Nel periodo del bronzo antico, invece, fanno la loro apparizione due serie di notazioni simboliche.
a) Marche di vasai. La prima è costituita dalle famose marche di vasai che ritroviamo lungo tutto il corso della storia. Si tratta di segni incisi, in genere prima della cottura, su vari tipi di vasi, sovente sull'orlo, o sul collo, o anche vicino alla base dei recipienti. Questi segni, che il piú delle volte sono appunto incisi, possono anche essere stampati con un sigillo. Le forme delle incisioni sono le piú diverse, ma spesso si tratta di un semplice motivo geometrico, ad esempio una freccia, uno zigzag, un triangolo, una croce, un trattino o anche un punto.
Il fatto di ritrovare alcuni di questi segni nelle scritture egee del II millennio a.C. a rigore non significa nulla, poiché, percorrendo l'elenco delle marche di vasai che ci sono state tramandate dalle varie civiltà del mondo, vediamo che gli stessi motivi appaiono presso popoli che nón sono mai stati in contatto tra loro. Se prendiamo ad esempio delle incisioni di vasaio attestate nelle civiltà del Mediterraneo e quelle di una tribú dell'Amazzonia, i caduveo, vediamo che le stesse incisioni si ritrovano tali e quali presso questi popoli ovviamente diversi e distanti dal punto di vista cronologico, geografico e culturale. Questa è la prova lampante che è difficile stabilire eventuali parentele tra gruppi o culture che presentano una o piú marche di vasai simili.
La funzione di queste marche di vasai è quindi indipendente da ogni messaggio scritto. Il fatto che siano state eseguite prima della cottura esclude che possano essere servite a indicare il contenuto futuro dei vasi e giustifica l'appellativo di marche di vasai. Potrebbe trattarsi, infatti, della firma di un vasaio o della marca di una bottega. Tuttavia una tale ipotesi potrà soltanto essere confermata o smentita attraverso uno studio sistematico di queste marche per tutti i periodi m cui sono attestate e tutte le regioni dove appaiono.
È utile notare, per concludere, che esse sono sconosciute nell’epoca neolitica e rappresentano, nell’Egeo, un’innovazione tipica dell’età del bronzo.
b) I sigilli. La seconda serie di annotazioni simboliche appare sui sigilli: i sigilli sono belle pietre incise con disegni o simboli, di cui possiamo venire a conoscenza sia direttamente, grazie al ritrovamento del sigillo vero e proprio, sia indirettamente, attraverso la sua impronta su un supporto come l'argilla cruda. Questi sigilli sono poco attestati nel bronzo antico I. Li ritroviamo, sempre in numero limitato, nel bronzo antico II, in particolare nel nord-est dell'Egeo, a Poliochni, nelle Cicladi, a Creta, nel Peloponneso, a Lerna e nella Grecia centrale, a Haghios Kosmas e Haghia Irini. A partire dal bronzo antico III e, soprattutto, dal bronzo medio I, diventano frequentissimi nelle medesime regioni. I materiali utilizzati comprendono la terracotta, il metallo e l'avorio, ma il piú diffuso è sicuramente la pietra. Le forme di questi sigilli presentano già una grande diversità: troviamo sigilli zoomorfi, conici, prismatici, cilindrici. I motivi incisi, sono per la maggior parte motivi geometrici e, tra questi, i motivi rettilinei sono probabilmente meno frequenti dei motivi curvilinei. Vi sono anche, comunque, motivi identici ad alcune marche di vasai conosciute.
Nel corso degli scavi che l’università degli studi di Napoli, in collaborazione con il ministero greco per i Beni Culturali, conduce a Creta sin dal 1982, sono venuti alla luce documenti amministrativi di grande importanza storica. Questi documenti sono stati ritrovati nelle rovine di un insediamento protopalaziale distrutto intorno al 1700 a.C., a Monastiraki, lungo la strada che costeggiava il versante occidentale dello Psiloritis e conduceva dalla pianura della Messará alla costa settentrionale di Creta (fig. 28).
In una piccola stanza di qualche metro quadrato, sono state scoperte varie centinaia di documenti d'argilla che presentavano da una a ventisei impronte di sigilli (fig. 29). Questi documenti servivano a chiudere vasi, panieri, porte, grandi pithoi, ed erano stati applicati, mentre l'argilla era ancora molle, sull'orlo, il collo o il coperchio dei recipienti, in modo che non si potesse prelevare nulla del loro contenuto a meno di rompere la pasticca d'argilla che ne assicurava la chiusura.
Al momento in cui furono depositati nella stanza dove si trovavamo quando il terremoto ha colpito Monastiraki, questi documenti non servivano a chiudere piú nulla. Erano già stati staccati dall’oggetto al quale erano applicati e un funzionario palaziale si era preoccupato di raccoglierli nel luogo dove li abbiamo rinvenuti poco meno di quattromila anni dopo.
Il locale presentava caratteristiche peculiari che ci consentono di parlare di una vera e propria sala d’archivio. Infatti, all’interno della stanza, le impronte di sigilli erano chiaramente depositate su delle étagères di legno attaccate al muro. Quando la distruzione della fine del M.M. II ha colpito Monastiraki, come del resto tutti i centri palatini della Creta del medio minoico, le étagères e il loro contenuto si sono sparpagliati al suolo, si è scatenato un incendio di straordinaria violenza (non dobbiamo dimenticare che i minoici utilizzavano: lampade a olio e che i piani superiori delle loro costruzioni erano in argilla cruda e in legno) e ha cotto, consentendone cosí la conservazione, le cretule d'argilla che abbiamo ritrovato sul pavimento del locale insieme alle ceneri degli scaffali e agli stucchi che ricoprivano le pareti della stanza.
Vi era quindi una classificazione di questi strumenti amministrativi in un locale ben preciso adibito a tale scopo. Ma perché appunto raccogliere le cretule all’interno di una sala d'archivio? La risposta è evidente: per consentire in qualunque momento ai responsabili dei magazzini del palazzo di ripercorrere e controllare le operazioni effettuate e di cui le cretule rendevano conto.
Quali operazioni? È abbastanza facile, sulla base della testimonianza delle cretule e delle impronte di sigilli che contengono, ricostruire una parte della vita amministrativa delle prime residenze palaziali cretesi del medio bronzo.
Il sovrano ha fatto sistemare nelle riserve e nei magazzini del suo palazzo i prodotti agricoli come l’olio, il grano, l’orzo, il vino, i legumi, i fichi che provengono dalle campagne del suo regno. Ora si tratta di gestire questi beni e, tra l’altro, di distribuire alle persone che lavorano per conto dello stato le razioni alimentari previste come compenso, sia del lavoro effettuato sia di qualunque altra prestazione legata all’organizzazione del regno. Si tratta quindi di prelevare dalle riserve palaziali e dai magazzini una parte di quello che vi è stato depositato.
I magazzini sono ampi e ogni complesso palaziale conta più magazzini. Il re ha, verosimilmente, nominato dei funzionari incaricati della loro gestione. Sono costoro che hanno il compito di distribuire le razioni alimentari che il palazzo deve al suo personale e lo stato ai suoi cittadini. Chiunque viene a prelevare razioni alimentari, oppure beni di qualunque genere, deve lasciare una traccia del suo passaggio e una prova della quantità di razioni o di altri prodotti che gli sono stati consegnati dal funzionario preposto a questo scopo. La prova è costituita dalla cretula nella quale sono state impresse le impronte di sigilli.
Chi prelevava due, cinque, dieci razioni alimentari di grano o di olio in un magazzino, lasciava al funzionario preposto al locale una cretula che, fino alla prossima operazione di prelievo, veniva applicata sul coperchio del vaso e la cretula conteneva, quindi, due, cinque o dieci impronte di sigilli. In questo modo il funzionario palaziale sapeva, attraverso l’identificazione dell’impronta del sigillo, chi era l’ultima persona che aveva ritirato le razioni alimentari poiché il sigillo aveva, nella società minoica e anche in molte altre società antiche, la stessa funzione delle nostre carte d’identità o dei nostri passaporti. Inoltre, grazie al numero di impronte stampate nell'argilla, lo stesso funzionario sapeva quante razioni alimentari erano state prelevate da chi aveva effettuato l'ultima operazione di prelievo.
Qualche tempo dopo, quando un'altra persona si presentava presso il funzionario preposto al magazzino per prelevare altre razioni alimentari, quest’ultimo faceva saltare la cretula che sigillava il vaso nel quale erano conservati i beni da prelevare, consegnava le nuove razioni o i nuovi beni richiesti, quindi pregava il suo nuovo interlocutore di confezionare una cretula e di stamparvi, con il proprio sigillo, un numero di impronte corrispondente al numero di razioni alimentari sottratte al magazzino.
Per avere un’idea precisa del numero delle persone che avevano prelevato beni, razioni alimentari conservate nei vasi, o prodotti dell'artigianato come tessuti, arnesi o armi conservati in stanze ad hoc, era sufficiente consultare le impronte di sigilli raccolte nella sala d'archivio e, grazie all’identificazione dell’impronta, risalire agli individui che si erano presentati ai custodi dei magazzini per prelevare i beni ai quali avevano diritto.
Per conoscere poi il numero dei prodotti sottratti ai magazzini palaziali, bastava calcolare le impronte impresse sulle varie cretule depositate nella sala d'archivio.
Questo sistema di contabilità era estremamente empirico, ma consentiva comunque di tenere una documentazione rigorosa di tutti i movimenti legati all’attività dei magazzini palaziali.
Sulla base delle testimonianze archeologiche cretesi, siamo quindi in grado di seguire il cammino di questi documenti d'archivio, di tipo molto particolare, lungo tre tappe ben distinte.
In primo luogo, avveniva la fase di prelievo, da parte dell’autore della cretula, delle razioni alimentari spettanti. Questa operazione si svolgeva sotto il controllo del responsabile del magazzino.
In secondo luogo, l’amministratore locale classificava le cretule rimosse dai vari contenitori in un’apposita sala d’archivio. Questa operazione avveniva ogni volta che si effettuavano nuove operazioni di prelievo di beni, cioè certamente parecchie volte al giorno.
Dopo la nostra scoperta del 1984, l’università di Creta, che ha ripreso gli scavi a Monastiraki, ha scoperto nuovi depositi di cretule in altri punti dell’insediamento protopalaziale. Questo significa che all’interno di ogni complesso vi erano diverse sale d’archivio contenenti le cretule di cui abbiamo parlato. È abbastanza logico se si pensa alla quantità di movimenti che si registravano nei vari magazzini e, di conseguenza, alla quantità di cretule che venivano prodotte ogni giorno. Per facilitare le operazioni di controllo è altamente probabile che vi fosse una sala d’archivio nei pressi di ogni magazzino di una certa importanza, e che ogni amministratore rispondesse di un locale nel quale erano conservate le tracce dei movimenti di beni che era stato chiamato a registrare e a controllare.
Il ruolo di intermediazione tra il palazzo e i villaggi, tra colui cne teneva le redini dell’amministrazione e coloro che erano impegnati a far funzionare l’economia dello stato, era assunto, verosimilmente, da individui di cui possiamo percepire l’identità e rilevare le tracce attraverso le cretule d’argilla che ci sono state tramandate.
Questi personaggi facevano da tramite tra il palazzo e gli impiegati dello stato (artigiani, operai, pastori, agricoltori). Erano certamente incaricati dall’amministrazione centrale di vigilare sull’esecuzione degli ordini del palazzo, sul mantenimento dei tassi di produzione fissati per le greggi affidate ai pastori o per le of ficine in cui lavoravano operai e operaie dell'industria tessile. Dovevano anche, secondo ogni probabilità, assicurarsi del pagamento da parte delle comunità contadine dei compensi in natura previsti dal potere centrale. Cosí si presentavano ai preposti alla custodia dei magazzini palaziali per ritirare le razioni alimentari da distribuire al loro personale. Trattandosi di persone che godevano di un certo prestigio nell’economia e nella vita della società, erano in possesso di documenti d’identità personali, rappresentati dai sigilli, che servivano ad autenticare i documenti contabili, ovvero le cretule, lasciate nelle sale d’archivio dei palazzi.
Non vi sono molte impronte di sigilli diverse nelle cretule scoperte a Monastiraki per la semplice ragione che le persone che facevano da tramite tra il palazzo e il mondo del lavoro non erano molto numerose e questo offre tra l’altro un’ulteriore conferma della loro importanza.
Ma torniamo alla storia della scrittura. Il sistema burocratico inventato dagli amministratori dei primi palazzi minoici per controllare la gestione dei magazzini palaziali è forse efficace, ma è anche complicato e incompleto
È complicato perché ogni cretula corrisponde a una sola operazione contabile e, inoltre, non ci informa affatto sulla natura dei prodotti prelevati nei magazzini palaziali. È probabile che, sulla base delle classificazioni effettuate dagli amministratori locali, si sia potuto determinare che le razioni distribuite erano razioni d’orzo, di frumento, d’olio o di fichi. È possibile, ad esempio, che le operazioni collegate con le distribuzioni d’olio d’oliva fossero state classificate tutte in un determinato punto della sala d’archivio, mentre quelle relative alle distribuzioni di cereali fossero depositate in un altro punto della stessa sala oppure ancora in un’altra sala (abbiamo visto che le sale d’archivio dove erano conservate le cretule di Monastiraki erano piú d'una, e nulla ci vieta di immaginare che vi fossero sale d’archivio collegate con magazzini destinati alla conservazione di tale o tal altro prodotto); tuttavia, la consultazione di un singolo documento non consentiva certamente di specificare la natura del bene al quale si riferiva.
Oltre a essere complicato, questo sistema era incompleto. Nulla infatti traspare del contesto particolare in cui si svolgeva ogni distribuzione di prodotti. La consultazione di una cretula non ci dice le ragioni per cui un individuo poteva pretendere una, due o venti razioni alimentari. Si ignora tutto del settore dell’economia palaziale a cui afferisce e non si ha alcuna idea del ruolo svolto dai personaggi tra i quali, in un’ulteriore fase, questi beni avrebbero dovuto essere ripartiti.
Durante il M.M., ha fatto la sua apparizione a Creta un’economia di tipo palaziale, caratterizzata dallo stoccaggio e dalla ridistribuzione dei beni dello stato. Questo segna la nascita di un sistema amministrativo che consente di registrare le operazioni contabili dei magazzini palaziali. Lo strumento sul quale poggia questo primo sistema amministrativo è la cretula d’argilla con le impronte di sigilli lasciate da tutti coloro che hanno prelevato dei beni dal palazzo. Gli amministratori minoici dovranno tuttavia perfezionare tale strumento per far fronte allo sviluppo crescente dell’economia e alle sue esigenze, soprattutto quelle connesse all'intensificarsi delle relazioni internazionali. Infatti ormai la presenza cretese è ben radicata lungo le coste del Mediterraneo, dalla Siria alla valle del Nilo e alle rive dell'Anatolia.
Le migliorie apportate dai funzionari palatini agli strumenti burocratici rappresentati dalle cretule compaiono molto presto. Nello stesso periodo, parallelamente al sistema di controllo inaugurato dalle cretule d’argilla appena descritte, appaiono altri documenti d’argilla. Sono delle tavolette. Le piú antiche finora ritrovate provengono dal palazzo minoico di Festo. Doro Levi le ha scoperte nel 1953, in uno strato di distruzione che sembra contemporaneo all'archivio di cretule di cui abbiamo parlato.
Tali documenti non costituiscono una mescolanza di scrittura geroglifica e di scrittura lineare A, come alcuni hanno pensato, ma rappresentano invece la piúù antica testimonianza di lineare A mai documentata a Creta. Tra questi documenti, accanto a testi che presentano alcuni segni che sono i veri e propri archetipi dei segni della lineare A classica, quale la ritroviamo nel periodo dei secondi palazzi qualche centinaio di anni dopo, ve ne sono altri, estremamente rozzi ed elementari, chiaramente redatti da scribi che non hanno ancora potuto o saputo padroneggiare l'uso della scrittura.
La tavoletta PH 11 di Festo è uno di questi (fig. 31). Si tratta di un documento che, come tutti quelli che provengono dallo stesso luogo, il vano xxv del primo palazzo, è stato cotto casualmente nell’incendio che ha devastato Festo intorno al 1700 a.C. Si noterà che a consentire la conservazione delle cretule d'argilla come delle tavolette sono le stesse cause accidentali rappresentate dai violenti incendi seguiti al terremoto.
La tavoletta PH 11, invece di presentare sillabogrammi, ideogrammi o cifre come tutte le altre tavolette, è divisa in una serie di scompartimenti all’interno dei quali sono incisi dei trattini, spesso verticali e qualche volta orizzontali.
Quale può essere la finalità di un documento del genere e cosa ha tentato di esprimere il suo autore? La tavoletta è divisa in dieci scompartimenti, in modo da poter separare i conti relativi all'una o all'altra registrazione. Cosí, teoricamente, potrebbe darsi che il primo scompartimento, all’interno del quale sono incisi tre trattini verticali, si riferisca a registrazioni di grano, il secondo, dove si possono contare nove trattini verticali, a registrazioni d'olio, e via dicendo.
In definitiva, l’operazione contabile raffigurata in questa tavoletta presenta molti punti in comune con i conti che gli amministratori palaziali facevano elencando le impronte di sigilli sulle cretule di Monastiraki o di Festo. Tuttavia la tavoletta rappresenta un progresso incontestabile rispetto alle cretule d’argilla, poiché in un solo documento d’archivio sono raccolte varie decine di operazioni contabili. Tanti, in effetti, sono i trattini incisi su PH 11.
In realtà, l’autore della tavoletta PH 11 ha inventato qualcosa che avrà un ruolo fondamentale nell’evoluzione della scrittura: le cifre. Vale a dire: ogni trattino verticale corrisponde a un’operazione contabile, quindi un trattino rappresenta la cifra 1, due trattini la cifra 2 e cosí via. Poiché gli uomini posseggono dieci dita, molto presto il sistema numerico decimale farà la sua comparsa, tanto che già lo ritroviamo in questo stesso periodo protopalaziale: ogni qualvolta saranno state effettuate dieci operazioni contabili, si abbandoneranno i trattini verticali per incidere un trattino orizzontale, il quale, da solo, riassumerà e sintetizzerà un numero di operazioni diverse uguale alle dieci dita delle mani.
L’invenzione delle cifre rappresenta un progresso notevole, ma non tale da consentire alle tavolette cosparse di annotazioni numeriche, come PH 11, di essere del tutto trasparenti; ad esempio, nulla si sa circa la natura dei beni contabilizzati nei testi.
Gli amministratori palatini dovranno perciò inventare qualcosa che possa informare i lettori dei loro archivi sui beni enucleati e contabilizzati nelle tavolette, e che sia in grado di indicare se le cifre si riferiscono a quantità di grano, d’orzo, d’olio, di vino, di vasi, eccetera.
Fanno quindi la loro apparizione gli ideogrammi o logogrammi. Si tratta di segni la cui interpretazione è relativamente facile. Infatti, con un briciolo di immaginazione e un minimo di pratica, se si trovano segni come che raffigurano vasi oppure cavalli, si capisce immediatamente di aver a che fare con registrazioni relative a vasi oppure a cavalli.
La presenza di questi segni ideografici, comuni a tutte le scritture cretesi, consentirà ai responsabili della contabilità palaziale di redigere documenti molto piú complessi di tutti quelli redatti fino ad allora. Ormai, combinando logogrammi e cifre, gli scribi potranno scrivere tavolette del tipo di PH 8, grazie alla quale sappiamo che al rigo i sono registrati dei panieri, al rigo 2 degli individui e al rigo 3 dei vasi del tipo chiamato rhyton (fig. 32).
Disponendo di un sistema di logogrammi in grado di coprire tutti i settori dell’attività agricola o artigianale degli stati minoici nascenti, gli amministratori palatini potranno incidere testi in cui sono indicati le tali quantità di grano, d'orzo, di fichi o di vino registrate nei magazzini palaziali, oppure i dati contabili relativi al tale individuo o al tale tessuto.
Ormai gli scribi minoici dispongono di cifre e di ideogrammi, ma vi sono altri progressi da compiere. Rimangono – e non è poco – da registrare i motivi della transazione, e da spiegare e definire le circostanze nelle quali queste registrazioni intervengono. Gli scribi dovranno inventare una scrittura nel senso moderno del termine, uno strumento capace di tradurre graficamente il pensiero degli amministratori palatini. E così accanto alle cifre e agli ideogrammi, ecco apparire, sempre nella Creta protopalaziale, i segni della scrittura, i simboli che, raggruppati, formano le parole e danno al discorso quel carattere univoco e universale che documenti composti di sole cifre e di soli ideogrammi certamente non posseggono.
Nello stesso vano xxv del palazzo di Festo dal quale proviene la tavoletta PH 11, sono stati ritrovati alcuni documenti scritti che hanno già tali caratteristiche, come ad esempio la tavoletta PH 7 (fig. 33). I gruppi di segni attestati in questo documento formano vere e proprie parole e la scrittura è la stessa della scrittura lineare A che ritroviamo nei documenti neopalaziali di Zakros, di La Canea, di Haghia Triada o di Arkhanès. È una scrittura che comprende circa ottanta segni, troppi per una scrittura alfabetica e troppo pochi per una scrittura ideografica: si tratta quindi di una scrittura sillabica. È stata utilizzata dagli amministratori del primo palazzo di Festo e la sua funzione è quella di commentare la registrazione dei beni delle residenze principesche minoiche.
Il periodo protopalaziale è dunque un momento decisivo per quanto concerne l’invenzione e la comparsa della scrittura a Creta e nell’Egeo. Per la prima volta nascono sistemi amministrativi legati all organizzazione dell’economia statale, il cui scopo è informare il palazzo sui movimenti legati ai magazzini. Tali sistemi, all'inizio molto empirici e rudimentali, si perfezionano nello spazio di poche generazioni; nello stesso periodo protopalaziale, all’interno delle stesse residenze, appaiono documenti scritti corredati da cifre prima, da cifre e ideogrammi poi, e, infine, da cifre, ideogrammi e segni di scrittura con valori fonetici veri e propri. La scrittura nasce quindi nel periodo dei primi palazzi cretesi e la sua nascita è dovuta a esigenze di carattere economico dettate dalle nuove condizioni politiche determinatesi nella società minoica all’inizio del II millennio a.C. e dall’affermarsi di un sistema palaziale basato sulla gestione globale, a livello di consegna e di ridistribuzione, dei beni dello stato.
Dobbiamo riflettere a questo punto su quanto abbiamo già detto a proposito del continente greco e della famosa Casa delle Tegole di Lerna. I documenti amministrativi rinvenuti nei resti della Casa delle Tegole sono identici alle cretule d'argilla scoperte a Monastiraki o a Festo. L'architettura della casa di Lerna presenta caratteristiche peculiari che ne fanno un edificio «pubblico», un punto di riferimento per tutto il territorio circostante, e un centro capace di organizzare la difesa e la soprawivenza delle popolazioni che vivevano nelle vicinanze. A Lerna si trovavano quindi riunite le condizioni che avrebbero consentito ai primi strumenti amministrativi di cui si è conservata traccia, grazie tra l’altro a un incendio simile a quello che distrusse i primi palazzi cretesi - di evolvere verso forme piú strutturate di scrittura. Invece nulla di tutto ciò è accaduto e l'invenzione delle cretule di Lerna è rimasta un fatto a se stante; il primo strumento amministrativo apparso sul continente non si è trasformato in un sistema grafico paragonabile a quello che i minoici hanno inventato nella loro isola. Perché? L’unica risposta è che l’insediamento di Lerna è rimasto una cattedrale nel deserto.
I primi strumenti amministrativi rappresentati dalle cretule costituiscono soltanto lo stadio che possiamo definire della «prescrittura». Sui sigilli infatti, sono incisi simboli che consentono di individuare il possessore dell’oggetto ma non hanno alcun valore fonetico, mentre sulle cretule sono stampate semplici impronte, ma non sono rappresentate cifre.
Occorreva quindi inventare una scrittura che fosse in grado di rendere conto della complessità delle operazioni contabili associate alla consegna e alla distribuzione dei beni e che potesse indicare la natura, le quantità e le circostanze legate ai movimenti delle riserve palaziali.
Nacque, così, la scrittura vera e propria.
Nello scavo del palazzo di Cnosso, Arthur Evans scoprì, in vari strati compresi tra il 1800 e il 1370 a.C., i resti di tre scritture da lui chiamate rispettivamente «geroglifica», «lineare A» e «lineare B». Per il padre dell’archeologia cretese, la più antica scrittura di Creta era quella geroglifica, così definita per la sua presunta somiglianza con quella geroglifica egiziana, dalla quale nascevano le altre due, chiamate lineari perchè, a differenza di quella geroglifica che non ha un andamento definito, i loro testi erano disposti orizzontalmente. Queste deduzioni erano soprattutto basate su argomenti di ordine stratigrafico e quindi cronologico. Infatti le iscrizioni geroglifiche del cosiddetto Deposito geroglifico di Cnosso, risalirebbero al M.M. IIB, mentre i documenti in lineare A dovrebbero essere datati al M.M. IIIB e i documenti in lineare B, sempre di Cnosso, al M.T. IIIA 1.
Alla civiltà minoica appartengono la scrittura geroglifica e la lineare A (entrambe non ancora decifrate), mentre il mondo greco miceneo utilizzò la lineare B decifrata nel 1952 da Michael Ventris.
Ora esamineremo la storia di ognuna di queste scritture per vedere quali sono i dati e le prospettive che emergono dalle più recenti scoperte di documenti scritti dell’Egeo del III e del II millennio a.C. Nel frattempo, in effetti, le cose sono cambiate e numerosi nuovi ritrovamenti hanno arricchito il nostro patrimonio di conoscenze sull’età del bronzo nel Mediterraneo orientale.
a) Il geroglifico. Le più antiche testimonianze di scrittura geroglifica risalgono ormai ad un periodo largamente anteriore al M.M. II. Infatti sono apparsi, in contesti dell’A.M. III o, al massimo, del M.M. IA, dei sigilli che presentano una quindicina di segni diversi, e appartengono tutti al sistema geroglifico. Questi sigilli per la maggior parte d’avorio (e quindi in precarie condizioni di conservazione) o di steatite, sono stati rinvenuti principalmente ad Arkhanès: perciò la scrittura di cui sono il supporto è stata definita scrittura di Arkhanès.
Ma se la scrittura geroglifica è apparsa a Creta in un periodo anteriore e quello che si è creduto in passato, altre scoperte hanno modificato la visione evansiana della storia della scrittura a Creta e nell’Egeo.
Nel 1923, a Mallia, Renaudin e Charbonneaux hanno scoperto dei documenti d’archivio in mezzo a uno strato del M.M. III che era stato certamente, almeno in parte, rimosso. L’elemento importante di questo ritrovamento risulta non tanto dalla datazione dei documenti e dal fatto che sono stati scoperti in un contesto disturbato da interventi successivi, quanto dalla presenza, in mezzo a questi testi, di tavolette scritte in parte in geroglifico e in parte in lineare A. È fuor di dubbio che i testi provengano da un solo deposito, nel quale erano conservati documenti in ambedue le scritture. Quindi, sulla base di un simile ritrovamento, possiamo affermare che contemporaneamente e nello stesso palazzo, nella prima metà del II millennio a.C., vi era effettiva coesistenza di testi d’archivio in geroglifico cretese e di testi in lineare A.
Questo fatto è la prova inconfutabile che la scrittura geroglifica non è stata semplicemente sostituita dalla scrittura lineare A, come riteneva Evans, ma che i due sistemi di scrittura sono stati utilizzati contemporaneamente per un certo periodo, poiché li troviamo attestati ambedue a Mallia intorno al M.M. III.
Un altro ritrovamento che costringe a modificare la visione classica della storia della scrittura a Creta è dovuto agli scavi di Doro Levi a Festo nel 1953. Portando alla luce alcune costruzioni del primo palazzo, Levi scopriva resti di documenti scritti molto antichi, che risalivano certamente al M.M. II. Si tratta di testi d’archivio praticamente contemporanei alle cretule ritrovate a Monastiraki, alle stesse cretule rinvenute a Festo e ai documenti in geroglifico del Quartiere Mu di Mallia.
La datazione del deposito d’archivio in lineare A di Festo non pone problemi. Il vano xxv dal quale proviene appartiene infatti al M.M. II ed è contemporaneo del Deposito geroglifico di Cnosso e degli archivi ritrovati nel Quartiere Mu di Mallia. Ora, sia nel Deposito geroglifico di Cnosso che nel Quartiere Mu di Mallia sono stati rinvenuti documenti scritti unicamente in geroglifico. Dobbiamo quindi dedurre che, sin dal periodo protopalaziale, gli amministratori delle residenze minoiche hanno utilizzato due scritture differenti per tenere la loro contabilità: la scrittura lineare A, che sembra essere una nuova invenzione poiché non la ritroviamo nei periodi precedenti, e la scrittura geroglifica, che è già attestata ad Arkhanès e altrove sin dal M.A. o, almeno, dal M.M. IA.
Aggiungiamo inoltre che su alcuni dei sigilli di Arkhanès, di cui abbiamo parlato prima, compare la stessa sequenza di segni 42-19-19-95-52 che, se applichiamo al geroglifico il valore fonetico dei segni omomorfi della lineare B, può essere letta a-sa-sa-?-ne, e che troviamo quasi identica, a-sa-sa-ra-me, in tavole di libagione in lineare A. Questa parola è stata identificata con il nome della principale divinità minoica. Ma non è tanto importante la sua decifrazione, quanto il fatto, che essendo presente sia in testi geroglifici che in testi in lineare A, può far pensare che la scrittura di Arkhanès costituisca un prototipo sia del geroglifico che della lineare A.
In questo contesto, non ha più senso la tesi della filiazione proposta da Evans in seguito alle sue scoperte di Cnosso. Dobbiamo quindi interrogarci sulla natura della coesistenza, in epoca protopalaziale, di geroglifico e lineare A e tentare di capire i motivi per cui i minoici di questo periodo hanno inventato e sviluppato due sistemi grafici diversi.
Quando apparirono le prime residenze palaziali minoiche con le loro funzioni economiche, politiche, cultuali e amministrative, i minoici conoscevano già, come abbiamo visto, una certa forma di scrittura, poiché segni in geroglifico sono incisi su alcuni sigilli ritrovati ad Arkhanès, in altri siti della Creta centrale e nei pressi dell’odierna Retimo. La diffusione di questi primi documenti scritti su un’area abbastanza estesa, che comprende località del centro e del centro-ovest dell’isola, costituisce un argomento a favore di una koinè culturale a Creta in un periodo certamente anteriore alla nascita dei primi palazzi minoici. L’importanza storica di tale fenomeno non è da sottovalutare.
Malgrado la presenza di una scrittura geroglifica che non sembra fosse limitata alla sola regione di Cnosso, i minoici hanno sentito la necessità di utilizzare una scrittura diversa da quella conosciuta fino ad allora, la scrittura lineare A, i cui documenti piú antichi sono stati scoperti da Levi a Festo nel 1953. Il fatto in sé potrebbe sorprendere se non vi fossero esempi del genere presso altri popoli dell'età del bronzo. Gli ittiti, ad esempio, hanno creato, accanto alla scrittura cuneiforme, di cui non erano gli inventori, una scrittura geroglifica che fu utilizzata appunto contemporaneamente a quella.
A priori, sarebbe logico supporre che i motivi dell’esistenza di due scritture diverse nella Creta protopalaziale fossero legati alla presenza di popolazioni diverse, che parlavano due lingue diverse e quindi utilizzavano due sistemi grafici diversi per registrare iloro conti e le loro transazioni. Le popolazioni che utilizzavano la scrittura geroglifica sarebbero discese dai minoici, i quali avevano inventato la scrittura attestata ad Arkhanès e altrove alla fine del M.A. III, mentre quelle che scrivevano in lineare A sarebbero corrisposte a nuovi nuclei approdati a Creta all’inizio del M.M. II.
La lenta scomparsa della scrittura geroglifica, di cui non si hanno piú documenti contabili dopo il M.M. III e scarse testimonianze su impronte di sigilli (a Zakro, come si è detto) nel M.T., sarebbe collegata al predominio, probabilmente piú culturale che militare, del gruppo della lineare A sul gruppo del geroglifico.
La semplicità e la logica di questa ipotesi non sembrano tuttavia resistere a un esame piú attento dei dati archeologici. È stato dimostrato infatti che non vi erano soluzioni di continuità nell’isola tra il M.A. e il M.M.
Sembra quindi opportuno cercare in altre direzioni le ragioni che hanno spmto gli amministratori dei primi palazzi a utilizzare contemporaneamente la scrittura geroglifica e la lineare A e hanno invece indotto i responsabili dei secondi palazzi a privilegiare la sola lineare A, confinando per sempre nell’oblio il sistema geroglifico.
Se si esamina la cronologia della scrittura geroglifica e si analizzanno i tipi di supporti sui quali le prime due scritture cretesi sono attestate, si notano alcuni elementi sorprendenti:
I primi documenti geroglifici rinvenuti sono i sigilli, che recano testimonianza della cosiddetta scrittura di Arkhanès, mentre i piú antichi documenti d'archivio in nostro possesso sono le tavolette in lineare A di Festo, i documenti del Deposito geroglifico di Cnosso e gli archivi in geroglifico del Quartier Mu di Mallia.
La maggior parte dei documenti scritti in geroglifico è costituita da sigilli o impronte di sigilli, mentre non un solo documento in lineare A ci è pervenuto su questo tipo di supporto.
Una tale convergenza di dati non può essere frutto del caso, e forse possiamo trovare in questa differenziazione del supporto delle scritture i motivi che hanno spinto gli amministratori palaziali minoici dell’inizio del II millennio a.C. a utilizzare i due sistemi di scrittura di cui stiamo trattando.
Infatti, quando si costituí il potere palaziale, il sovrano si trovò nella necessità di tenere la contabilità dei beni dello Stato. Per questo inventò o, piú probabilmente, qualcuno inventò per lui, la scrittura lineare A, come quella attestata nei resti del primo palazzo di Festo, la quale, utilizzata dagli scribi, poté fornire ai padroni del palazzo, giorno dopo giorno, le informazioni indispensabili a una rigorosa gestione dei magazzini palatini. I documenti in lineare A, come appaiono in quel periodo, sono quindi documenti contabili scritti da amministratori incaricati dal potere centrale di gestire i beni del principe che li ha assunti e che li controlla.
Accanto a questa «letteratura» economica e contabile continua a svilupparsi un’altra «letteratura», quella di cui i sigilli e le impronte di sigilli conservano traccia.
Abbiamo visto che i sigilli esistono a Creta e nel mondo egeo da oltre un millennio quando cominciano ad apparire le prime strutture palaziali. I primi sigilli utilizzati a Creta – e ariche in altre zone del mondo, come la Mesopotamia e l'Egitto – risalgono a periodi anteriori a quelli in cui hanno origine i sistemi di immagazzinamento e ridistribuzione dei beni. Questi documenti appartengono a individui eminenti, o a personaggi che godono di un certo prestigio all'interno della comunità nella quale vivono, e sono, generalmente, in pietra o in avorio. Sulle loro facce sono incisi e rappresentati immagini, segni o simboli che consentono agli abitanti del villaggio o ai membri della comunità di identiticare senza difficoltà il loro proprietario.
Verso la fine del M.A. e comunque all’inizio del M.M., quando coloro che comandano a Creta cominciano a realizzare il potere loro conferito dalla scrittura, cioè da questi simboli incisi nell’argilla o nella pietra e utilizzati dai padroni dei palazzi della Siria o dell’Egitto con i quali cominciano a trattare, e che consentono di trasmettere ad altri uomini un messaggio univoco, inventano anch’essi dei segni di scrittura che incidono sui loro sigilli. È il periodo della cosiddetta scrittura di Arkhanès.
Il principe minoico non si accontenta più, come in passato, di un sigillo individuale che riproduce segni geometrici o simboli che possono essere interpretati diversamente; sceglie dei motivi che siano portatori di un messaggio univoco, adotta quindi la scrittura per far incidere sui sigilli i titoli della sua funzione o gli attributi della sua gloria.
La scrittura penetra quindi per la prima volta nel mondo dell’aristocrazia minoica, limitata a questo tipo particolarissimo di supporto che sono i sigilli.
Con l’avvento dei primi palazzi, i problemi legati alla contabilità dei grandi complessi architettonici appena sorti si fanno sempre piú stringenti. Occorre registrare nell'argilla quello che ricevono e distribuiscono i magazzini, e fa quindi la sua apparizione la scrittura contabile. Nasce la lineare A, riservata ai documenti della contabilità palaziale, mentre la scrittura geroglifica, piú elegante, sarà utilizzata dagli artisti che incidono i sigilli per notare i titoli e le qualità dei sovrani o dei grandi funzionari dello stato.
Ma le esigenze della scrittura sono infinite. Un sistema utilizzato per rappresentare soltanto i nomi dei re o degli alti funzionari dell’apparato statale è condannato a scomparire se non può rendere conto anche di altre realtà. Gli scribi-artisti che scrivono il geroglifico sui sigilli sentono naturalmente a loro volta la necessità di redigere altri documenti e, in particolare, documenti che permettano di gestire sia i loro beni sia quelli del loro datore di lavoro.
E infatti, oltre che sui sigilli, la scrittura geroglifica cretese è attestata su altri tipi di supporti: sono state rinvenute delle ceramiche, in particolare i famosi vasi di Chamaizi, sui quali sono incise o dipinte iscrizioni in geroglifico; accanto a questi, testi in geroglifico sono incisi su pithoi o altra ceramica di uso comune. Ma c’è di piú. A Mallia è stata rinvenuta una tavola per le libagioni che reca la piú grande iscrizione geroglifica mai scoperta. Questa scrittura non serve piú soltanto a incidere brevi messaggi su dei sigilli in dotazione ai grandi personaggi dello stato, ma viene anche utilizzata per redigere iscrizioni monumentali come l’impressionante tavola per le libagioni di Mallia. Inoltre, anche se non siamo in grado né di leggere né, a fortiori, di capire la scrittura geroglifica, possiamo ragionevolmente supporre che l’iscrizione sulla tavola di Mallia fosse di carattere religioso.
Gli scribi in grado di manipolare la scrittura geroglifica hanno ormai varcato il confine che separa quelli che sanno scrivere dagli illetterati. Devono solo imparare i segni utilizzati dai loro colleghi che scrivono la lineare A per trascrivere i simboli, le cifre e i logogrammi indispensabili alla redazione di documenti economici. Inventeranno quindi ex novo questi simboli e li integreranno alla scrittura che già usano sui sigilli in modo da creare un sistema adatto a tenere anche una contabilità, oppure, al contrario, chiederanno in prestito agli scribi della lineare A, insieme ai quali lavorano nelle corti minoiche, il sistema inventato per trascrivere cifre e ideogrammi?
La seconda soluzione è chiaramente piú pratica e piú logica. È anche quella che dovrebbe facilitare, nei palazzi, il compito di coloro che sono chiamati a controllare gli archivi degli amministratori palatini. Ed è quella che verrà adottata. Cosí il sistema geroglifico si arricchisce del sistema numerico decimale e di buona parte degli ideogrammi concepiti dagli inventori del sistema lineare A.
A partire da questo momento, la scrittura geroglifica potrà servire a tenere una contabilità e i príncipi minoici potranno utilizzare, per la gestione del loro patrimonio, sia scribi che scrivono in geroglifico, sia scribi che utilizzano la lineare A. Questa ipotesi permette di spiegare perché i sigilli sono scritti unicamente in geroglifico e perché, mentre la stragrande maggioranza dei sillabogrammi del geroglifico e della lineare sono diversi, i logogrammi e il sistema decimale sono invece comuni alle prime due scritture della Creta minoica.
Il costume minoico di incidere sui sigilli il nome, i titoli o le qualifiche dei personaggi importanti dello stato si perderà a poco a poco con l'avvento dei secondi palazzi. Con il tardo bronzo i cretesi incideranno sui sigilli scene della vita cultuale o quotidiana degli stati minoici e verranno così a mancare le ragioni che erano state alla base dell’invenzione della scrittura geroglifica, vale a dire la grafia su sigilli. Il geroglifico cadrà lentamente in disuso e la lineare A si imporrà come la sola scrittura del periodo neopalaziale.
Con i secondi palazzi e con la prosperità legata all’incremento delle relazioni commerciali dei minoici, la lineare A si affermerà in tutta Creta, nelle isole dell’Egeo come Kea, Tera, Milo e Citera, e giungerà fino al continente greco. Infatti iscrizioni in lineare A sono state scoperte in Laconia, e non v'è dubbio che nuovi testi emergeranno da altri scavi del tardo elladico I nella stessa Laconia, in Argolide e nelle altre zone del continente greco frequentate dai minoici di Creta.
La scrittura geroglifica non è stata decifrata per diversi motivi.
Prima di tutto fino al 1996, anno in cui fu pubblicato il Corpus Hieroglyphicarum Inscriptionum Cretae (CHIC) da J. P. Olivier e L. Godart, non esisteva una raccolta delle iscrizioni geroglifiche. È facile capire come il punto di partenza di ogni decifrazione di una scrittura per la quale non si possiede né un testo bilingue, né un riferimento linguistico, debba essere costituito dalla presentazione chiara e rigorosa di tutto il materiale grafico conosciuto.
In secondo luogo, il numero dei testi conosciuti in geroglifico è molto meno elevato di quello dei testi in lineare A: attualmente si conoscono poco più di 300 documenti.
Nonostante l’esiguità dei documenti a nostra disposizione, possiamo comunque elencare alcune caratteristiche principali del geroglifico.
Le più antiche testimonianze di scrittura geroglifica si hanno su dei sigilli che risalgono, come abbiamo visto, all’A.M. III o, al massimo, al M.M. IA, e provengono da Arkhanès.
Comunque l’utilizzo diffuso del geroglifico sembra aversi solamente tra il M.M. II e il M.M. III. A queste fasi infatti appartengono i più importanti depositi di iscrizioni geroglifiche tra cui il già citato Deposito geroglifico di Cnosso (M.M. II-III), il Deposito geroglifico di Mallia (M.M. III) e il Quartiere Mu sempre di Mallia (databile al M.M. IIB quando viene distrutto senza mai essere più ricostruito). Altri ritrovamenti importanti in questo senso sono stati effettuati a Monastiraki (impronte di sigilli) e a Petras, dove scavi recenti hanno portato alla luce documenti d’archivio sia in geroglifico che in lineare A.
Il repertorio dei segni del geroglifico comprende: 96 fonogrammi o sillabogrammi che indicano parti di parole, oltre 30 logogrammi che rappresentano un oggetto e quindi una parola intera, 4 segni che indicano i numeri 1, 10, 100 e 1000, una decina di segni per indicare quantità frazionarie non ben identificabili, detti anche clasmatogrammi e 2 stictogrammi, cioè segni utilizzati per la punteggiatura come il segno X che si trova di solito all’inizio di una frase o di una parola. Il numero dei segni di carattere fonografico, inferiore al centinaio, lascia supporre che la scrittura si di tipo sillabico e adatta a notare sillabe aperte (V, CV), analogamente alle altre scritture cretesi e cipriote, e a differenza di quelle del Vicino Oriente, per lo più sillabiche, ma con notazione anche delle sillabe chiuse (VC, CVC) e, di conseguenza, con repertori di segni attorno alle tre centinaia.
Le iscrizioni geroglifiche che conosciamo possono essere suddivise in quattro categorie, a seconda del supporto su cui si trovano:
iscrizioni scolpite su sigilli in pietra;
iscrizioni di impronte di sigilli su argilla;
iscrizioni incise su argilla (documenti d’archivio) con la funzione o di etichette, cioè di accompagnare i prodotti nello scambio o di contrassegni, cioè di elencare i prodotti per registrarne l’immagazzinamento;
iscrizioni su altri supporti (medaglioni, lamine, vasi, tavole di libagioni, …)
Ulteriori informazioni potranno essere ricavate in futuro, grazie soprattutto alla pubblicazione del CHIC. In esso sono contenute 331 iscrizioni ripartite secondo uno schema simile al precedente: 122 documenti d’archivio (indicati con la lettera H) localizzati nelle strutture palaziali di Mallia (Quartiere Mu, Deposito geroglifico del palazzo) e di Cnosso (Deposito geroglifico); 57 impronte di sigilli (I); 136 sigilli (S); 16 iscrizioni su supporti di varia natura con inscrizione incisa o dipinta (Y).
Un’ulteriore distinzione suddivide i sillabogrammi in 17 categorie:
sillabogrammi 1-10: parti del corpo umano;
sill. 11-18: teste di animali;
sill. 19: essere marino;
sill. 20-22: insetti;
sill. 23-32: vegetali;
sill. 33-34: simboli fisici: montagne e cielo;
sill. 35-39: edifici o parti di edifici;
sill. 40: barca;
sill. 41: pezzo di stoffa;
sill. 42-47: strumenti e utensili;
sill. 48-51: armi;
sill. 52-55: vasi;
sill. 56-58: tavolette e strumenti musicali;
sill. 59-75: segni geometrici;
sill. 76-78: non identificabili;
sill. 79-91: segni unici;
sill. 92-96: segni lineari, cioè segni comuni anche alla lineare A e B.
Questi sigilli hanno un’importanza notevole per quanto riguarda i rapporti tra scrittura geroglifica e lineare A.
b) La lineare A. Abbiamo visto che i minoici del periodo dei primi palazzi avevano probabilmente inventato la scrittura lineare A per redigere i loro conti. Infatti i primi documenti che appaiono vergati in questa scrittura sono i documenti contabili del M.M. II rinvenuti nel primo palazzo di Festo. La scrittura lineare A, inventata nel periodo protopalaziale, si impone nel periodo dei secondi palazzi e soppianta definitivamente la scrittura geroglifica con la quale era coesistita per tutti i secoli che durarono i primi palazzi. La sua scomparsa coincide con la conquista da parte dei greci micenei dell'isola di Creta e con la sostituzione, a Cnosso, del vecchio potere minoico con un regime nuovo in mano a invasori indoeuropei, i greci appunto.
Ma prima di scomparire a sua volta, la scrittura lineare A era stata adottata dagli stessi greci micenei che avevano creato, sulla base del sillabario A, la loro scrittura lineare B. Infatti gli ideogrammi, i sillabogrammi e il sistema numerico della lineare A si ritrovano praticamente tali e quali nella lineare B decifrata da Ventris nel 1952.
Non appena fu decifrata la lineare B, molti sperarono di arrivare rapidamente a una decifrazione della lineare A, anzi, la certezza che tale impresa fosse possibile era assai diffusa.
Come giungere alla decifrazione? Il metodo seguito fu dei più semplici. I valori fonetici attribuiti da Ventris ai segni della lineare B furono trasferiti automaticamente ai segni omomorfi della lineare A. In questo modo si arrivò a leggere la stragrande maggioranza dei gruppi di segni della A e si tentò di interpretarli.
Come? Alcuni seguirono la pista indoeuropea e tentarono, con varie acrobazie, di avvicinare la lineare A alle scritture dell'antica Anatolia, altri pensarono all'ittita, altri ancora al luvio. In realtà i loro tentativi non furono dei piú convincenti.
Taluni cercarono di interpretare i testi in lineare A avvicinandoli al semitico. Qui di nuovo furono spesi tesori d'ingegnosità per giungere a interpretazioni di alcune parole della lineare A che potessero corrispondere ad alcuni vocaboli attestati nelle lingue semitiche. Questi tentativi di decifrazione della lineare A attraverso il confronto con le lingue semitiche non convinse nessuno.
Quali furono allora i motivi di questo insuccesso? Ne esamineremo principalmente due.
Innanzitutto non esisteva una raccolta completa di tutti i testi in lineare A conosciuti. È facile capire – abbiamo insistito su questo punto a proposito della scrittura geroglifica – come il punto di partenza di ogni decifrazione di una scrittura per la quale non si possiede né un testo bilingue, né un riferimento linguistico, debba essere costituito dalla presentazione chiara e rigorosa di tutto il materiale grafico conosciuto. Un tale strumento di lavoro non esisteva fino a pochi anni, fino al 1985 quando uscì l’ultimo dei cinque volumi che costituiscono il Recueil des Inscriptions en linéaire A (GORILA) curato da L. Godart e J-P. Olivier. In questa raccolta sono contenuti 1427 testi suddivisi come segue: 318 tavolette, 882 noduli (Wa), 7 impronte (Wb), 131 rondelle (Wc), 34 tavole per libagioni in pietra (Za), 34 iscrizioni incise su vasi d’argilla (Zb), 3 iscrizioni dipinte su vasi d’argilla (Zc), 3 iscrizioni su stucchi (Zd), 2 iscrizioni su supporti architettonici in pietra (Ze), 8 iscrizioni su supporti metallici (Zf), 5 iscrizioni su supporti vari (peso in pietra, sasso, statuetta, lastra in pietra) (Zg).
Il secondo motivo che può aver portato al fallimento i tentativi di decifrazione della lineare A risiede, a nostro parere, nell’affermazione aprioristica che i segni comuni alla scrittura lineare A e alla scrittura lineare B dovessero avere lo stesso valore fonetico in ambedue i sistemi. Teoricamente questa tesi può essere valida, ma nulla dimostra che lo sia. Prima di attribuire lo stesso valore fonetico a un segno omomorfo nella A e nella B, occorre dimostrare che vi sono ragioni fondate per attribuire a questo segno lo stesso valore nei due casi. Infatti sono numerosi gli esempi di segni attestati in scritture apparentate che, utilizzati da popoli diversi, acquistano valori fonetici diversi.
Dal punto di vista metodologico, confronteremo quindi ogni segno della lineare A al suo diretto corrispondente grafico nella lineare B e tenteremo di vedere se vi sono buoni motivi per ritenere che uno stesso valore fonetico debba essere applicato ai due sillabogrammi. Ciò significa che il primo problema fondamentale è quello della lettura della lineare A. Occorre assolutamente passare attraverso la lettura dei segni di questa scrittura per sperare di poter arrivare a una qualsiasi decifrazione dei suoi testi.
Un metodo piuttosto valido per la lettura della lineare A può essere quello utilizzare ovviamente la parentela tra le scritture lineari A e B però non concentrandosi sulla semplice affinità grafica tra ogni sillabogramma della A e ogni sillabogramma della B, ma isolando in ognuno dei due sistemi di scrittura i gruppi di segni comuni.
Infatti è escluso che i greci micenei, che hanno occupato la Creta minoica, abbiano fatto tabula rasa di tutti i nomi di luoghi e di tutti gli antroponimi che risalivano al sostrato minoico. Quando un popolo straniero invade una regione abitata da un altro popolo e la occupa, è costretto, per forza di cose, a utilizzare nei suoi catasti o nelle liste dei contribuenti i nomi di luoghi e di persone che risalgono al periodo antecedente all’invasione. Cosí devono aver certamente fatto i micenei a Creta, ed è chiaro che le tavolette in lineare B di Cnosso sono cosparse di toponimi e di antroponimi tipicamente minoici.
Vi erano quindi dei gruppi di segni che si dovevano pronunciare allo stesso modo in minoico e in greco miceneo. Il problema consisteva nell’identificarli in ognuna delle due scritture lineari che ci sono pervenute. Ora, poiché la lineare B altro non è che una forma di lineare A utilizzata dai greci micenei, i gruppi di segni comuni alla lineare A e alla lineare B servivano probabilmente a indicare nomi di origine minoica risalenti al sostrato premiceneo di Creta. In questi precisi casi, i sillabogrammi che componevano i nomi si pronunciavano allo stesso modo in minoico e in greco miceneo, ed è perciò logico immaginare che ognuno dei sillabogrammi attestati in gruppi di segni comuni alla A e alla B abbia avuto lo stesso valore fonetico in A e in B.
Redigendo un elenco dei gruppi di segni comuni alla lineare A e. alla lineare B, avremo quindi automaticamente l’elenco dei sillabogrammi il cui valore fonetico è identico in A e in B. È abbastanza semplice elencare i gruppi di segni comuni a questi due sistemi di scrittura. Tenendo conto dei gruppi con un numero di segni uguale o superiore a tre sillabogrammi, ve ne sono otto in tutto:
Il confronto tra gruppi di segni comuni alla lineare A e alla lineare B ci consente quindi di leggere i sillabogrammi 01, 02, 03, 04, 05(?), 09, 28, 39, 53, 57, 58, 59, 60(?), 67, 70(?) e di attribuire loro rispettivamente i valori fonetici DA, RO, PA, TE, TO(?), SE, I, PI, RI, JA, SU, TA, RA(?), KI, KO(?). In questo modo, su un totale di circa novanta sillabogrammi, l’esame dei gruppi di segni comuni ai sistemi A e B ci consente di leggere quindici sillabogrammi della lineare A, il che rappresenta soltanto il sesto dell'insieme del sistema grafico. Non è molto. Cosa fare per approfondire la lettura degli altri segni di questa scrittura? Vi sono buone ragioni per credere che altri sillabogrammi comuni alle lineari A e B si debbano leggere allo stesso modo in ambedue i sistemi. Ad esempio, il sillabogramma 08 che si legge a in lineare B è principalmente attestato all'iniziale in A e in B. È quindi altamente probabile, poiché ha un’alta frequenza in iniziale di parola in entrambe le lineari, che abbia valore fonetico a anche nella lineare A.
Ma vi sono altre buone ragioni per ritenere che ulteriori segni omomorfi debbano avere valori fonetici diversi in A e in B. Ad esempio i sillabogrammi 78 e 80, che si leggono rispettivamente qe e ma in lineare B, sono frequenti nella lineare A. Ora, a piú riprese, sia a La Canea che a Zakro, alle due estremità, occidentale e orientale, di Creta, in tavolette vergate da scribi diversi, abbiamo potuto constatare che il segno ma era stato scritto sopra il segno qe cancellato.
Questa usanza di scrivere un sillabogramma per un altro, di cancellarlo e riscrivere al suo posto un altro segno è frequentemente attestata anche in lineare B. E un errore banale al quale gli scribi sono abituati.
Tuttavia, si nota generalmente una parentela effettiva tra il segno cancellato e quello che lo sostituisce; ad esempio, nella lineare B, a è scritto sopra au, pe-te sopra pte, eccetera. Qui l’affinità tra ma e qe è inesistente. Non soltanto questi due sillabogrammi non si assomigliano graficamente, ma inoltre le consonanti e le vocali che li compongono non hanno nulla a che vedere tra loro. L'unica conclusione che sembra quindi imporsi è la seguente: nella lineare A, o 78 non corriponde a qe, o 80 non corrisponde a ma, o 78 e 80 non corrispondono a qe e a ma. In ogni modo, o uno di questi due sillabogrammi, o addiritura tutti e due, debbono leggersi diversamente in A e in B.
Dopo aver insistito su questi punti e registrato i progressi compiuti, dobbiamo purtroppo confessare che, al momento, la ricerca si è arrestata per quanto concerne la lettura e, a fortiori, la decifrazione della lineare A.
Sono stati letti una quindicina di sillabogrammi. Per il resto, vi sono probabilmente altri sillabogrammi che hanno lo stesso valore fonetico in A e in B e altri ancora che hanno valori fonetici diversi. Attualmente, andare al di là di queste constatazioni, tutto sommato modeste, sembra difficile e anche pericoloso.
Ciò detto, sulla base del poco che sappiamo oggi, è ben difficile avanzare delle ipotesi sull’appartenenza della lingua minoica a tale o tal altra famiglia conosciuta.
Abbiamo appena visto che si potevano leggere, tra l’altro, i sillabogrammi SU, KI, RI, TA, TE, I e JA. Ora, esiste un testo proveniente da Festo sul quale si può leggere su-ki-ri-ta e un grande vaso rinvenuto a Haghia Triada sul quale è incisa l'iscrizione su-ki-ri-te-i-ja. È evidente che su-ki-ri-ta, toponimo ben noto delle tavolette di Cnosso, corrispondente a un sito da localizzare probabilmente nella valle situata ai piedi delle pendici occidentali del monte Ida, lungo la strada che dalla pianura della Messará porta alla costa settentrionale di Creta, è da collegare con su-ki-ri-te-i-ja, che è verosimilmente l’aggettivo minoico derivato dal toponimo su-ki-ri-ta (figg. 38, 39, 40).
È probabile che la parola su-ki-ri-te-i-ja servisse a indicare la regione dalla quale provenivano le derrate conservate nel grande vaso di Haghia Triada e a qualificarle.
Ricorderemo che, nella lineare B, l’aggettivo costruito sul toponimo su-ki-ri-ta è su-ki-ri-ta-jo e, al femminile o al neutro plurale, su-ki-ri-ta-ja, parola la cui formazione è profondamente diversa dal su-ki-ri-te-i-ja minoico, il che tenderebbe a provare che la lingua della lineare A è diversa da quella della lineare B. Ma questa constatazione, che coincide con tutto quanto ci insegnano archeologia e storia, non ci dice niente di nuovo.
Abbiamo visto, come la maggior parte dei testi in lineare A sia a carattere economico. Se prendiamo la mappa di Creta e la percorriamo da est ad ovest, vediamo che i documenti d’archivio provengono da Zakro, Palaikastro, Gournia, Pirgo, Mallia, Cnosso, Arkhanés, Tilisso, Festo, Haghia Triada e La Canea, e possiamo constatare che tutto il territorio cretese, dall’est al centro e all’ovest, dal nord al sud, ha fornito documenti contabili in lineare A.
Ora, l’analisi di questi documenti contabili prova l’esistenza di una straordinaria koiné nella Creta del M.T. I, senza peraltro escludere che una tale koiné esistesse anche nei periodi precedenti. Infatti, se prendiamo in considerazione i testi provenienti dai grandi depositi d’archivio di questo periodo, possiamo constatare:
che tutti i testi presentano le stesse peculiarità materiali e tecniche, fino ai piccoli fori nel lato superiore delle tavolette, fori provocati probabilmente da chiodini utilizzati per fermare la tavoletta al momento della sua redazione;
che gli stessi gruppi di segni sono spesso attestati in documenti che provengono da luoghi diversi per indicare delle realtà identiche. Ad esempio il gruppo 81-02 che serve a indicare il «totale» o il gruppo 08-51, posto regolarmente all’inizio delle registrazioni;
che, nelle tavolette dove sono registrati parecchi prodotti agricoli, il criterio di elencazione degli ideogrammi sembra immutabile. Infatti, i prodotti vengono registrati secondo un ordine (grano, graminacee, olive, fichi) che era già attestato nei documenti in geroglifico e che riscontreremo di nuovo nei testi in lineare B.
Le conclusioni che si possono trarre da queste diverse constatazioni sono svariate.
Prima di tutto possiamo affermare che esisteva a Creta, nel periodo dei secondi palazzi, una koinè linguistica indiscutibile. Gli scribi delle residenze palaziali minoiche di Zakro, Arkhanès, Haghia Triada e La Canea utilizzavano la stessa scrittura e la stessa lingua per redigere i loro documenti contabili.
Questa koinè linguistica andava certamente di pari passo con una koinè amministrativa, poiché appare che gli scribi di questi vari palazzi fabbricavano le loro tavolette allo stesso modo, utilizzavano lo stesso vocabolario amministrativo e rispettavano lo stesso ordine di classificazione dei prodotti nelle loro registrazioni.
Tale koinè linguistica e amministrativa è simile a quella che ritroviamo in tutti i documenti in lineare B. Infatti, nel mondo miceneo, in tutti gli archivi palaziali, da Tebe a Micene, da Tirinto a Pilo e a Cnosso, troviamo la stessa lingua, le stesse formule amministrative e le stes
La koinè amministrativa, cosí come l'abbiamo descritta, pone importanti problemi sul piano storico.
È naturalmente escluso che gli scribi, da Zakro a La Canea, abbiano tutti, indipendentemente l’uno dall’altro, imparato a fabbricare le tavolette e gli altri documenti contabili allo stesso modo, a usare le stesse formule amministrative e a ordinare le loro registrazioni secondo gli stessi criteri. Si rende necessario allora immaginare un altro scenario.
Questo può essere duplice: o la lineare A è stata inventata in un determinato punto dell’isola e di lí si è diffusa in tutta Creta, oppure nel periodo dei secondi palazzi vi è stato un centro in grado di influenzare tutti gli altri centri palaziali cretesi e di imporre un tipo omogeneo di amministrazione.
Questo problema si pone esattamente negli stessi termini a proposito della lineare B e della civiltà micenea, poiché abbiamo appena visto che la stessa koinè, linguistica e amministrativa, si manifestava in tutte le residenze principesche micenee. Tenteremo di rispondere ai quesiti posti da tale koinè esaminando la storia della scrittura lineare B.
Ma ora ci stiamo occupando della lineare A e del mondo minoico
Quale potrebbe essere il centro al quale si sarebbero ispirati gli amministratori delle residenze palaziali minoiche? Si potrebbe pensare a Cnosso, il cui sito fu occupato sin dai tempi piú remoti della preistoria cretese; ma si potrebbe anche immaginare un ruolo preponderante da parte di Festo, che, durante il periodo dei primi palazzi, sembra essere stata una delle piú ricche residenze di tutta Creta.
In realtà, allo stato attuale, sembra impossibile poter rispondere a tali quesiti per una serie di ragioni. Prima di tutto, la lineare A non è stata ancora decifrata e delle risposte alle nostre domande potrebbero venire solo dalla lettura e dalla decifrazione dei documenti d’archivio rinvenuti nei vari palazzi. In secondo luogo, due dei maggiori palazzi cretesi, Cnosso e Festo, ci hanno restituito ben pochi testi in lineare A.
Tuttavia in lineare A non vi sono soltanto documenti contabili su supporti d'argilla, ma esistono anche testi sacri incisi su pietra, su metalli (oro, argento, bronzo), su stucchi e dipinti su vasi. La maggior parte di questi testi non ha nulla a che vedere con gli argomenti trattati nelle tavolette o con gli altri documenti economici rappresentati dall'insieme delle iscrizioni incise su vasi d’argilla.
La serie dei testi votivi scoperti nei santuari si è arricchita notevolmente, in questi ultimi anni, grazie alle scoperte dei santuari di Kophinas, del monte Iouktas e di Kato Simi a Creta. Ora comprende decine di iscrizioni provenienti da tutta la Creta orientale, dal santuario di Petsophas alla grotta del monte Dikté, dalla Creta centrale con i ritrovamenti dello Iouktas, del palazzo di Cnosso e di Kophinas e anche, ormai, dalla Creta occidentale con le iscrizioni di Apodoulou e di Vrysinas.
A tuttora, i siti cretesi che hanno restituito iscrizioni sacre sono, in ordine alfabetico: Apodoulou, Cnosso, Iouktas, Kato Simi, Kophinas, Palaikastro, Prassas, Psychro, Troullos e Vrysinas. Queste iscrizioni hanno la singolare particolarità di presentare tutte la stessa formula di base, il che ci consente di affermare che gli artigiani che le hanno incise scrivevano tutti la stessa lingua, utilizzavano le stesse formule rituali e pregavano allo stesso modo le stesse divinità da un lato all’altro di Creta, almeno tra il M.M. III e la fine del M.T. IB.
Possiamo quindi affermare che, accanto alla koinè linguistica e amministrativa emersa dall’esame dei testi d’archivio in lineare A, è certa la presenza di una koinè cultuale nella stessa Creta del M.T. I.
Tra questi testi votivi e i documenti d’archivio non vi è un solo punto in comune. I gruppi di segni che si ritrovano nelle tavolette e nelle iscrizioni d’argilla non s’incontrano mai nelle tavole di libagione. Ciò potrebbe dipendere dal fatto che gli argomenti trattati in queste due serie di documenti sono diversi, ma non si può neanche escludere che le lingue attestate nei documenti d’archivio e nei documenti sacri siano lingue diverse e che i minoici abbiano parlato, e utilizzato nei loro santuari e nelle loro grotte, una lingua sacra diversa dalla lingua profana utilizzata nei loro documenti contabili.
Come possiamo vedere, i dubbi e i punti interrogativi sono di gran lunga più numerosi delle certezze. Lo ripetiamo: la prima tappa decisiva consiste nel leggere bene i testi minoici e quindi nel proporre una lettura sicura per i circa settantacinque segni della lineare A il cui valore fonetico ci sfugge ancora.
I testi in lineare B vennero classificati da Emmett Bennet, prima che avvenisse la loro decifrazione, sulla base degli ideogrammi: le tavolette che elencano, per esempio, uomini e donne poterono essere distinte facilmente da quelle che elencano pecore, vesti o carri. Dopo la decifrazione, tale classificazione si rivelò così valida da non aver bisogno che di minime modifiche. Le tavolette vennero dunque divise in serie e sottoserie tramite un codice a due lettere (maiuscola per la serie, minscola per la sottoserie) inserito tra l’indicazione del luogo del ritrovamento (KN per Cnosso, PY per Pilo, MY per Micene, TH per Tebe, TI per Tirinto, KH per Chania) e un numero di inventario.
I testi caratterizzati dagli ideogrammi VIR (uomo) e MUL (donna) furono classificati come A e B. La distinzione tra due varianti dell’ideogramma VIR (uomo seduto o uomo in piedi) che giustificò la separazione della serie B a Cnosso, risultò più tardi, dopo la decifrazione, dipendere solo da una differenza di mano, ma rimase in vigore, nelle edizioni successive, per evitare confusione. Uomini e donne, invece, benché registrati come generi separati, sono stati unificati sotto la categoria comune A.
I testi relativi ad animali sono contrassegnati con le lettere C e D. La serie C di Cnosso include informazioni su cavalli, buoi, capre e maiali, mentre le tavolette D sono tutte centrate sugli ovini. A Pilo, tutti gli animali, compresi i cervi, sono classificati come C.
La serie E è contraddistinta dall’ideogramma GRA, «grano». A Cnosso e a Micene questi testi documentano il deposito in magazzino e la distribuzione del grano; ma a Pilo e a Tirinto l’ideogramma sembra indicare piuttosto la quantità di semi necessaria a una certa misura terriera: qui i documenti della serie E sono in realtà registri terrieri.
Le serie F e G registrano le quantità d’olio d’oliva, orzo, vino, spezie e miele. Questi prodotti sono suddivisi sulla base di un criterio piuttosto contraddittorio: l’olio d’oliva, registrato utilizzando misure di capacità per liquidi, e l’orzo, registrato utilizzando misure di capacità per aridi, sono abbinati sotto la designazione F. Le spezie, il vino e il miele, invece vengono riuniti nella serie G. I testi relativi all’olio d’oliva e al miele sono l’inventario delle offerte destinate a diverse divinità, e sono estremamente preziosi per la ricostruzione del pantheon miceneo.
Le serie J e K si riferiscono ai metalli. In particolare la serie J è utilizzata per indicare liste di oggetti in oro e in bronzo solo da Pilo, mentre la serie K riguarda vasellame in bronzo e in oro esclusivamente da Cnosso.
La serie L, contrassegnata dall’ideogramma TELA, «tessuto», è connessa con l’attività tessile. Queste tavolette sono particolarmente numerose a Cnosso, mentre contano pochissimi frammenti a Pilo.
Le serie M e N sono registri di tasse pagate da varie città al palazzo.
La serie O è contraddistinta dall’ideogramma LANA e da altri ideogrammi non identificati.
Anche le serie P e Q sono contrassegnati da ideogrammi non identificati.
Le serie R e S sono inventari di armi. La serie R riguarda le armi da offesa (spade, frecce, lance), e si ritrova soltanto a Cnosso. La serie S, invece, è dedicata alle armi difensive: carri, ruote, corazze, elmi. Questi testi sono particolarmente numerosi a Cnosso, ma si trovano anche a Pilo, Tirinto e Chania.
La serie T, trovata solo a Pilo, è un inventario di utensili e oggetti di arredo.
La serie U include testi contraddistinti da diversi tipi di ideogrammi. Molti di questi documenti si riferiscono a tributi e offerte.
I testi senza ideogrammi sono indicati come V.
La lettera W è impiegata per designare unitamente le targhette e i sigilli in argilla.
I frammenti non identificati vengono designati dalla lettera X. Sono particolarmente numerosia Cnosso visto lo stato frammentario dell’archivio.
Infine le iscrizioni vascolari in lineare B sono indicate dalla lettera Z.