media taglia, la pesca, la piccola caccia alle tartarughe palustri, la raccolta dei molluschi di lago e delle uova; durante l'estate e l'autunno si spostavano sulla montagna, ponendo i campi al limite tra foreste e praterie alpine, in modo da poter cacciare sia gli stambecchi che popolavano i terreni aperti sia i cervi, legati agli ambienti forestali.
Gli abitati durante il Mesolitico presentano una densità maggiore rispetto al Paleolitico superiore, pur non raggiungendo l'estensione dei più importanti siti dell'epoca precedente. Essi infatti sono rappresentati spesso da una sola unità, raramente da due o tre.
Nell'Europa centro-settentrionale gli insediamenti, in prossimità di laghi o corsi d'acqua, venivano impiantati su suoli sabbiosi, più asciutti; in ambienti torbosi si sono conservate in alcuni siti, come a Duvensee, piattaforme ii legno di forma ovale, rotonda o rettangolare. Sono inoltre stati identificati pavimentazioni lignee (Colver Well, Vedback, Bloksbjer, Mšrkendola), allineamenti di pali interpretati come strutture di sostegno di tende (Oerlinghausen, Baraishefield, Vester Ulslev, Ring Kloster) o di un lungo tetto (Wack Hill North, Hambleton Hill, Bodger Slachs).
Nell'Europa centro-orientale sono stati riconosciuti siti di diversa estensione, con funzioni differenziate: campi-base con più abitazioni, indicate da concentrazioni di manufatti, o con un'unica struttura d'abitato, occupata probabilmente da una sola famiglia, e campi secondari in cui si svolgevano le attività estrattive.
Nell'Europa meridionale, oltre a siti all'aperto, sono frequenti abitati in ripari sotto roccia, che non si differenziano da quelli paleolitici (Italia).
Relativamente alle usanze funerarie, sono documentate un buon numero di sepolture isolate o riunite in necropoli: Tèviec (23 inumati) e Ho‘dic (13 individui) nel Morbihan, Muge (280 individui distribuiti in tre necropoli) in Portogallo, Bogehakken (22 individui) in Danimarca. Abbastanza frequenti sono le sepolture multiple, bisome (adulto e fanciullo) e trisome (maschio, femmina e bambino). Il cadavere è sempre deposto in posizione seduta o disteso in posizione rattratta all'interno di una fossa, talora circondata da corna di cervo (Hoëdic, Tèviec, Bogehakken) o da lastre di pietra su cui sono comparsi resti di focolari inerenti al rito funebre (Tèviec), o ricoperta di pietre.
È frequente l'uso dell'ocra e sono presenti corredi formati da oggetti ornamentali, strumenti di selce o d'osso.
Da rilevare il ritrovamento a Tèviec di una lamella di selce infissa in una vertebra lombare di un individuo maschile, riferita ad una freccia che ne avrebbe causato la morte.
Scomparsa la grande arte naturalistica del Paleolitico superiore, la produzione artistica di epoca mesolitica risulta assai scarsa; tra le opere d'arte mobiliare compaiono ossa incise, generalmente con motivi geometrici, e qualche rarissima statuetta femminile.
Viene comunemente riferita al Mesolitico l'arte parietale «levantina», così denominata in quanto appare documentata lungo la costa orientale spagnola, da Barcellona a Malaga (Beltr‡n 1968).
Si tratta di pitture monocrome in rosso, raramente in nero, a tinta piena, eseguite in ripari sotto roccia, anziché nelle parti più profonde delle grotte come la maggior parte delle opere d'arte parietali paleolitiche.
Indubbiamente l'arte levantina, pur di ispirazione naturalistica, si differenzia da quella paleolitica sia per il contenuto, con figure umane e di animali associate in composizioni pervase da un forte dinamismo, sia per elementi di carattere tecnico e stilistico, essendo le figure eseguite a tinta piena, spesso in forme di accentuata stilizzazione.
Sono riprodotte complesse scene di caccia, di combattimento, di vita familiare; mentre le figure di animali sono eseguite in stile naturalistico, le figure umane, in quantità non inferiore a quelle zoomorfe, appaiono stilizzate secondo due diversi moduli: con aspetto filiforme, del tipo definito «nematomorfo», o con torace triangolare, vita esile e gambe grosse, del tipo detto «pachipodo».
Queste figure non sono mai in posizione statica, ma colte in movimento attraverso particolari accorgimenti, come la divaricazione delle gambe per rendere l'idea della corsa. La linea del profilo è tracciata in maniera da evidenziare alcuni particolari, quali la pettinatura, ornamenti della testa costituiti generalmente da piume, corna di animali o appendici ad uncino; a volte sono indicate anche le vesti, lunghe gonne campaniformi per le donne o pantaloni lunghi fino al ginocchio per gli uomini.
Nelle scene di lotta e di caccia gli uomini con la mano sinistra impugnano l'arco, generalmente assai grande, insieme ad un fascio di frecce, mentre con la destra tendono la corda. Già è stato detto dell'importanza della presenza in queste pitture dell'arco, la cui diffusa utilizzazione in epoca mesolitica è documentata anche da eccezionali ritrovamenti di reperti lignei.
Tra le composizioni più note ricordiamo la caccia al cervo del riparo Los Caballos nel Barranco de Valltorta (Castellòn) in cui un gruppo di arcieri, ciascuno colto in diverso atteggiamento, scaglia frecce contro una mandria di cervi alcuni dei quali appaiono colpiti; tra le altre figure del riparo merita rilievo quella di un guerriero che sta cadendo a terra trafitto da alcune frecce.
Nel riparo Los Dogues, sempre in provincia di Castellòn, una scena di combattimento: un gruppo numeroso di guerrieri in corsa affronta un altro gruppo meno consistente riprodotto in posizione più statica, quasi nel tentativo di fermare l'avanzata dei nemici; si distingue la figura del capo con la testa e la vita ornate di piume.
Famosa è la scena della raccolta del miele della Cueva de la Arana nella provincia di Valencia; un uomo arrampicato su una corda con un recipiente nella mano sinistra raccoglie il miele da una cavità naturale della roccia, mentre alcune api gli ronzano intorno e, in basso, un altro uomo più piccolo tiene la corda tesa.